eugenio
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lunedì 15 gennaio 2018
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la bella e la bestia durante la guerra fredda
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Stupore, bellezza, orrore e una forte componente drammatica su cui vince l’amore tra diversi, tra ultimi e diversi; così si può riassumere in poche paroleShape of Water, vincitore del Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia quest’anno.
Un film originale, visivamente potente ed emozionalmente legato alle vecchie favole dark del “mostro della laguna nera” cui il regista, Guillermo Del Toro, volutamente si ispira.
Siamo nella Baltimora della metà degli anni cinquanta in piena Guerra Fredda. In un laboratorio scientifico lavora Elisa (Sally Hawkins) con l’afroamericana Zelda (impegnata nei diritti delle donne contro la discriminazione razziale), come donna delle pulizie.
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Stupore, bellezza, orrore e una forte componente drammatica su cui vince l’amore tra diversi, tra ultimi e diversi; così si può riassumere in poche paroleShape of Water, vincitore del Leone d’oro al Festival del Cinema di Venezia quest’anno.
Un film originale, visivamente potente ed emozionalmente legato alle vecchie favole dark del “mostro della laguna nera” cui il regista, Guillermo Del Toro, volutamente si ispira.
Siamo nella Baltimora della metà degli anni cinquanta in piena Guerra Fredda. In un laboratorio scientifico lavora Elisa (Sally Hawkins) con l’afroamericana Zelda (impegnata nei diritti delle donne contro la discriminazione razziale), come donna delle pulizie. Elisa è affetta da una grave forma di mutismo a causa di un trauma (di cui conserva sul collo diversi graffi come cicatrici dell’anima) che la rassegna a un muto silenzio dal quale osserva la realtà assai poco cristallina degli anni ’50.
Nel laboratorio, il colonnello Strickland (un efficace Michael Shannon) nasconde una “essere” anfibio dalle sembianze antropomorfe allo scopo di poterlo sfruttare come “arma” contro i russi. Il dottor Hoffstetler, segreta spia russa, mandato in incognito per studiare le mosse del nemico vorrebbe invece “impiegare” la creatura per esperimenti spaziali, avendo questa eccezionali capacità superiori per resistenza e fisicità ad un normale essere umano.
Elisa scopre per caso “il mostro” dentro delle antesignane vasche criogeniche e ne comprende la sua intelligenza e sensibilità, la sua natura “umana”. Di nascosto, in un silenzio asettico, la giovane quanto solitaria donna si innamorerà della creatura, ricambiata da quel mistero chiamato amore, che la porterà alla pericolosa decisione di far evadere “l’essere” dal laboratorio con l’aiuto di un altro “diverso”, Giles, (l’artista vicino di casa omosessuale, discriminato sul lavoro) e liberarlo nell’Oceano, salvaguardandone il segreto.
Ma il dispotico Strickland, emblema di ogni ambizione guerrafondaia subodora l’inganno e si mette, come segugio affamato di sangue, sulle tracce di Elisa.
Uomo e acqua, ci ricorda un pò Shyamalan in Lady in the water ma Shape of water che di acqua mantiene l’essenza, esula dal semplice simbolismo per mostrarci una verità di fondo: l’amore tra reietti, freaks, per dirla come un vecchio film muto degli anni ’20 (Elephant man doveva ancora nascere). Freaks è Elisa con la sua malformazione e lo è la creatura con la sua apparente natura mostruosa. Freaks è Zelda, impegnata in una lotta che nell’America degli anni ’50 suonava come una bestemmia: quella per il diritto ad una vita normale anche con la “pelle nera”. Freaks infine è tutto ciò che non appartiene al conformismo americano, al benpensare borghese, Freaks è l’omosessualità che non si può palesare perché non ammissibile.
Non è un caso quindi che tutti protagonisti della pellicola siano “alternativi” al crudele realismo storico di Strickland, alla sua sete di potere. Dicotomicamente il mondo di Del Toro si schiera a favore del diverso, elogiandone le debolezze e rendendolo un punto di forza contro il bieco fattore umano. La bestia nasconde intelligenza, la bella immagine di Strickland, cinico biondastro, marciume.
Gioca di ossimori, Shape of water: l’inquietudine dell’uomo nei confronti dell’ignoto, nascosto nella profondità dei fondali, si scontra con la nevrosi della guerra e della conquista di un nuovo continente, tra mare e terra, “la Luna” per sottolineare la potenza dell’uomo moderno.
Un uomo che per il “bene” della scienza è pronto a sacrificare il diverso, non a studiarlo. Lo vuole dissezionare, violentare con scariche elettriche, vederlo vomitar sangue godendo. Eppure se da una parte l’oscuro meccanismo storico permea la pellicola con un’inquietudine di fondo capace di creare tensione all’intera narrazione, dall’altro lato, pervicace è la lingua del silenzio. Silenzio nell’acqua dove la pulsione sessuale si libera senza gravezza metaforica, tra realtà e doppio quello dell'immaginario mitologico (l'incontro con la creatura) e quello del presente che irrompe a rovinare ogni poesia.
Come già nel Labirinto del Fauno, Del Toro torna a sfruttare l’immaginario onirico per raccontare la realtà. Là dove c’era la Spagna franchista, qui c’e’ la guerra fredda ma la carica d’odio e l’uscita da quello mondo attraverso lo specchio che è la realtà, portano a incubi della ragione diversi, a forme ibride di mostri acquatici.
La natura umana è esplorata sino in fondo in Shape of Water: ogni personaggio risulta ben caratterizzato grazie a una fotografia che predilige una scelta cromatica a tinte blu, in cui la luce bianca pian piano si scava un reticolo sino a permeare questo effetto notte, in un unione tra uomo e creatura, inno alla vita in tutte le sue forme contro ogni totalitarismo militare.
Estetico e barocco, con qualche spruzzata di sangue rosso (perché è sempre quello checchè siamo anfibi o mammiferi), Shape of water, è forse il miglior film di Del Toro, mai asservito alla logica dell’effetto speciale, privo di retorica capace di scaldare occhi e cuore.
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writer58
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martedì 27 febbraio 2018
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πάντα ῥεῖ
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"The shape of water" è un'opera che si presta a molteplici piani di lettura, anche se giocata essenzialmente su due aspetti fondanti: una dimensione "realistica" che racconta una vicenda di solidarietà tra esclusi nell'America degli anni '50, durante il periodo paranoico e normativo della guerra fredda e una dimensione simbolica e immaginaria basata sull'irruzione di un archetipo fantastico e mitologico capace di trascendere i confini, di avvicinare mondi diversi, di fonderli nella comunione dei sentimenti.
Queste due articolazioni del racconto dovrebbero presentare un punto di unione, un fattore precipitante, l'amore tra Elisa, giovane donna affetta da mutismo che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio scientifico-militare di Baltimora e una creatura singolare, un uomo-pesce trasportato in segreto dall'Amazzonia.
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"The shape of water" è un'opera che si presta a molteplici piani di lettura, anche se giocata essenzialmente su due aspetti fondanti: una dimensione "realistica" che racconta una vicenda di solidarietà tra esclusi nell'America degli anni '50, durante il periodo paranoico e normativo della guerra fredda e una dimensione simbolica e immaginaria basata sull'irruzione di un archetipo fantastico e mitologico capace di trascendere i confini, di avvicinare mondi diversi, di fonderli nella comunione dei sentimenti.
Queste due articolazioni del racconto dovrebbero presentare un punto di unione, un fattore precipitante, l'amore tra Elisa, giovane donna affetta da mutismo che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio scientifico-militare di Baltimora e una creatura singolare, un uomo-pesce trasportato in segreto dall'Amazzonia.
Nel laboratorio (che ricorda un po' la fantascienza vintage degli anni '30, con i suoi contenitori cilindrici, la moltitudine dei monitor che rimandano le immagini delle telecamere e i corridoi claustrofobici e rettilinei) la creatura anfibia viene sottoposta a torture, come se l'obiettivo fosse quello di spezzare la sua resistenza piuttosto che capire le sue potenzialità.
Si distingue nell'operazione il capo della sicurezza - il feroce Strickland- interpretato da un buon Michael Shannon- che riesce a coniugare la sua apparenza di uomo d'ordine con un sadismo che lo rende realmente mostruoso.
Elisa ha un passato difficile, è stata abbandonata alla nascita, ha subito delle operazioni alla laringe di cui conserva le tracce intorno al collo. Ha due amici marginali come lei: Zelda, collega afroamericana e Giles, discriminato sul lavoro perché gay.
L'avvicinamento alla creatura è progressivo, segnato da timori, ma abbastanza rapido nel suo sviluppo, come se i due avessero intuito la possibilità di un legame, fossero attratti dalle rispettive differenze e dalla loro sostanziale innocenza.
La decisione di fare evadere la creatura viene presa in modo azzardato e incredibilmente riesce, anche grazie alla collaborazione di uno scienziato che collabora con i russi e che non vuole che l'essere anfibio sia ucciso. Strickland si lancerà come una molla sulle tracce della creatura scomparsa, fino al sorprendente esito finale...
La "forma dell'acqua" è data dal suo contenitore: l'amore che lega, a dispetto delle differenze di specie, i protagonisti e, per estensione, l'opera stessa, che contiene elementi fantastici, di forte valenza simbolica, e li declina in modo fluido. "Perché il fantastico per Guillermo del Toro non serve a esorcizzare le paure ma piuttosto a viverle", come ha scritto la Gandolfi nella sua recensione.
Tuttavia, lnon posso esimermi da alcune notazioni critiche: anche se l'andamento della seconda parte del film diventa favolistico (molti recensori hanno richiamato La Bella e la Bestia), lo sviluppo del rapporto tra i protagonisti mi è parso un po' frettoloso e poco attento ai passaggi intermedi, la scena dell'evasione è rappresentata, inoltre, in modo totalmente inverosimile e casuale e diversi personaggi di contorno (per esempio gli agenti del KGB e i militari americani) sono proposti in modo macchiettistico e convenzionale. Probabilmente si tratta di scelte deliberate, però rendono più fragile la "sospensione dell'incredulità" oltre a non apportare alcun valore aggiuntivo all'opera.
Un lavoro che comunque conferma Guillermo Del Toro come un autore innovativo e molto dotato.
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dahlia
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lunedì 19 febbraio 2018
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un buco... nell'acqua?
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Film esteticamente molto suggestivo. Tecnicamente la forte personalità nonché la professionalità di Del Toro sono evidenti, ma purtroppo per fare di un film un grande film la componente tecnica deve essere supportata da una trama altrettanto solida.
Nonostante io continuassi a ripetermi: "è una fiaba, non deve essere per forza credibile", già nella prima parte del film ho percepito una forte superficialità nella trama: la protagonista vede il ''mostro'' ed ha una sorta di colpo di fulmine... "è una fiaba" okey, ma ciò a mio avviso non giustifica questo innamoramento repentino e trattato con superficialità.
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Film esteticamente molto suggestivo. Tecnicamente la forte personalità nonché la professionalità di Del Toro sono evidenti, ma purtroppo per fare di un film un grande film la componente tecnica deve essere supportata da una trama altrettanto solida.
Nonostante io continuassi a ripetermi: "è una fiaba, non deve essere per forza credibile", già nella prima parte del film ho percepito una forte superficialità nella trama: la protagonista vede il ''mostro'' ed ha una sorta di colpo di fulmine... "è una fiaba" okey, ma ciò a mio avviso non giustifica questo innamoramento repentino e trattato con superficialità.
Certo, noi sappiamo che la protagonista è una persona considerata ''diversa'' dalla società e quindi siamo in grado di interpretare il suo innamoramento come una sorta di compassione verso il ''mostro'', ma ciò non toglie che lo sviluppo di questo amore è stato trattato in maniera troppo sbrigativa. Personalmente l'ho trovata una mancanza che ha gravato poi su tutto il resto del film.
E poi... perchè la necessità di inserire la componente sessuale tra i due? Con tanto di scambio di battutine riguardo all'organo riproduttivo del mostro (lol). In che modo sapere che i due hanno rapporti sessuali dovrebbe contribuire alla storia? (a mio avviso ha contribuito solo a un effetto trash)
L'impressione finale è che Del Toro abbia voluto un po' strafare inserendo svariati temi, lasciati inconclusi: omofobia e razzismo sono temi profondi e in questa pellicola sono stati semplicemente inseriti (in modo stereotipato) senza indurre, in fin dei conti, ad alcuna riflessione profonda.
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(di nevira)
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[+] contenuto mediocre con ottima tecnica
(di marcobrenni)
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vanessa zarastro
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sabato 17 febbraio 2018
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un film cinefilo
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Shape of Water è una favola fantasy in versione grottesca che narra la storia d’amore tra diversi. Siamo a Baltimora nel 1962 in un laboratorio, bunker governativo segreto. Sembrerebbe di conoscere già la storia della “bella e della bestia” ma Del Toro la racconta in un suo modo, con un omaggio al cinema stesso. Sally Hawkins è bravissima nell’interpretare Elisa, una giovane donna delle pulizie muta, una trovatella abbandonata da piccola e cresciuta in orfanatrofio. Lui è un uomo-anfibio, uno strano essere trovato in un fiume in Amazzonia che gli scienziati americani degli anni ’60 pensano di utilizzare per il lancio nello spazio dopo che i Russi avevano manato in orbita la cagnetta Laika.
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Shape of Water è una favola fantasy in versione grottesca che narra la storia d’amore tra diversi. Siamo a Baltimora nel 1962 in un laboratorio, bunker governativo segreto. Sembrerebbe di conoscere già la storia della “bella e della bestia” ma Del Toro la racconta in un suo modo, con un omaggio al cinema stesso. Sally Hawkins è bravissima nell’interpretare Elisa, una giovane donna delle pulizie muta, una trovatella abbandonata da piccola e cresciuta in orfanatrofio. Lui è un uomo-anfibio, uno strano essere trovato in un fiume in Amazzonia che gli scienziati americani degli anni ’60 pensano di utilizzare per il lancio nello spazio dopo che i Russi avevano manato in orbita la cagnetta Laika. In quegli anni vigeva la “guerra fredda”, la competitività tra Unione Sovietica e Stati Uniti era molto accesa, il mondo della scienza era pieno di spie: i Russi attentavano all’esito positivo degli Americani, mentre questi ultimi erano in affanno per raggiungere i loro successi.
In questo contesto al laboratorio viene portata questa creatura dai doppi polmoni (in aria e in acqua) e piena di squame per essere usato come cavia. Lo tengono in una piscina legato con delle catene, maltrattato dal cattivissimo agente della CIA. Elisa è incuriosita da questo essere che soffre in solitudine, che non parla ma che sicuramente ha dei sentimenti. Lo corteggia, gli offre delle uova (simbolo della vita) hard-boiled, gli mette della musica, gli insegna il suo linguaggio gestuale. Nasce man mano un sentimento che va al di là della compassione perché lui le fa da specchio, impara a comunicare.
Nel frattempo sia la CIA sia il Kgb lo vogliono morto e lei lo vuole liberare per salvargli la vita. Coadiuvata da un gruppetto di “diversi”, ne organizza la fuga. E questi personaggi di “contorno” nella favola sono forse la parte più bella del film. Octavia Spencer (ormai specializzatasi in queste parti) è l’inserviente nera proletaria, maltrattata dal marito – i suoi racconti ricordano i blues di Billy Holidays – mentre lo splendido Richard Jenkins è il vicino di casa Giles, una sorta di Norman Rockwell in versione “sfigata”: un pittore tendenzialmente omosessuale in cerca di compagno, che raffigura nei suoi dipinti l’American way-of-life che vengono però superati dalla fotografia. Lo scienziato-spia russa è tormentato dalla conflittualità tra essere un bravo patriota che deve eseguire gli ordini ed essere un bravo scienziato che vuole conoscere e imparare. Michael Shannon invece rappresenta la caricatura dell’uomo bianco, razzista, ambizioso e assetato di potere descritto come un tipico personaggio della middle-class con moglie bionda e cotonata e figli cicciottelli.
Il film ha un bel ritmo (e un ottimo montaggio) specialmente nella prima parte, in crescendo e con una suspense da vero thriller, mentre lo perde un po’ verso il finale con l’affastellarsi di cattivi e cattivissimi.
Virato tutto sul ciano e con colori squillanti, il film è pieno di riferimenti all’epoca. Dalle prime pubblicità al design delle Cadillac. La televisione e il cinema – come media mitopoietici - passano continuamente brani che denotano quel periodo e commentano alcuni passaggi del film. Non a caso la protagonista abita sopra una sala cinematografica. Un esempio è Shirley Temple bambina con i suoi famosi riccioli biondi che simboleggia l’età dell’innocenza in cui vive la giovane muta. L’onnipresenza della musica con il suo ruolo educativo e sentimentale, è un altro elemento importante di Shape of Water. Memorabile è il ballo visionario in bianco e nero tra i due innamorati sulle note di You’ll never Know reso famoso da Frank Sinatra.
Il film, è come un sogno, ma come il sogno può essere anche un incubo. Ma il film non parla solo dell’amore platonico, è carnale sprizza sangue e descrive sesso. Tutto è legato all’acqua: lì lui vive e respira, lì lei si masturba, mentre la pioggia potrebbe donargli la libertà.
Del Toro è riuscito a fare un film di fantascienza con un budget modesto e risparmiando sugli effetti speciali. Mike Hill è l’artista britannico che si è occupato degli efetti speciali e che dichiara in un’intervista che ha lavorato tre anni sulla figura dell’uomo-pesce che doveva essere sì una sorta di “mostro”, ma non avrebbe dovuto spaventare troppo piuttosto ispirare tenerezza.
Già vincitore del Leone d’oro, Shape of Water è candidato a 13 Oscar.
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nargilla
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lunedì 19 febbraio 2018
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tecnicamente impeccabile ma dal contenuto mediocre
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Per quanto negli ultimi anni abbia imparato a fidarmi sempre meno del giudizio dell’Academy, 13 nomination agli Oscar non passano di certo inosservate. Eppure, una motivazione a tutta questa generica esaltazione fatico a trovarla.
Il film è un prodotto discreto magistralmente impacchettato in una componente tecnica di notevole spessore. La fotografia e la scenografia ci regalano un’estetica che impatta con audace violenza sullo spettatore, lasciandolo attonito di fronte a colori sgargianti sfumati da giochi di ombre e davanti a micro (e macro) cosmi ricostruiti minuziosamente. Il contenuto, però, non risulta all’altezza di tutto ciò che lo circonda.
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Per quanto negli ultimi anni abbia imparato a fidarmi sempre meno del giudizio dell’Academy, 13 nomination agli Oscar non passano di certo inosservate. Eppure, una motivazione a tutta questa generica esaltazione fatico a trovarla.
Il film è un prodotto discreto magistralmente impacchettato in una componente tecnica di notevole spessore. La fotografia e la scenografia ci regalano un’estetica che impatta con audace violenza sullo spettatore, lasciandolo attonito di fronte a colori sgargianti sfumati da giochi di ombre e davanti a micro (e macro) cosmi ricostruiti minuziosamente. Il contenuto, però, non risulta all’altezza di tutto ciò che lo circonda.
La trama, che si presenta come un’alternativa fiaba d’amore improntata sul tema della diversità, è debole e scontata: The shape of water rimane fossilizzato negli schemi narrativi del genere e ingarbugliato tra i relativi snodi fondamentali, faticando nel superare il minimo indispensabile quantitativo emozionale necessario allo sviluppo di ogni fiaba che si rispetti. Inoltre, il tentativo di distaccarsi dai canoni tradizionali del personaggio fiabesco finisce per far cadere i propri nel banale, amalgamandoli al cliché generale che predomina su tutto l’intreccio. L’altissima volontà morale che sta alla base del film e il gioco tra la crudeltà del mondo reale e la purezza di un amore fiabesco si vanno così perdendo in una trama caratterizzata da incertezze e banalità.
Da salvare sono sicuramente le ottime prove attoriali, che ridanno alla storia quel poco di credibilità in più: Sally Hawkins tra tutti ci regala una performance eccelsa, caratterizzata da una meravigliosa capacità espressiva e comunicativa in grado di compensare ampiamente l’assenza della propria voce dovuta al mutismo del suo personaggio.
Complessivamente un film piacevole da vedere ma niente di più, ampiamente distante dalla definizione di capolavoro che tutti quanti gli stanno attribuendo.
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[+] acqua scenderà..
(di francesco2)
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[+] tecnica senza contenuto
(di marcobrenni)
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maopar
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domenica 25 febbraio 2018
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la forma dell'acqua nel contenitore di del toro...
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Tecnicamente nulla da dire ..anzi ! Considero “tecnico” tutto .. sceneggiatura bravura degli attori, non solo fotografia , riprese e ambientazione… già dalla prima sequenza, si percepisce che il regista vuole dare un messaggio , con una surreale sequenza che , considerando il titolo , sicuramente avrà a che fare con il mondo acquatico.. il “quotidiano” si intreccia con lo “straordinario”.. prende struttura una fantastica favola d’amore.. superando le diversità con la più spontanea accettazione dell’altro.
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Tecnicamente nulla da dire ..anzi ! Considero “tecnico” tutto .. sceneggiatura bravura degli attori, non solo fotografia , riprese e ambientazione… già dalla prima sequenza, si percepisce che il regista vuole dare un messaggio , con una surreale sequenza che , considerando il titolo , sicuramente avrà a che fare con il mondo acquatico.. il “quotidiano” si intreccia con lo “straordinario”.. prende struttura una fantastica favola d’amore.. superando le diversità con la più spontanea accettazione dell’altro.. La poesia e il romanticismo, che avrebbero dovuto fare da padroni, sono massacrati da una valanga di “mostruosità” non espresse dal personaggio principale.. ma dal sadico piacere di Del Toro di sconvolgere e scandalizzare. Per la trama avrebbe dovuto essere un film per la famiglia.. ma molte situazioni cancrenose.. e di erotismo superfluo ne fanno un vero guazzabuglio di sentimenti indefinibili .. Sono certo che il disturbo è nella psiche del regista… Suggerirei qualche seduta psicoanalitica…
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freerider
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lunedì 5 marzo 2018
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molto astuto per essere una favoletta educativa...
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Ed è così che un’Academy sempre più influenzata da logiche diplomatiche che ben poco hanno a che fare con il valore intrinseco dei film candidati premia come miglior film la favoletta “educativa” dell'astuto Guillermo Del Toro, che riesce persino a battere un altro film da sfondamento premeditato come Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri.
Capolavoro? Film del tutto sincero? Intanto diciamo che La forma dell’acqua partiva già sulla carta con uno sfacciato vantaggio strategico in termini di tematiche imperanti da cui oggi non si sfugge: la protagonista è diversamente abile ed è oggetto di attenzioni indesiderate da parte del superiore, la collega di colore subisce battute razziste ed è afflitta da un marito maschilista, il vicino di casa è gay, discriminato sul lavoro e infelice sentimentalmente, il cattivone invece è un arrogante e violento molestatore maschio, bianco, etero, anti-comunista (anche questo naturalmente è un difetto) con tendenze fedifraghe, insomma, quale migliore schieramento di forze per mettere pubblico e giurie con le spalle al muro?
Il prodotto è tecnicamente buono anche se non particolarmente nuovo, anzi, c’è molto di già visto sia a livello di immagine che di dinamica narrativa e il lascito finale della pellicola, dopo tanti illustri predecessori, risulta ormai innocuo.
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Ed è così che un’Academy sempre più influenzata da logiche diplomatiche che ben poco hanno a che fare con il valore intrinseco dei film candidati premia come miglior film la favoletta “educativa” dell'astuto Guillermo Del Toro, che riesce persino a battere un altro film da sfondamento premeditato come Tre Manifesti ad Ebbing, Missouri.
Capolavoro? Film del tutto sincero? Intanto diciamo che La forma dell’acqua partiva già sulla carta con uno sfacciato vantaggio strategico in termini di tematiche imperanti da cui oggi non si sfugge: la protagonista è diversamente abile ed è oggetto di attenzioni indesiderate da parte del superiore, la collega di colore subisce battute razziste ed è afflitta da un marito maschilista, il vicino di casa è gay, discriminato sul lavoro e infelice sentimentalmente, il cattivone invece è un arrogante e violento molestatore maschio, bianco, etero, anti-comunista (anche questo naturalmente è un difetto) con tendenze fedifraghe, insomma, quale migliore schieramento di forze per mettere pubblico e giurie con le spalle al muro?
Il prodotto è tecnicamente buono anche se non particolarmente nuovo, anzi, c’è molto di già visto sia a livello di immagine che di dinamica narrativa e il lascito finale della pellicola, dopo tanti illustri predecessori, risulta ormai innocuo. Ciò su cui si può riflettere invece è quale idea di dialogo col pubblico possa stare alla base di un film come La forma dell’acqua: evidentemente ci si è voluti rivolgere dall’alto verso il basso come quando si è convinti di dover educare qualcuno, con un linguaggio molto basilare che non lascia dubbi su chi siano i buoni e i cattivi e quale sia la morale da apprendere. Chissà se il pubblico gradisce essere considerato così?
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[+] favola-polpettone da blockbuster
(di marcobrenni)
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fedeslevin
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martedì 20 febbraio 2018
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la forma dell'amore.
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Elisa, muta inserviente di un laboratorio di ricerca di Baltimora nel pieno della Guerra Fredda, è sola al mondo. Trascorre le sue monotone giornate scandite dall'alienante susseguirsi di gesti automatizzati, tipici di chi aspetta qualcosa per dare un senso alla propria esistenza. Con lei altri due personaggi, un vecchio artista omosessuale in decadenza e una collega di colore dalla vita matrimoniale spenta, completano il quadretto di emarginati dal cuore sensibile della narrazione. Dall'altra parte, un sadico direttore del progetto segreto, un "vincente", un superuomo che legge "pensare positivo" e si nutre di apparenza come tutta l'America di quegli anni.
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Elisa, muta inserviente di un laboratorio di ricerca di Baltimora nel pieno della Guerra Fredda, è sola al mondo. Trascorre le sue monotone giornate scandite dall'alienante susseguirsi di gesti automatizzati, tipici di chi aspetta qualcosa per dare un senso alla propria esistenza. Con lei altri due personaggi, un vecchio artista omosessuale in decadenza e una collega di colore dalla vita matrimoniale spenta, completano il quadretto di emarginati dal cuore sensibile della narrazione. Dall'altra parte, un sadico direttore del progetto segreto, un "vincente", un superuomo che legge "pensare positivo" e si nutre di apparenza come tutta l'America di quegli anni. Nel mezzo, lui, la "cosa", divinità anfibia dell'Amazzonia che metterà in moto gli ingranaggi della fiaba grottesca di Guillermo del Toro.
Che cosa rappresenta "La forma dell'acqua"? Un "La Bella e la Bestia" dalle tinte horroreggianti? Forse sì, forse la nomination al premio "miglior sceneggiatura originale" non è la più appropriata a parer mio, perchè il tutto è pervaso da un inconfondibile odore di "già visto" e lo sviluppo della narrazione, finale incluso, non è sicuramente il più imprevedibile che si possa ricordare. Verrebbe da concludere, dunque, che ci si trovi di fronte a un prodotto incompleto, di poco spessore e, per farla breve, sopravvalutato. Non è così, ovviamente. Del Toro, regala un film che definirei delicato. Si muove con passo pesante verso il cinema d'autore, confezionando inquadrature da appassionato cinefilo. Dalle tinte fredde degli asettici corridoi del laboratorio al caldo soggiorno dell'artista, ove non manca mai la tv sintonizzata su qualche programma di intrattenimento dell'epoca, così nuovo, così vivace. Il film scava nei sentimenti, da' voce (a chi non ce l'ha) agli oppressi e ne premia la moralità facendoli trionfare nell'eterna lotta contro i "vincenti della società" (sconfitti della vita). In questa cornice si colloca la storia d'amore tra Elisa e l'anfibio che, invece che appesantire la narrazione con scene che potrebbero apparire forzate, ha invece un'importanza simbolica di primo piano, perchè spiega il titolo, nonchè significato, dell'intero film. L'acqua, come l'amore, non ha forma, ma assume quella del recipiente/soggetto che la/lo contiene. Così mentre Elisa si trova a comunicare per la prima volta con un altro individuo che si esprime come lei, a gesti, perchè si sa, le emozioni non hanno bisogno di parole, intanto fuori piove, il mondo di Elisa si allaga di acqua e di sentimento proprio come il suo bagno, fino a che non prenderà la forma del proprio recipiente.
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peergynt
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giovedì 31 agosto 2017
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poesia e amore in un fumettone anni '50
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Film iper-romantico di un cinefilo appassionato che parte dal "Mostro della laguna nera" (Jack Arnold, 1954), lo coniuga con "King Kong" (Schoedsack e Cooper, 1933 e remakes) e con "La bella e la bestia" (varie versioni a partire dal Cocteau del 1946), senza dimenticare "E.T.", "Frankenstein", gli horror americani anni '50, il noir anni '40 e probabilmente anche lo spirito dei fumetti della Marvel. Capace di costruire la sua storia e di mostrarla con uno stile rotondo e avvolgente (solito ampio uso della steadycam), Del Toro dimostra di essere un autore, con uno stile riconoscibile, ma ci consegna anche un film che del già visto fa la sua bandiera e che si dimostra narrativamente tutto prevedibile.
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Film iper-romantico di un cinefilo appassionato che parte dal "Mostro della laguna nera" (Jack Arnold, 1954), lo coniuga con "King Kong" (Schoedsack e Cooper, 1933 e remakes) e con "La bella e la bestia" (varie versioni a partire dal Cocteau del 1946), senza dimenticare "E.T.", "Frankenstein", gli horror americani anni '50, il noir anni '40 e probabilmente anche lo spirito dei fumetti della Marvel. Capace di costruire la sua storia e di mostrarla con uno stile rotondo e avvolgente (solito ampio uso della steadycam), Del Toro dimostra di essere un autore, con uno stile riconoscibile, ma ci consegna anche un film che del già visto fa la sua bandiera e che si dimostra narrativamente tutto prevedibile. Il regista, insomma, ricorda e ricostruisce tutta quella cultura pop che è stato il suo (e il nostro) mito infantile, ma ci racconta una storia che sappiamo già come finisce, con quella esasperazione dei contrasti di un manicheismo talmente insistito da rasentare il fastidio: come il cattivissimo Strickland, dotato di una famiglia-modello tipica dell'America anni '50, i personaggi buoni, che sono una carrellata-elenco dei 'diversi' emarginati dalla società perbenista (una muta, un'afroamericana, un gay, un mostro), i nemici russi, cattivi e finti. Sempre in bilico tra assurdità kitsch e poesia edulcorata, Del Toro dimostra grande capacità nel portare a termine il film con professionalità e gusto estetico (ad es. i colori ipersaturi che ricordano la tavolozza del "Favoloso mondo di Amélie"), ma non va oltre il film ricreativo della domenica pomeriggio.
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samanta
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martedì 20 febbraio 2018
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una fantasia zoppicante
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Guillermo del Toro è un regista che sebbene non giovanissimo solo nell'ultimi 12 anni ha riscosso i favori di Hollywood (Il labirinto del fauno del e la trilogia dell'Hobbit). In questo film si lancia in una storia fantastica in un certo senso simile a "La bella e la bestia". La protagonista Elisa muta, donna ormai matura e bruttina (interpretata dall'attrice inglese Sally Hawkins) lavora come donna delle pulizie in un centro sperimentale americano segretissimo, dove viene custodita una creatura anfibia un pò uomo e un pò pesce alto almeno due metri. Viene sottoposto a crudeli esperimenti dal cattivo Strickland capo della sicurezza che lo ha catturato in Amazzonia.
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Guillermo del Toro è un regista che sebbene non giovanissimo solo nell'ultimi 12 anni ha riscosso i favori di Hollywood (Il labirinto del fauno del e la trilogia dell'Hobbit). In questo film si lancia in una storia fantastica in un certo senso simile a "La bella e la bestia". La protagonista Elisa muta, donna ormai matura e bruttina (interpretata dall'attrice inglese Sally Hawkins) lavora come donna delle pulizie in un centro sperimentale americano segretissimo, dove viene custodita una creatura anfibia un pò uomo e un pò pesce alto almeno due metri. Viene sottoposto a crudeli esperimenti dal cattivo Strickland capo della sicurezza che lo ha catturato in Amazzonia. Elisa scopre che in realtà la creatura è intelligente e anche se non parla è in grado di comunicare, ma i responsabili del centro decidono di ucciderlo perchè non cada in mano ai sovietici. Elisa con l'aiuto del suo vicino di casa Giles (Richard Jenkins) undisegnatore gay e della sua collega Zelda lo fa fuggire e lo ospita a casa sua (nella vasca da bagno) dove tra i due sboccia l'amore anche carnale. Ci saranno numerosi colpi di scena con l'immancabile finale positivo che non racconto ovviamente, con il trionfo dell'amore . Il film mi ha destato notevoli perplessità: si tratta di una fiaba fantastica e quindi va bene che il cattivo sia una macchietta che digrigna i denti, però non vuol dire che ci debbano essere salti logici, ad esempio la creatura intelligente nel finale diventa un dio che compie prodigi e resuscita i morti, ma allora perché invece di ribellarsi non fuggiva ai suoi carcerieri? Anche inframezzare il film con una trama di spionaggio non è ben riuscita e le scene con le spie russe appaiono non solo non riuscite ma anche inutili e appesantiscono il film. Naturalmente c'è l'omaggio al politically correct, con "il momento (come lo definisce Pino Farinotti) omosessuale obbligatorio e strategico in tutti i film di adesso" in questo caso l'approccio gay di Giles respinto in malo modo, c'é pure il momento razzista quando una coppia di afroamericani non viene servita da un barista pure omofobo, il momento delle molestie sessuali in ufficio compiute da Strickland verso Elisa assai inverosimili. Per concludere un film che appare un'occasione sprecata, anche se da un punto di vista tecnico è ineccepibile, con un'ambientazione primi anni '60 veramente curata e gradevole,e supportato da una buona interpretazione di tutti i protagonisti, in particolare ottima quella di Sally Hawkins e di Richard Jenkins e ho trovato eccellente quella della collega Zelda (Octavia Spencer).
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