Titolo originale | Kitsutsuki to ame |
Anno | 2012 |
Genere | Commedia |
Produzione | Giappone |
Durata | 129 minuti |
Regia di | Shuichi Okita |
Attori | Kôji Yakusho, Shun Oguri, Tsutomu Yamazaki, Masatô Ibu, Kengo Kora, Asami Usuda . |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,31 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 11 aprile 2012
Un uomo qualunque, impiegato come taglialegna, si trova costretto a confrontarsi con la spettacolarità di un set cinematografico.
CONSIGLIATO SÌ
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La tranquilla routine del silenzioso boscaiolo Katsu viene turbata da una troupe cinematografica, che necessita del suo aiuto per girare nella foresta un horror a basso costo. Dapprima diffidente, quindi curioso e infine totalmente coinvolto, Katsu scoprirà un'inaspettata propensione per il cinema, dedicandosi anima e corpo alla riuscita del bizzarro progetto.
Gli esempi del passato sono illustri e il tema dell'uomo comune che entra in contatto con il mondo del cinema e ne carpisce i meccanismi ben prima degli addetti ai lavori è tutt'altro che innovativo; ma questo Okita Shuichi lo sa e lo mette in chiaro sin dalle prime battute, a partire da quell'incipit in cui il boscaiolo e l'uomo di cinema ingaggiano un dialogo surreale, già indicativo della direzione intrapresa da Okita. Non è quel che si dice ma il come lo si dice a contare, ancora una volta, nell'antica arte nipponica del nitrato d'argento.
Percorrendo assai timidamente la strada dell'approfondimento psicologico dei personaggi e ritraendosene ben presto, Okita mostra indubbiamente qualche limite in questo senso, suo e della sceneggiatura di Fumiyo Moriya (Underwater Love), ma nel contempo rafforza l'intento di The Woodsman and the Rain, che è chiaramente altro, ossia quello di scorrere leggero come una brezza nella boscaglia e regalare innanzitutto sorrisi. Inevitabili quando il cinema viene punzecchiato amabilmente, rivelando vizi e virtù delle avventurose riprese di una pellicola horror dal budget bassissimo.
Un atto di amore verso il cinema che non può fare a meno di levarsi qualche sassolino dalla scarpa, mettendo in scena le insicurezze di un regista e la sostanziale lontananza dalla realtà dei cinematografari, salvati dal rozzo ma solido pragmatismo del boscaiolo Katsu. Okita rallenta appena prima di rendere meno sostenibile il cliché insito nel "messaggio", indugiando in gag memorabili - irresistibile la prima interpretazione di Katsu come zombi - e affidandosi completamente a uno dei migliori attori della sua generazione, l'incredibile Yakusho Koji (L'anguilla, Cure), duttile come nessun altro per generi e capacità di cambiare registro.
Senza sottovalutare né dimenticare le punte di lirismo che emergono nella parte conclusiva, riportando con la memoria all'ultimo Imamura Shoei (con protagonista fisso, non a caso, Yakusho Koji) e alla sua incredulità di fronte al magico potere della natura. Come un balsamo lenitivo per gli affanni da cinema engagé.