Tim Hetherington: dalla linea del fronte

Film 2013 | Documentario, 79 min.

Titolo originaleWhich Way Is the Front Line from Here? The Life and Time of Tim Hetherington
Anno2013
GenereDocumentario,
ProduzioneUSA
Durata79 minuti
Regia diSebastian Junger
Uscitagiovedì 3 aprile 2014
TagDa vedere 2013
DistribuzioneI Wonder Pictures, Feltrinelli Real Cinema
MYmonetro 3,42 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Sebastian Junger. Un film Da vedere 2013 Titolo originale: Which Way Is the Front Line from Here? The Life and Time of Tim Hetherington. Genere Documentario, - USA, 2013, durata 79 minuti. Uscita cinema giovedì 3 aprile 2014 distribuito da I Wonder Pictures, Feltrinelli Real Cinema. - MYmonetro 3,42 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento mercoledì 12 febbraio 2020

Tim Hetherington è caduto sul campo, nel 2011 in Libia, durante la rivolta civile che ha abbattuto il regime di Gheddafi. Aveva sempre sfidato la morte e fotografato la guerra.

Consigliato sì!
3,42/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 2,84
CONSIGLIATO SÌ
Un tributo generoso e doveroso al lavoro e alla ricerca del fotografo di guerra morto in Libia.
Recensione di Marianna Cappi
mercoledì 5 febbraio 2014
Recensione di Marianna Cappi
mercoledì 5 febbraio 2014

Perché un giovane uomo, amato e amante della vita, dovrebbe rischiarla più e più volte per scattare una fotografia o registrare un filmato? Il giornalista Sebastian Junger racconta la vita e la passione del suo amico e collega Tim Hetherington, il fotografo inglese caduto nel 2011 a Misrata , in Libia, durante la guerra civile, e prova a rispondere (anche) a questa domanda. Junger ha un'ipotesi personale, riguardo al richiamo che ha trascinato l'amico quell'ultima volta in prima linea, ma è un'ipotesi tra le altre, che nasce dall'umano bisogno di darsi una ragione, come lo sono i presentimenti dei genitori, toccanti e immateriali. Eppure il documentario stesso, nel suo comporre un ritratto che mescola l'autobiografia ad altre voci lasciando però sempre l'ultima parola alle immagini, una sorta di risposta la indica, e non è nella fotografia, intesa come mestiere, arte o missione, ma proprio dentro la personalità dell'uomo. Come se il suo approccio alla vita portasse inscritto dentro di sé anche quello alla sua morte. Abituato ai viaggi dal lavoro itinerante del padre, Tim s'iscrive ad un corso di fotogiornalismo con il desiderio di raccontare delle storie attraverso le immagini ma è subito chiaro che il suo non sarà mai il racconto di un narratore esterno. Armato (è la parola giusta) di una reflex che può azionare senza dover portare l'apparecchio davanti al volto, Hetherington entra nella situazioni che documenta, convinto che l'interazione col soggetto non rompa l'incanto della fotografia ma la ponga dentro un quadro di maggior onestà.
Il progetto "Healing Sports" del 1999 è l'inizio di tutto: due anni dopo la fine della guerra civile in Liberia, si reca sul posto per parlare della guerra attraverso il calcio. Si delineano due certezze del suo lavoro: da un lato, il rifiuto degli stereotipi dell'orrore in favore di uno sguardo al quotidiano, che non dimentica mai le persone e prende il conflitto armato a metafora di concentrato di vita, momento dell'esistenza in cui le emozioni sono spinte all'estremo; dall'altro lato, l'attenzione ai ragazzi. Che siano i teenagers liberiani della giungla o i soldati americani in Afghanistan, non fa quasi differenza: è la forza dei legami umani che stringono che lo affascina; di nuovo, non tanto la guerra quanto l'umanità. Chiedendosi, attraverso il suo lavoro, come e perché i giovani uomini si vedano in guerra, Hetherington sembra inseguire una domanda che riguarda anche lui stesso, e non a caso nel 2010 sentirà l'esigenza di riflettere direttamente sulle ragioni e sui limiti del suo mestiere, con il progetto autobiografico "Diary".
Il documentario di Junger è un omaggio più che mai generoso e rispettoso del lavoro di Hetherington, che lascia parlare Tim stesso, le foto che lo ritraggono - straordinariamente eloquenti - e le foto che ha scattato. Il film dice anche della sua abilità di cameraman e delle testimonianze uniche che le sue riprese hanno spesso rappresentato. Infine, evoca il dramma della guerra, che non è quello di rischiare la morte, ma di dover convivere con la morte dei propri fratelli, e solo a questo punto non si può non pensare che Junger stia parlando anche di sé.

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