Somewhere |
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Un film di Sofia Coppola.
Con Stephen Dorff, Elle Fanning, Chris Pontius, Simona Ventura, Nino Frassica.
continua»
Drammatico,
durata 98 min.
- USA 2010.
- Medusa
uscita venerdì 3 settembre 2010.
MYMONETRO
Somewhere
valutazione media:
2,92
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Splendido e incostantedi StorytellerFeedback: |
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venerdì 10 settembre 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Francamente non capisco tutto questo parlare del "senso" nell'ultimo film della Coppola. Non aveva senso scriverlo? Produrlo? Girarlo? Forse non è il caso di tutte le persone che l'hanno commentato negativamente, ma ho come l'impressione che il pubblico sia stato addomesticato a sorbire una morale precotta, un "significato alto" e profondo, enunciato con belle parole, che in questo film indubbiamente non c'è: le intenzioni sono chiare, semplici, pulite. È nudità effettiva (attenzione, non pornografia), più che minimalismo. È splendido perché riesce ad avvicinare la situazione emotiva di un ipotetico VIP, un attore, a quella di un qualunque piccolo borghese odierno: senza scopo, senza speranza, solo inerzia. Non per sensibilizzare le masse ignoranti sulla presunta umanità di certe star "trasgressive" e multimilionarie(tendenza fin troppo inflazionata), ma solo per dire: "Ehi, siamo sulla stessa barca, è inutile azzuffarsi". Ë incostante perché, forte proprio della sua omogeneità terra terra, spesso non si capisce dove finisce il film e dove comincia il documentario. Vero, il film non è forse all'altezza di Lost in Translation e la scena del pattinaggio è un po' didascalica, ma di certo non gli manca un perché. Concludo con un appunto: a tutti quelli che hanno biasimato la scelta della Coppola di rappresentare l'Italia come un paesello bigotto, monarchico e telestupido-dipendente - gente, non è superficialità: è semplicemente la nostra Italia, l'Italia che molti di noi contribuiscono ad alimentare, fatta di veline, battute scadenti, informazione disinformata e snobismo pacchiano. In questo senso, anche Richard Kelly scelse una strada simile per Southland Tales, ingaggiando attori di bassa lega e facendo loro credere di averli scritturati per riscattarli. Mentre invece l'obiettivo era trasformarli in icone-trash del mondo (filmico o meno) in cui abitiamo. Purtroppo questi labirinti metafilmici sembrano essere davvero troppo (troppo) complicati per lo spettatore medio cresciuto a pane e Vanzina.
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