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La doppia ora: Filippo Timi e il finto infarto al provino

La Indigo e il suo rapporto con le opere prime.
di Marlen Vazzoler

La doppia ora, esordio italiano poco italiano
Giuseppe Capotondi (56 anni) 1 gennaio 1968, Corinaldo (Italia) - Capricorno. Regista del film La doppia ora.

giovedì 10 settembre 2009 - Incontri

La doppia ora, esordio italiano poco italiano La doppia ora è il terzo film italiano in concorso prodotto da Medusa che uscirà nei cinema dal 9 ottobre in 430 copie. Interpretato da Ksenia Rappoport e Filippo Timi, è il thriller opera prima di Giuseppe Capotondi. Sonia è di Lubiana ed è cameriera in un hotel. Guido è stato poliziotto e ora è custode in una villa fuori città. Guido frequenta da qualche tempo gli speed date ed è lì che incontra Sonia. Basta quel primo incontro perché i due provino un'attrazione reciproca che spinge Guido ad invitare Sonia nella villa in assenza del padrone. Lì i due vengono aggrediti da una banda di ladri che svuota la villa.

Se dovessero fare un remake del vostro film chi vorreste che interpretasse Sonia e Guido?
Giuseppe Capotondi: Per scherzo ci abbiamo pensato a questo sogno, pensavamo a Naomi Watts e Clive Owen.
Ksenia Rappoport: A me Naomi Watts piace molto. [Alla domanda se non ne rimarrebbe ferita da questa sostituzione ha aggiunto]. Oramai sono già così ferita in vita mia...

Tu hai subito pensato a loro due come interpreti del tuo film?
Giuseppe Capotondi: Sì subito, Sonia l'abbiamo trovata con la seconda stesura perché volevamo a tutti i costi lavorare con Ksenia e anche Filippo in prima lettura era lui Guido anche se si faceva pregare...

Filippo Timi: Ero su un altro set... di Bellocchio.
Capotondi: Non veniva agli incontri... poi alla fine è venuto. Ha fatto un provino dove ha fatto finta di farsi venire un attacco di cuore e si sono spaventati tutti quanti.

Ci racconti questo provino?
Filippo Timi: Allora ho fatto quest'audizione in cui ho recitato quattro scene... Io ero piuttosto provato perché era tra il film di Gabriele che avevo appena finito e stavo per andare a fare il film di Marco, quindi uscivo da un nazista ed andavo a fare Mussolini. Avevo proprio voglia della mamma, delle bambine, di guardare Walt Disney, anche se alcune volte ti fa paura però avevo proprio voglia di non pensare a niente. Però sento che dovevo andare a fare questo incontro, non lo conoscevo però mi sono fidato con la mia agente, ci siamo detti 'la Indigo ci prende nelle opere prime, ma vediamo un po' che cosa hanno pensato questi due pionieri'. E quindi sono andato. C'è un dialogo che ho fatto con l'assistente, ad un certo punto io che non ci vedo molto bene, questa qui assomigliava un po' a Monica Bellucci, io la guardo, ad un certo punto penso – Oh mio Dio non è mica Monica Bellucci -. Mi comincia a battere forte il cuore, solo perché è umbra come me, a un certo punto mi sono trovato in difficoltà e invece di bloccare la prova, ho finto un infarto e sono crollato. Sono rimasto un po' fermo fino a quando non si sono preoccupati e poi ho detto – Scherzavo, scherzavo -.

Ci racconti questa vocazione che sembra oramai diventata una sorta di specializzazione di produrre opere prime?
Francesca Cima: L'opera prima ha un'energia, un entusiasmo che un po' ci appassiona e ci diverte costruire. La nostra attenzione rispetto le opere prime che continueremo a fare anche in questo momento è proprio quello di considerarle come dei film io dico 'normali', cerchiamo di dare ad un'esordiente le stesse possibilità che ha un regista con la seconda o terza opera. E questa è una cosa che a volte un po' si sottovaluta, perché si tende a restringere sia dal punto di vista finanziario e soprattutto i tempi di realizzazione, oppure cambiare il cast e fare un po' tutto al risparmio proprio perché è un'opera prima. Invece noi pensiamo che un'esordiente abbia più bisogno di tempo, di risorse, del cast giusto. Ogni film ha le sue esigenze, sicuramente Giuseppe avrebbe voluto di più, poi ci sono i compromessi da accettare. Però credo che questo sia il filo rosso dal punto di vista produttivo del nostro lavoro e la collaborazione con Medusa con cui abbiamo fatto La ragazza del lago, ci ha molto aiutato.

Giampaolo Letta: Prendendo spunto dal film volevo dire anche qualcosa sul cinema italiano in generale visto che se è parlato ieri durante la conferenza stampa di Placido. Io credo che non è vero che non si facciano film sulla realtà di oggi, La doppia ora credo che ne sia un esempio, tra l'altro anche molto originale perché spesso le opere prime sono molto referenziali, in questo caso si è fatto invece un percorso inverso della scrittura e credo che questo sia molto importante. Basta poi vedere i film che sono passati o stanno per essere proiettati qui alla Mostra del Cinema di Venezia per smentire nei fatti questa affermazione.
Il cinema italiano dal punto di vista produttivo e creativo, ripeto La doppia ora ne è un esempio, è vivo e fa' e produce delle cose molto importanti, il rischio che abbiamo è di continuamente auto-flagellarci, auto-criticarci, a volte senza motivo, però vediamo anche la parte positiva. Ci sono nuovi produttori, nuovi sceneggiatori, nuovi autori, nuovi registi oltre ovviamente a registi importanti, grandi autori... anche da questo punto di vista non buttiamoci troppo giù.

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