I temi etici, in particolare quelli inerenti il concepimento e la fine della vita, inevitabilmente disorientano e dividono.
Prima di tutto perché coinvolgono l’intimità di ciascuno, il vissuto personale e la coscienza di ogni individuo di fronte al dolore. Ci costringono a riflettere senza mediazioni sul senso delle nostra vita e sui legami affettivi con le persone che amiamo. L’intimità e la complessità dei temi etici non sono gli unici elementi a renderli argomenti difficili e scottanti, altri fattori, più sociali, li rendono “esplosivi” : per esempio, la strumentalizzazione politica di cui sono oggetto o la semplificazione e la banalizzazione dell’informazione televisiva. Per questi motivi fin dall’annuncio del regista Bellocchio, il più anticonformista dei cineasti italiani, della volontà di realizzare Bella addormentata, maldestramente anticipato dai media come “un film su Eluana Englaro”, si è creato da un lato un clima di grande attesa, dall’altro di forte ostilità da parte di alcune forze politiche e gruppi religiosi.
Anche questa volta il maestro piacentino ha sorpreso e spiazzato tutti realizzando un film straordinario, per nulla scontato, provocatorio e difficile, senza dubbio bellissimo. Un film che pur avendo sullo sfondo la drammatica cronaca dei giorni conclusivi del caso mediatico che nel febbraio del 2009 ha paralizzato il nostro paese non è un film su Eluana Englaro, così come non è un film sull’eutanasia. E’ molto di più. E’ un film che parla del dolore intimo e della disperazione di chi si trova di fronte a una vita-non-vissuta; parla della solitudine e della crisi di coscienza dei familiari, di una società italiana lacerata e isterica. Ma non solo, parla anche di risvegli e di speranza. Bellocchio intreccia quattro storie e una decina di protagonisti. Vicende e persone molto diverse, tutte narcotizzate dalla sofferenza, incapaci di “risvegliarsi” e di rielaborare il proprio dolore. Il regista non giudica nessuno, osserva da vicino e ci accompagna in silenzio, lasciando alla sensibilità e alla coscienza di ciascuno il giudizio etico.
Non è solo Eluana, che peraltro è solamente il filo rosso su cui si dipana il film, la bella addormentata, lo è anche la defunta moglie del senatore di centrodestra Beffardi, la cui morte è stata un trauma che il politico non ha mai superato, causa principale anche dell’incomunicabilità con la figlia Maria, fervente cattolica. Nella veglia per Eluana Maria incrocia tra i manifestanti “rivali” due fratelli, Pipino, affetto da turbe psichiche, e Roberto, di cui si innamorerà, iniziando così il suo percorso interiore di rinascita. Altra bella addormentata è Rosa, il cui stato di coma vegetativo ha sconvolto la vita della sua famiglia, soprattutto della madre, un’attrice famosa che rinuncia
alla vita artistica e sociale rinchiudendosi in casa per pregare sperando nel miracolo.
Bella addormentata si può considerare anche Rossa, una tossicodipendente che tenta ripetutamente il suicidio, trattata con fastidio e disprezzo dai medici ma “salvata” dal dottor Pallido, l’unico in grado di relazionarsi con affetto e rispetto. Nella conferenza stampa della Mostra del Cinema di Venezia, dove il film incredibilmente non è stato premiato pur avendo ricevuto grandi applausi dalla critica, Bellocchio ha dato un’altra possibile interpretazione del titolo : bella addormentata è la coscienza civile del nostro paese, cinico e rassegnato, incapace di uno slancio morale e di un sentire comune, in balia di una telecrazia mediatica (nel film l’invadenza dei notiziari televisivi è ossessiva) e di una classe politica grottesca e tragicomica. Esilarante e cinematograficamente strepitosa è la scena dei senatori, a mollo in sauna come gli antichi romani, che discutono del voto parlamentare in corso. Il senatore-psichiatra (il formidabile Roberto Herlitzka) regala una serie di battute sulla classe politica davvero memorabili.
Come nei suoi precedenti capolavori anche i personaggi di bella addormentata, complessi e folli quanto pieni di umanità, offrono molte chiavi di lettura e spunti di riflessione, riprendendo e rielaborando alcuni dei temi più cari al cineasta emiliano come la conflittualità nei rapporti familiari, il cinismo e l’arroganza del potere, la dissacrazione della religione. Dal punto di vista tecnico il film è straordinario, a partire dalla regia. Le numerosi ambientazioni chiuse e claustrofobiche, spesso teatrali, sono rese in modo eccellente dalla fredda e cupa fotografia di Daniele Ciprì. Di altissimo livello anche il cast di attori, praticamente il meglio dell’attuale cinema italiano (e non solo); su tutti, a mio avviso, il solito impeccabile Toni Servillo, da scuola di recitazione il monologo-confessione del senatore Beffardi. I pregiudizi e le polemiche che ne hanno accompagnato la realizzazione si sono dissolti all’uscita del film nelle sale, riscuotendo giudizi positivi anche dalle istituzioni ecclesiastiche.
Le parole più gradite da Bellocchio, però, sono state quelle di Beppino Englaro : “non è stato facile per me guardare questo film, è stato micidiale ma mi sono emozionato tantissimo… grazie per questa splendida creazione artistica”.
[+] lascia un commento a sergio dal maso »
[ - ] lascia un commento a sergio dal maso »
|