"The shape of water" è un'opera che si presta a molteplici piani di lettura, anche se giocata essenzialmente su due aspetti fondanti: una dimensione "realistica" che racconta una vicenda di solidarietà tra esclusi nell'America degli anni '50, durante il periodo paranoico e normativo della guerra fredda e una dimensione simbolica e immaginaria basata sull'irruzione di un archetipo fantastico e mitologico capace di trascendere i confini, di avvicinare mondi diversi, di fonderli nella comunione dei sentimenti.
Queste due articolazioni del racconto dovrebbero presentare un punto di unione, un fattore precipitante, l'amore tra Elisa, giovane donna affetta da mutismo che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio scientifico-militare di Baltimora e una creatura singolare, un uomo-pesce trasportato in segreto dall'Amazzonia.
Nel laboratorio (che ricorda un po' la fantascienza vintage degli anni '30, con i suoi contenitori cilindrici, la moltitudine dei monitor che rimandano le immagini delle telecamere e i corridoi claustrofobici e rettilinei) la creatura anfibia viene sottoposta a torture, come se l'obiettivo fosse quello di spezzare la sua resistenza piuttosto che capire le sue potenzialità.
Si distingue nell'operazione il capo della sicurezza - il feroce Strickland- interpretato da un buon Michael Shannon- che riesce a coniugare la sua apparenza di uomo d'ordine con un sadismo che lo rende realmente mostruoso.
Elisa ha un passato difficile, è stata abbandonata alla nascita, ha subito delle operazioni alla laringe di cui conserva le tracce intorno al collo. Ha due amici marginali come lei: Zelda, collega afroamericana e Giles, discriminato sul lavoro perché gay.
L'avvicinamento alla creatura è progressivo, segnato da timori, ma abbastanza rapido nel suo sviluppo, come se i due avessero intuito la possibilità di un legame, fossero attratti dalle rispettive differenze e dalla loro sostanziale innocenza.
La decisione di fare evadere la creatura viene presa in modo azzardato e incredibilmente riesce, anche grazie alla collaborazione di uno scienziato che collabora con i russi e che non vuole che l'essere anfibio sia ucciso. Strickland si lancerà come una molla sulle tracce della creatura scomparsa, fino al sorprendente esito finale...
La "forma dell'acqua" è data dal suo contenitore: l'amore che lega, a dispetto delle differenze di specie, i protagonisti e, per estensione, l'opera stessa, che contiene elementi fantastici, di forte valenza simbolica, e li declina in modo fluido. "Perché il fantastico per Guillermo del Toro non serve a esorcizzare le paure ma piuttosto a viverle", come ha scritto la Gandolfi nella sua recensione.
Tuttavia, lnon posso esimermi da alcune notazioni critiche: anche se l'andamento della seconda parte del film diventa favolistico (molti recensori hanno richiamato La Bella e la Bestia), lo sviluppo del rapporto tra i protagonisti mi è parso un po' frettoloso e poco attento ai passaggi intermedi, la scena dell'evasione è rappresentata, inoltre, in modo totalmente inverosimile e casuale e diversi personaggi di contorno (per esempio gli agenti del KGB e i militari americani) sono proposti in modo macchiettistico e convenzionale. Probabilmente si tratta di scelte deliberate, però rendono più fragile la "sospensione dell'incredulità" oltre a non apportare alcun valore aggiuntivo all'opera.
Un lavoro che comunque conferma Guillermo Del Toro come un autore innovativo e molto dotato.
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