sergio dal maso
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lunedì 22 giugno 2015
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bella addormentata
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I temi etici, in particolare quelli inerenti il concepimento e la fine della vita, inevitabilmente disorientano e dividono.
Prima di tutto perché coinvolgono l’intimità di ciascuno, il vissuto personale e la coscienza di ogni individuo di fronte al dolore. Ci costringono a riflettere senza mediazioni sul senso delle nostra vita e sui legami affettivi con le persone che amiamo. L’intimità e la complessità dei temi etici non sono gli unici elementi a renderli argomenti difficili e scottanti, altri fattori, più sociali, li rendono “esplosivi” : per esempio, la strumentalizzazione politica di cui sono oggetto o la semplificazione e la banalizzazione dell’informazione televisiva.
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I temi etici, in particolare quelli inerenti il concepimento e la fine della vita, inevitabilmente disorientano e dividono.
Prima di tutto perché coinvolgono l’intimità di ciascuno, il vissuto personale e la coscienza di ogni individuo di fronte al dolore. Ci costringono a riflettere senza mediazioni sul senso delle nostra vita e sui legami affettivi con le persone che amiamo. L’intimità e la complessità dei temi etici non sono gli unici elementi a renderli argomenti difficili e scottanti, altri fattori, più sociali, li rendono “esplosivi” : per esempio, la strumentalizzazione politica di cui sono oggetto o la semplificazione e la banalizzazione dell’informazione televisiva. Per questi motivi fin dall’annuncio del regista Bellocchio, il più anticonformista dei cineasti italiani, della volontà di realizzare Bella addormentata, maldestramente anticipato dai media come “un film su Eluana Englaro”, si è creato da un lato un clima di grande attesa, dall’altro di forte ostilità da parte di alcune forze politiche e gruppi religiosi.
Anche questa volta il maestro piacentino ha sorpreso e spiazzato tutti realizzando un film straordinario, per nulla scontato, provocatorio e difficile, senza dubbio bellissimo. Un film che pur avendo sullo sfondo la drammatica cronaca dei giorni conclusivi del caso mediatico che nel febbraio del 2009 ha paralizzato il nostro paese non è un film su Eluana Englaro, così come non è un film sull’eutanasia. E’ molto di più. E’ un film che parla del dolore intimo e della disperazione di chi si trova di fronte a una vita-non-vissuta; parla della solitudine e della crisi di coscienza dei familiari, di una società italiana lacerata e isterica. Ma non solo, parla anche di risvegli e di speranza. Bellocchio intreccia quattro storie e una decina di protagonisti. Vicende e persone molto diverse, tutte narcotizzate dalla sofferenza, incapaci di “risvegliarsi” e di rielaborare il proprio dolore. Il regista non giudica nessuno, osserva da vicino e ci accompagna in silenzio, lasciando alla sensibilità e alla coscienza di ciascuno il giudizio etico.
Non è solo Eluana, che peraltro è solamente il filo rosso su cui si dipana il film, la bella addormentata, lo è anche la defunta moglie del senatore di centrodestra Beffardi, la cui morte è stata un trauma che il politico non ha mai superato, causa principale anche dell’incomunicabilità con la figlia Maria, fervente cattolica. Nella veglia per Eluana Maria incrocia tra i manifestanti “rivali” due fratelli, Pipino, affetto da turbe psichiche, e Roberto, di cui si innamorerà, iniziando così il suo percorso interiore di rinascita. Altra bella addormentata è Rosa, il cui stato di coma vegetativo ha sconvolto la vita della sua famiglia, soprattutto della madre, un’attrice famosa che rinuncia
alla vita artistica e sociale rinchiudendosi in casa per pregare sperando nel miracolo.
Bella addormentata si può considerare anche Rossa, una tossicodipendente che tenta ripetutamente il suicidio, trattata con fastidio e disprezzo dai medici ma “salvata” dal dottor Pallido, l’unico in grado di relazionarsi con affetto e rispetto. Nella conferenza stampa della Mostra del Cinema di Venezia, dove il film incredibilmente non è stato premiato pur avendo ricevuto grandi applausi dalla critica, Bellocchio ha dato un’altra possibile interpretazione del titolo : bella addormentata è la coscienza civile del nostro paese, cinico e rassegnato, incapace di uno slancio morale e di un sentire comune, in balia di una telecrazia mediatica (nel film l’invadenza dei notiziari televisivi è ossessiva) e di una classe politica grottesca e tragicomica. Esilarante e cinematograficamente strepitosa è la scena dei senatori, a mollo in sauna come gli antichi romani, che discutono del voto parlamentare in corso. Il senatore-psichiatra (il formidabile Roberto Herlitzka) regala una serie di battute sulla classe politica davvero memorabili.
Come nei suoi precedenti capolavori anche i personaggi di bella addormentata, complessi e folli quanto pieni di umanità, offrono molte chiavi di lettura e spunti di riflessione, riprendendo e rielaborando alcuni dei temi più cari al cineasta emiliano come la conflittualità nei rapporti familiari, il cinismo e l’arroganza del potere, la dissacrazione della religione. Dal punto di vista tecnico il film è straordinario, a partire dalla regia. Le numerosi ambientazioni chiuse e claustrofobiche, spesso teatrali, sono rese in modo eccellente dalla fredda e cupa fotografia di Daniele Ciprì. Di altissimo livello anche il cast di attori, praticamente il meglio dell’attuale cinema italiano (e non solo); su tutti, a mio avviso, il solito impeccabile Toni Servillo, da scuola di recitazione il monologo-confessione del senatore Beffardi. I pregiudizi e le polemiche che ne hanno accompagnato la realizzazione si sono dissolti all’uscita del film nelle sale, riscuotendo giudizi positivi anche dalle istituzioni ecclesiastiche.
Le parole più gradite da Bellocchio, però, sono state quelle di Beppino Englaro : “non è stato facile per me guardare questo film, è stato micidiale ma mi sono emozionato tantissimo… grazie per questa splendida creazione artistica”.
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mahleriano
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lunedì 10 settembre 2012
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non morde e non fa molto male
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Con la vicenda di Eluana Englaro sullo sfondo e altre storie parallele simili, Bellocchio dipinge molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato: lascia che i fatti parlino da soli. Solo immaginare cosa potrebbe pensare uno straniero di ciò che il film mostra lascia correre molti brividi (e forse anche un po' troppi). Dall'incapacità di darsi leggi adeguate, frutto di desolanti populismi più che di partecipazione democratica reale, ai servilismi di potere, alle faziosità e indottrinamenti che spesso degenerano in fanatismi, religiosi e non.
Nel complesso, però, il film non mi ha convinto. Una storia d'amore (d'amore?) abbastanza pretestuosa, il cui fine sembra essere quello di giustificare un’iperabusata e un po' scontata frase finale: "L’amore cambia il modo di vedere le cose".
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Con la vicenda di Eluana Englaro sullo sfondo e altre storie parallele simili, Bellocchio dipinge molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato: lascia che i fatti parlino da soli. Solo immaginare cosa potrebbe pensare uno straniero di ciò che il film mostra lascia correre molti brividi (e forse anche un po' troppi). Dall'incapacità di darsi leggi adeguate, frutto di desolanti populismi più che di partecipazione democratica reale, ai servilismi di potere, alle faziosità e indottrinamenti che spesso degenerano in fanatismi, religiosi e non.
Nel complesso, però, il film non mi ha convinto. Una storia d'amore (d'amore?) abbastanza pretestuosa, il cui fine sembra essere quello di giustificare un’iperabusata e un po' scontata frase finale: "L’amore cambia il modo di vedere le cose". La descrizione di dinamiche familiari malate e dunque non necessariamente generali (una madre parossisticamente religiosa, un figlio che stacca l'ossigeno alla sorella non per pietà ma per egoismo). Un medico che salva un'aspirante suicida, guarda caso bellissima e in cui pare che il giuramento di Ippocrate lasci più spazio a un interesse amoroso un po' fuori luogo (chiedo perdono per il voluto cinismo...). Infine, un’eccessiva lentezza complessiva.
Certamente fantastici alcuni momenti e alcune immagini: quella ad esempio dei senatori a mollo, che richiama quasi un girone dantesco, o il dialogo fra lo psichiatra e il senatore, presto dimissionario per un onesto dissenso rispetto alla "linea politica" di partito. Forse l'unico vero momento di geniale arguzia e incisività del film, in cui con poche parole si esprime il senso del tutto. O ancora il monologo sincero del senatore, dal mio punto di vista difficilmente non condivisibile.
Ma ritornando alla frase di apertura, Bellocchio dipinge sì molto bene e con molta astuzia il motivo per cui l'Italia è un paese desolatamente arretrato, ma lascia che i fatti parlino appunto un po' TROPPO da soli.
E in un periodo in cui questo paese stenta a uscire più di altri da un periodo durissimo, l'ennesima descrizione complessivamente un po' disfattista di un paese quasi da sempre alla deriva, ma che non ha certo bisogno solo dell'"amore per cambiare il modo di vedere le cose", mi ha decisamente infastidito. Bravi gli attori.
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babagi
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sabato 8 settembre 2012
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liberi di... amare!
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Tre le belle e addormentate di Bellocchio. Le loro storie si alternano su uno sfondo d’attualità ben noto a tutti: la vicenda di Eluana Englaro nei giorni che precedettero la sua morte tra il 3 e il 9 febbraio 2009. La prima è una madre la cui storia ci è raccontata attraverso alcuni flashback che costretta su un letto d’ospedale chiede implorante al marito di aiutarla. Vuole morire. La seconda, Rossa, è una donna tossicodipendente incapace di trovare motivazioni per continuare a vivere. Vuole morire e per questo tenta più volte il suicidio. La terza è una ragazza in coma, forse proprio quella del titolo che unica incapace di esprimere la sua volontà ci impone momenti di riflessione ed evita di portare il film in una situazione di squilibrio fungendo da arbitro inconsapevole tra due volontà espresse con forza, quella di Eluana e quella di Rosa.
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Tre le belle e addormentate di Bellocchio. Le loro storie si alternano su uno sfondo d’attualità ben noto a tutti: la vicenda di Eluana Englaro nei giorni che precedettero la sua morte tra il 3 e il 9 febbraio 2009. La prima è una madre la cui storia ci è raccontata attraverso alcuni flashback che costretta su un letto d’ospedale chiede implorante al marito di aiutarla. Vuole morire. La seconda, Rossa, è una donna tossicodipendente incapace di trovare motivazioni per continuare a vivere. Vuole morire e per questo tenta più volte il suicidio. La terza è una ragazza in coma, forse proprio quella del titolo che unica incapace di esprimere la sua volontà ci impone momenti di riflessione ed evita di portare il film in una situazione di squilibrio fungendo da arbitro inconsapevole tra due volontà espresse con forza, quella di Eluana e quella di Rosa.
Queste donne non sono delle “Biancaneve moderne”, sole nel loro letto di morte–vita, ma intorno a loro ci sono famiglie divise da dolore, segreti e sensi di colpa e potenziali principi in camice bianco con missioni salvifiche.
Vita e morte, amore e odio, pubblico e privato, coscienza e dovere, queste le contrapposizioni e i conflitti interiori che percorrono tutto il film accompagnando lo spettatore, non a schierarsi da una parte piuttosto che un’altra, ma a capire che non esistono partiti “per la morte” o “per la vita”, ma volontà umane, uomini da rispettare e scelte coraggiose e comunque dolorose da dover prendere.
Solo in questo modo alla fine ci troveremo su quella panchina della stazione seduti accanto a Uliano ad abbracciare Maria che ha capito che “l’amore cambia il modo di vedere le cose”.
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renato volpone
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sabato 8 settembre 2012
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pietose dolenze
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Sullo sfondo del caso di Eluana Englaro e i suoi ultimi giorni di vita, si intrecciano storie di morte invocate e vite trattenute. Il tema è molto delicato e trattarlo con così grande superficialità, condita da attori giovani assolutamente incapaci di recitare, porta a banalizzare l'argomento trattato. Bellocchio cerca di imitare Almodovar, ma lo fa usando una tattica tutta italiana e non ci riesce. Il senatore pentito, il ragazzo iperattivo, l'attrice santa, la drogata innamorata, sono storie che, seppure potrebbero avere corrispondenze nella realtà, qui finiscono per non raccontare nulla se non gli estremismi di una religione che non sa più dare nemmeno ragione a se stessa.
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Sullo sfondo del caso di Eluana Englaro e i suoi ultimi giorni di vita, si intrecciano storie di morte invocate e vite trattenute. Il tema è molto delicato e trattarlo con così grande superficialità, condita da attori giovani assolutamente incapaci di recitare, porta a banalizzare l'argomento trattato. Bellocchio cerca di imitare Almodovar, ma lo fa usando una tattica tutta italiana e non ci riesce. Il senatore pentito, il ragazzo iperattivo, l'attrice santa, la drogata innamorata, sono storie che, seppure potrebbero avere corrispondenze nella realtà, qui finiscono per non raccontare nulla se non gli estremismi di una religione che non sa più dare nemmeno ragione a se stessa. Peccato, ci si aspettava un grande film, ma il risultato è stato solo quello di provocare rumorosi sbadigli in sala.
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merygreen
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giovedì 13 settembre 2012
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deludente
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Non è un film che fa riflettere, non è un film che emoziona, non è un film che scandalizza. E' semplicemente un lavoro ben fatto, un intreccio strutturalmente perfetto, un insieme di prove attoriali molto soddisfacenti (tranne il figlio di Michele Placido che sembra ancora sul set di Tutti pazzi per amore). Le tre storie sono a mio avviso surreali: difficile identificarsi con una giovane credente che improvvisamente rinsavisce e va a letto col primo che passa, o con un medico che decide estemporaneamente di salvare una tossicodipendente (senza alcun motivo apparente) o con un fratello che per salvare la madre vuole uccidere la sorella in coma. Il senso del film è che bisogna sempre scegliere la vita e che in alcuni casi, paradossalmente, vita significa morte .
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Non è un film che fa riflettere, non è un film che emoziona, non è un film che scandalizza. E' semplicemente un lavoro ben fatto, un intreccio strutturalmente perfetto, un insieme di prove attoriali molto soddisfacenti (tranne il figlio di Michele Placido che sembra ancora sul set di Tutti pazzi per amore). Le tre storie sono a mio avviso surreali: difficile identificarsi con una giovane credente che improvvisamente rinsavisce e va a letto col primo che passa, o con un medico che decide estemporaneamente di salvare una tossicodipendente (senza alcun motivo apparente) o con un fratello che per salvare la madre vuole uccidere la sorella in coma. Il senso del film è che bisogna sempre scegliere la vita e che in alcuni casi, paradossalmente, vita significa morte . Ma il messaggio è malcelato dietro una negatività schiacciante che rende tutto pesante e fumoso. Se la figlia del politico fosse riuscita grazie a quest'amore salvifico e improvviso a superare l'odio per il padre, che bisogno c'era di farle scoprire che l'odio era giustificato? Perchè l'episodio della ragazza in coma finisce con l'eliminazione di tutti gli specchi da casa? Non c'è più nulla da vedere nella (non)vita della madre ormai ridotta a qualche preghiera e incontro col prete? L'episodio della Sansa è l'unico che si conclude bene ma è anche l'unico che non c'entra nulla con il motivo portante del film, anzi probabilmente è l'esatto contrario: una "morta" che sceglie la vita di fronte a quei "vivi"(Rosa, la moglie del politico e naturalmente Eluana Englaro) che sceglierebbero, se potessero, la morte.
Bellocchio non riesce a coinvolgere sentimentalmente, semmai dimostra le sue indubbie doti di regista; per farlo avrebbe però potuto scegliere di raccontare una vicenda non nota e che non andasse a toccare nervi scoperti della sensibilità umana.
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paride86
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domenica 28 ottobre 2012
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un'occasione sprecata
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La tragica vicenda di Eluana Englaro fa da catalizzatore ad alcune storie; un senatore alle prese con il voto sulla questione, sua figlia che manifesta coi cattolici contro l'eutanasia, una madre con una figlia attaccata ad una macchina, una tossicodipendente che ruba per vivere.
Il film di Bellocchio fallisce su tutta la linea perché le storie che racconte sono superficiali e inverosimili:
La tragica vicenda di Eluana Englaro fa da catalizzatore ad alcune storie; un senatore alle prese con il voto sulla questione, sua figlia che manifesta coi cattolici contro l'eutanasia, una madre con una figlia attaccata ad una macchina, una tossicodipendente che ruba per vivere.
Il film di Bellocchio fallisce su tutta la linea perché le storie che racconte sono superficiali e inverosimili:
- un senatore del pdl che si dimette per una crisi di coscienza? Solo al cinema!
- un uomo che stacca il respiratore alla moglie appena lei glielo chiede, senza neanche pensarci su? Ma stiamo scherzando?
- una ragazza che si innamora del fratello di uno che gli butta l'acqua in faccia, solo dopo averci scambiato due parole ed esserci andata a letto insieme?
- perché il tizio dell'acqua è così esaltato? E' forse un pazzo?
- un medico che, senza un particolare motivo, si accolla una tossicodipendente che prima tenta di derubarlo e poi tenta il suicidio? Ma quando mai!
La vicenda Englaro si sarebbe prestata perfettamente per riflessioni su diversi temi: la vita, la morte, l'ingerenza della politica nella vita dei cittadini, il contrasto tra fede e ragione, l'ingerenza della Chiesa nello Stato, ecc, ma Bellocchio li sfiora solamente, preferendo raccontare storie che lasciano il tempo che trovano, inconcludenti e inconcluse.
come reagirà Maria sapendo che il padre ha staccato il respiratore a sua madre? Il film ci nega questa parte della storia.
Per quanto riguarda la questione dell'eutanasia pare che Bellocchio sia contrario, visto che i personaggi di quest'opinione sono, per la maggior parte, degli esaltati.
Nel cast si distingue Isabelle Huppert, bella e brava come sempre, ed è una perla in una collana di bigiotteria.
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giugy3000
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sabato 8 settembre 2012
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la vita e' una condanna a morte
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Trattare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Bellocchio ha rischiato molto con questa pellicola, essenzialmente per tre ragioni: ha portato in campo una vicenda conosciuta e da molti già vissuta in maniera estenuante come la vicenda Englaro a ben tre anni di distanza, ne ha parlato con la "tecnica" di più vicende intrecciate fra loro e in ultimo lo ha reso un film estremamente di nicchia, rischiando un forse già presagito flop al botteghino. Il gioco però a mio avviso valeva la candela perchè con grande maestria si mettono in scena, con il pretesto dell'imminente morte di Eluana dopo ben 17 anni di calvario, quattro vicende legate da un filo rosso delicatissimo e che ben oltre il semplice ruolo dell'eutanasia, ovvero le questioni: Vi è una buona morte?La morte è processabile? Possiamo davvero decidere fino in fondo da soli della nostra esistenza? Temi scottanti, che in sole due ore scarse non possono trovare un'esplicazione e un chiarimento dotto e calibrato, ma possono solo essere spunti di riflessioni, un invito come sempre a mettere a pesare i piatti della bilancia e a scansarsi da ogni presunzione in merito, perchè il rispetto è sempre alla base di tutto.
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Trattare di eutanasia e di temi di fine vita sul grande schermo non è mai cosa da poco. Bellocchio ha rischiato molto con questa pellicola, essenzialmente per tre ragioni: ha portato in campo una vicenda conosciuta e da molti già vissuta in maniera estenuante come la vicenda Englaro a ben tre anni di distanza, ne ha parlato con la "tecnica" di più vicende intrecciate fra loro e in ultimo lo ha reso un film estremamente di nicchia, rischiando un forse già presagito flop al botteghino. Il gioco però a mio avviso valeva la candela perchè con grande maestria si mettono in scena, con il pretesto dell'imminente morte di Eluana dopo ben 17 anni di calvario, quattro vicende legate da un filo rosso delicatissimo e che ben oltre il semplice ruolo dell'eutanasia, ovvero le questioni: Vi è una buona morte?La morte è processabile? Possiamo davvero decidere fino in fondo da soli della nostra esistenza? Temi scottanti, che in sole due ore scarse non possono trovare un'esplicazione e un chiarimento dotto e calibrato, ma possono solo essere spunti di riflessioni, un invito come sempre a mettere a pesare i piatti della bilancia e a scansarsi da ogni presunzione in merito, perchè il rispetto è sempre alla base di tutto. Un puzzle straordinario di vicende allegoricamente legate fra loro: se da un lato troviamo una bellissima ragazza tossicodipendente che cerca con ogni mezzo la leicità di un suicidio che non riesce a far accadere, dall'altro troviamo l'amore di una madre che ha rinunciato alla sua intera carriera d'attrice per assistere giorno e notte una figlia ventenne che non si risveglierà forse mai più. Bellissimo il messaggio di fondo: c'è chi ha una salute e una vita davanti e non la vuole e c'è chi sta male da secoli e lotta ancora per un secondo di serenità.E ancora...chi ancora vive ma è morto dentro di sè e chi sogna mastodontiche fantasie come una fargalla imprigionato in un scafandro come corpo (per citare l'omonimo film). Chi stabilisce quando è giusto lasciar accadere le cose secondo il corso della natura e quando è giusto intervenire per modificarla, o meglio ancora accellerarla? Molto bella una frase che Servillo pronuncia parlando della moglie allo scadere dei suoi giorni: "Io che ero un fervente ateo non so cosa avrei dato per godere di un solo altro giorno con lei, mentre lei che era la donna più cattolica della terra ha finito col chiedermi di aiutarmi a morire". La sofferenza non ci rende dei o santi, ci rende solo privi di ogni dignità...iAttori superbi, magici, divini...in particolar modo la Huppert e la Sansa, un po' meno la Rohrwacher che in questo film a mia opinioni c'entra come i cavoli a merenda. Unica piccola pecca: non aspettatevi l'altissimo livello registico raggiunto da Bellocchio in VINCERE e non aspettative fiiumi di lacrime o un coinvolgimento emotivo altissimo: la vicenda ruota intorno alla vita di una decina di personaggi e non su un singolo uomo come avveniva ad esempio nel film di Amenabar "Mare dentro". Cala il sipario e dentro in me avanza la convinzione che noi siamo fatti di pura soggettività alla ricerca di un qualcosa o qualcuno che ce la garantisca come oggettiva.
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m.d.c
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domenica 9 settembre 2012
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bella addormentata
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A tratti furente, per altri versi di una pacatezza desolata, vinta eppure inflessibile di fronte alla sofferenza messa in mostra; Bella addormentata è un film senza compressi, affonda nella società italiana di oggi e se ne ritrare, la mette in scena in modo impietoso eppure, pietosamente, lascia intravedere uno spiraglio nell'ipocrisia politica e nelle guerre di religione dato dalla realtà dei contatti umani: padre-figlia, medico-reietta, fratello e fratello. Lo sfascio sociale, la rabbia che si confonde con la follia, la diversità portata fino alle estreme conseguenze sono da sempre temi cari a Bellocchio, ma in Bella addormentata l'autore dei Pugni in Tasca sembra diventato un osservatore ancora più partecipe, se è possibile, delle sofferenze dei suoi personaggi al punto di farle risaltare attraverso quel dramma collettivo che è stato la fine di Eluana Englaro e lo scontro sociale che l'ha preceduta.
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A tratti furente, per altri versi di una pacatezza desolata, vinta eppure inflessibile di fronte alla sofferenza messa in mostra; Bella addormentata è un film senza compressi, affonda nella società italiana di oggi e se ne ritrare, la mette in scena in modo impietoso eppure, pietosamente, lascia intravedere uno spiraglio nell'ipocrisia politica e nelle guerre di religione dato dalla realtà dei contatti umani: padre-figlia, medico-reietta, fratello e fratello. Lo sfascio sociale, la rabbia che si confonde con la follia, la diversità portata fino alle estreme conseguenze sono da sempre temi cari a Bellocchio, ma in Bella addormentata l'autore dei Pugni in Tasca sembra diventato un osservatore ancora più partecipe, se è possibile, delle sofferenze dei suoi personaggi al punto di farle risaltare attraverso quel dramma collettivo che è stato la fine di Eluana Englaro e lo scontro sociale che l'ha preceduta. Le storie che si intrecciano nel plot fanno presa attraverso le contraddizioni che mettono in mostra e le sensazioni tese, sottili eppure congelate nella spirale degli eventi che emergono attraverso le inquadrature e i dialoghi, gli scatti di umore, le prese di coscienza, le rivelazioni lasciate in sospeso. Si può lodare la misuratissima sofferenza del politico Toni Servillo, a cui il copione destina un monologo lancinante, quella della madre attrice Isabelle Huppert, ripiegata su se stessa in una non vita che vorrebbe riscattare quella senza ritorno della figlia in coma, la ribellione del medico Pier Giorgio Bellocchio di fronte alla sofferenza della tossica Maya Sansa(forse la figura più impressionate dell'intero copione, perchè quella meno attuale in senso mediatico), l'incertezza della cattolica Alba Rohrwacher ma il senso generale di Bella addormentata, che sembra confermato dalla sospensione conclusiva, dalla non chiusura in cui affondano le diverse storie, è quello di una messinscena senza scappatoie destinata a mostrare quello che siamo, la fragilità che emerge dietro le facciate del compromesso politico e sociale, spingendo in primo piano le contraddizioni di una umanità che mostra il suo volto e le sue crepe quando viene messa alla prova e gli slogan ideologici e i principi religiosi non sono più un punto fermo. Con il suo passo dolente, le sue lacerazioni, le sue ombre che si addensano sullo spettatore Bella addormentata riesce a scrivere una pagina di valore civile e umano dai tratti universali che neanche l'assenza di premi a Venezia riesce a far passare inosservata. Matteo De Chiara
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mauro.t
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giovedì 27 settembre 2012
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anche aiutare a morire è un atto d'amore
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Attorno al caso di Eluana Englaro si muovono: un senatore Pdl che non vuole votare secondo le indicazioni di partito per un vissuto personale; sua figlia, militante del Movimento per la vita, che si innamora di un ragazzo del fronte opposto; un’attrice che dedica tutte le sue attenzioni alla figlia in coma, viva solo perché attaccata ad una macchina; una tossicodipendente che incontra un medico che le impedisce di suicidarsi. Il messaggio di Bellocchio è semplice ed esplicito: anche aiutare a morire può essere un atto d’amore, proprio come impedire a qualcuno di togliersi la vita, o come occuparsi di un fratello pazzoide. Al contrario, l’accanimento terapeutico non sempre lo è.
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Attorno al caso di Eluana Englaro si muovono: un senatore Pdl che non vuole votare secondo le indicazioni di partito per un vissuto personale; sua figlia, militante del Movimento per la vita, che si innamora di un ragazzo del fronte opposto; un’attrice che dedica tutte le sue attenzioni alla figlia in coma, viva solo perché attaccata ad una macchina; una tossicodipendente che incontra un medico che le impedisce di suicidarsi. Il messaggio di Bellocchio è semplice ed esplicito: anche aiutare a morire può essere un atto d’amore, proprio come impedire a qualcuno di togliersi la vita, o come occuparsi di un fratello pazzoide. Al contrario, l’accanimento terapeutico non sempre lo è. L’attrice è così presa dalla sua missione di “far vivere” la figlia, ormai morta, che trascura chi ha veramente bisogno di lei, ovvero il figlio e il marito. Le storie che si intrecciano sono coerenti con questo messaggio. Non tutto funziona bene nel film, come il colpo di fulmine tra Maria e Roberto, eccessivamente asciutto e poco dialogato, o la storia tra il medico e la tossica, dove appare troppo evidente l’intenzione del regista, ma vi sono alcune perle come: il bagno turco e lo psichiatra dei parlamentari. La battuta migliore del film: “La vita è una condanna a morte, quindi non c’è tempo da perdere”. Strepitosa Maya Sansa, eccellenti come sempre Isabelle Huppert, Toni Servillo e Roberto Herlitzka.
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cineandre
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domenica 30 settembre 2012
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belli addormentati
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Il film di Bellocchio parte subito con una zavorra: il peso delle aspettative, che solo parzialmente riesce a soddisfare.
Di apprezzabile c'è il tentativo di dimostrare che per ogni situazione non c'è una "verità assoluta" che vale per tutti: c'è chi vuole e può essere salvato e c'è chi non vuole alcun salvatore ma solo un "traghettatore" che li aiuti ad approdare a miglior vita. Non ci può essere quindi né imposizione, né condanna. Ci sono solo tante storie, tanti vissuti differenti che portano l'uomo ad avere punti di vista e modi diversi di vivere la vita e la morte.
Nel film questi vissuti emergono a volte in modo un po' grottesco e non sempre chiaro.
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Il film di Bellocchio parte subito con una zavorra: il peso delle aspettative, che solo parzialmente riesce a soddisfare.
Di apprezzabile c'è il tentativo di dimostrare che per ogni situazione non c'è una "verità assoluta" che vale per tutti: c'è chi vuole e può essere salvato e c'è chi non vuole alcun salvatore ma solo un "traghettatore" che li aiuti ad approdare a miglior vita. Non ci può essere quindi né imposizione, né condanna. Ci sono solo tante storie, tanti vissuti differenti che portano l'uomo ad avere punti di vista e modi diversi di vivere la vita e la morte.
Nel film questi vissuti emergono a volte in modo un po' grottesco e non sempre chiaro. La caratterizzazione di alcuni personaggi risulta un po' forzata (come la madre che si ritira dalle scena per seguire la figlia) a tratti banale, oppure incompiuta, non particolarmente approfondita ( come la figlia del senatore).
Il vero peccato origninale del film, però, è la lentezza soporifera. Una lentezza che si avverte pesantamente soprattutto verso la fine.E quando si arriva alla fine, rimane nello spettatore un senso di insoddisfazione. Il chiarimento finale tra il padre ,senatore Pdl, e la figlia presenta un dialogo molto superficiale (più simile alle soap opera) rispetto allo stile generale del film.
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