Anno | 2017 |
Genere | Docu-fiction, |
Produzione | Italia |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Giacomo Durzi |
Attori | Roberto Faenza, Jonathan Franzen, Ann Goldstein, Nicola Lagioia, Lisa Lucas Francesca Marciano, Mario Martone, Sarah McNally, Michael Reynolds, Roberto Saviano, Elizabeth Strout, Giulia Zagrebelsky. |
Uscita | lunedì 2 ottobre 2017 |
Tag | Da vedere 2017 |
Distribuzione | QMI |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,30 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 novembre 2017
Un viaggio che parte dall'America fino ai vicoli di Napoli attraverso l'opera di Elena Ferrante, i luoghi dei suoi romanzi e lo sguardo di grandi personaggi e testimoni d'eccezione. Al Box Office Usa Ferrante Fever ha incassato 4 mila dollari .
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CONSIGLIATO SÌ
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Come si spiega un fenomeno editoriale internazionale come il successo di Elena Ferrante? Giacomo Durzi e Laura Buffon provano a suggerire qualche risposta intervistando una piccola selezione di testimoni autorevoli, dalla traduttrice della Ferrante Ann Goldstein al direttore di Europa Editions Michael Reynolds, da colleghi scrittori come Roberto Saviano e Francesca Marciano, ma anche Elizabeth Strout e Jonathan Franzen, fino ai registi che hanno adattato per il grande schermo i primi romanzi della Ferrante: Mario Martone e Roberto Faenza. È con la tetralogia nota in America come "the Neapolitan books" che Ferrante, chiunque lei (lui?) sia, è esplosa nel mondo. Ferrante Fever inizia con il podcast in cui Hillary Clinton, in piena campagna elettorale, dichiarava la sua passione per "L'amica geniale", descrivendo la compulsione a proseguire nella lettura come un'assuefazione, e prosegue a raccontare quella febbre che si è impossessata di milioni di lettori a livello mondiale.
Giacomo Durzi alla regia è attento a non appiattire le testimonianze, cura le luci, le ambientazioni, le inquadrature riprese da angolazioni diverse, e inframmezza le interviste con la voce narrante di Anna Bonaiuto, già protagonista de L'amore molesto di Martone, che legge brani de "La frantumaglia", la collezione di scritti un cui l'autrice (autore?) si espone in maniera più diretta a livello autobiografico.
Ad illustrare le parole della Bonaiuto si alternano le scene filmate in cui una donna senza volto attraversa la città e la poetica animazione di Mara Cerri e Magda Guidi che reinventa il mondo di Lila e Lenù. E il montaggio di Paola Freddi e Mirko Platania si adopera per movimentare efficacemente la narrazione.
Il successo di Elena Ferrante, afferma Roberto Saviano, è "la vittoria del contenuto sulla narrazione di sé", ovvero su quell'odioso storytelling tanto spesso sbandierato dai presenzialisti della nostra epoca. "Ferrante esiste solo nei suoi libri: una scelta elegantissima", chiosa Saviano, evidentemente (e amichevolmente) invidioso dell'anonimato della collega. Quell'anonimato che, sempre secondo Saviano, "è un capitolo importante, ma non l'unico, della sua opera". Ferrante ha scelto di non comparire, ma ha negato ai lettori solo la sua immagine, non la sua essenza, che attraversa nitidamente la sua scrittura con una "voce" assai riconoscibile, una scrittura che avvolge (in inglese si dice "engulfing", facendo inconsapevole riferimento al Golfo della città coprotagonista della sua tetralogia). Così facendo si è inconsapevolmente trasformata in una cartina di tornasole per una certa ipocrisia del mondo editoriale, la curiosità morbosa in certi lettori, il bisogno dei mass media di fagocitare l'autore invece che limitarsi a commentarne la scrittura.
La popolarità della Ferrante, sostengono gli intervistati, non è figlia del suo anonimato ma della qualità di una prosa che "parla di cose di cui nessuno vuole parlare, senza edulcorarle", afferma Franzen, che "non parla a te, parla di te", specifica Martone, e che ha saputo raccontare "30 anni di Storia italiana da un punto di vista femminile", a presente Marciano. Una scrittura "spudorata e temeraria", secondo la stessa Ferrante, che "scava dentro vite femminili", "esplorando quei luoghi in cui gli altri scrittori non si avventurano", come afferma Elizabeth Strout. Perché se è vero che "si scrive per arrivare alla verità delle emozioni", allora diventa irrilevante sapere chi ha avuto quel coraggio, ma resta necessario riconoscerlo.
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Un prodotto più televisivo che filmico, pensato soprattutto – direi – per il pubblico americano. Si tratta di una serie di interviste ad intellettuali americani ed italiani sul fenomeno Ferrante, in particolare sulle ragioni dello straordinario successo della tetralogia “L’amica geniale” , nonché sul senso che dovremmo dare al testardo anonimato della scrittrice, [...] Vai alla recensione »