Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Siria, Libano |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Sara Fattahi |
Tag | Da vedere 2015 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,41 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 22 giugno 2023
Opera prima di una giovane documentarista, una riflessione simbolica, quasi astratta, complessa, feroce, sul tragico destino di un paese.
CONSIGLIATO SÌ
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Durante la guerra civile in Siria tre donne trascorrono il tempo dedicandosi alle faccende domestiche, giocando a carte o guardando la Tv. Ma quel che avviene fuori dall’uscio di casa - esplosioni, bombardamenti — è una presenza costante nelle loro vite.
Coma significa “assenza”. Così la giovanissima Sara Fattahi, regista siriana che vive in Libano, sceglie di intitolare la sua opera prima, figlia dell’insopprimibile urgenza di voler e dover raccontare per immagini il dramma siriano. La guerra vive fuoricampo, eccezion fatta per la ripresa di un’esplosione in piena Damasco, ma resta l’inequivocabile “presenza” in un’opera costellata di “mancanze”, di privazioni. Dell’elemento maschile, innanzitutto, conseguenza inevitabile di un paese costantemente in guerra; e poi di una vita che abbia un senso, di un quotidiano che recuperi una parvenza di normalità.
Per fotografare la sensazione di straniamento, che deriva da una routine dell’assurdo come quella vissuta da nonna, madre e figlia, la regista sceglie di adottare un linguaggio non lineare, che altera le regole consuete del documentario. Il found footage con immagini del padre militare interrompe bruscamente una narrazione già di suo continuamente frammentata, tra sequenze in reverse e jump cut che sembrano collocare l’eterno presente delle tre donne in una dimensione aliena, iterativa, senza uscita. In cui il gancio con la realtà è fornito dall’estrema irrealtà delle soap opera onnipresenti che, insieme al sinistro suono delle sirene che precedono i bombardamenti, costituiscono la colonna sonora del film della Fattahi, contrappunto ai silenzi dominanti.
Un debutto sorprendente, che sconta la presenza di qualche ingenuità nell’accumulo di stili e tecniche proprie del cinema sperimentale, ma che tradisce l’inequivocabile presenza di un talento effettivo.
97 minuti di sofferenza... in cui l'occhio dello spettatore viene torturato da una regia e da un montaggio degni di una quindicenne a cui hanno appena regalato un i-phone. In molti non hanno retto la noia ed il fastidio e dopo alcuni minuti la sala si è dimezzata. Il problema maggiore è stato proprio in questa tortura antiestetica continua ed ingiustificata a cui si è sottoposto [...] Vai alla recensione »