Titolo originale | Zhui bu |
Anno | 2017 |
Genere | Azione |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 106 minuti |
Regia di | John Woo |
Attori | Tao Okamoto, Ji-won Ha, Jun Kunimura, Hiroyuki Ikeuchi, Hanyu Zhang Naoto Takenaka, Yasuaki Kurata, Nanami Sakuraba, Masaharu Fukuyama, Johan Karlberg, Stephy Qi, Angeles Woo, Takumi Saitô, Niclas Ericsson, Charles Glover, Etsuji Harada, Kohji Katoh, Yusuke Kitaguchi, Masanori Mimoto, Hiroko Yashiki. |
MYmonetro | 3,22 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 31 agosto 2017
Accusato di brutali crimini che non ha commesso, un uomo mette a punto un piano per recuperare la reputazione perduta.
CONSIGLIATO SÌ
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Du Qiu è il legale del gruppo Tenjin, potente azienda giapponese presieduta da Sakai. Du Qiu è un professionista e quindi gli affari illeciti della corporation non lo riguardano. Dopo aver comunicato di voler terminare il rapporto di collaborazione, si ritrova accusato di un omicidio che non ha commesso, con la polizia alle calcagna.
Valutare Manhunt come l'evoluzione coerente di un percorso che da A Better Tomorrow attraverso Face/Off giunge a noi sarebbe un errore. Il trentatreesimo film diretto da John Woo appartiene invece a un'altra dimensione, quella farsesca di chi non ha più nulla da dimostrare, di chi sa (e vuole) prendersi gioco di se stesso. In un rapporto di assoluta complicità con lo spettatore, con la schiettezza di chi evita la competizione con il proprio passato. La gravitas di sparatorie da cui sembravano dipendere i destini del mondo (la vendetta di A Bullet in the Head) assume qui la forma di buffi gag strappasorrisi. Le sentenze che Chow Yun-fat era solito emettere con uno stecchino tra i denti diventano ovvietà recitate in un goffo inglese.
Proprio il ricorso a una lingua che permetta a personaggi cinesi e giapponesi di comunicare tra loro rappresenta la chiave di lettura per individuare immediatamente la consapevolezza dell'operazione di Woo. Se si dovesse sintetizzare Manhunt con un emoji, si potrebbe ricorrere a una grande faccina che strizza l'occhio.
Ogni scena sembra implicare una conoscenza del passato di John Woo o fa di tutto per ricordarlo: le colombe che svolazzano e si frappongono tra i duellanti, le battutine tra guardia e (presunto) ladro tra un proiettile e l'altro, la sparatoria con doppia pistola - garantita qui dall'utilizzo di manette, la cui chiave è presto smarrita. Le molte stroncature ricevute dal film afferiscono ai problemi strutturali, dai dialoghi sconnessi alle disuguaglianze di sceneggiatura e messa in scena che possono apparire come sciatterie. Ma, detto che la verosimiglianza o la continuity del plot non sono mai stati la specialità della casa, comprendendo la natura giocosa dell'operazione è possibile accantonare un po' di severità.
Se ci stupiamo del fatto che risulti arduo attribuire La battaglia dei tre regni e Manhunt allo stesso autore, significa che attribuiamo al concetto di "autore" un senso che a Hong Kong il termine non ha mai avuto. In questo senso la prima sequenza al bar è già indicativa: la matrice dello yakuza eiga, del cinema di Fukasaku Kinji o con Ken Takakura (il film è un libero remake di Kimi yo funnu no kawa wo watare, di Jun'ya Sato), rivive in un esplicito omaggio cinefilo.
La battuta ingenua, sui film di un tempo e sullo spirito di allora che si è smarrito, dice tutto su come ogni tentativo di resuscitare quel cinema sia vano e puerile e su come Manhunt costituisca soprattutto uno scherzo cinefilo, condito da almeno una sequenza griffata Woo (la sparatoria al maneggio). Meglio predisporsi ad accoglierlo con un sorriso.
Un remake del film giapponese Manhunt incentrato su un uomo che è stato incastrato per una serie di omicidi e viene inseguito dalla polizia, mentre cerca di discolparsi.
MANHUNT disponibile in DVD o BluRay |
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