Anno | 2004 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Gran Bretagna, Italia, Polonia |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Lech Majewski |
Attori | Claudine Spiteri, Chris Nightingale, Barry Chipperfield, Maria Novella Martinoli, Gian Campi Mariarosa Marchiori, Lucrezia Unterholzner, Nedis Tramontin, Roberto Tramontin. |
MYmonetro | 2,44 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 10 febbraio 2014
Girato a Venezia e vincitore del Gran Premio della Giuria al Rome Independent Film Festival, il film è tratto dal romanzo "Metaphysics" di Lech Majewski.
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CONSIGLIATO NÌ
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Gli inglesi Chris e Claudine cercano una "camera con vista" a Venezia, dove amarsi e parlare di Hieronymus Bosch, la passione artistica di Claudine, e vivere il tempo terreno che rimane a lei, malata terminale di un cancro alla gola. Chris registra con una videocamera tutto ciò che accade loro in questo tempo e asseconda il desiderio dell'amata di vivere nello spirito del Giardino delle Delizie, nudi e innamorati, convinti che l'unico paradiso possibile sia quello che possiamo crearci qui.
Il Giardino delle Delizie è considerato il capolavoro e l'opera più ambiziosa di Hieronymus Bosch, mentre non si può scomodare il vocabolo 'capolavoro' per l'opera di Majewski, pur riconoscendone la grande ambizione, per ragioni tanto estetiche che morali.
Trasferendo l'Eden a Venezia, città della bellezza decadente, dove la morte è subito letteratura, cinema, eternità, e immaginando un ingegnere ossessionato dalla simmetria e una sophisticated lady condannata come un'eroina ottocentesca, l'autore va chiaramente alla ricerca di una bellezza che combatta lo spettro della fine che tutto annulla. Claudine, infatti, s'interroga soprattutto sulla destinazione del suo corpo fisico ed è quel corpo, affidato alla videocamera perché ne conservi l'immagine in modo perpetuo e museale, che giustifica l'operazione cinematografica (tratta da un romanzo di Majewski stesso, "Metaphisics").
Tuttavia, nonostante la bellezza dell'attrice e dei luoghi, il film non colpisce là dove insegue l'eleganza oggettiva (che è anzi talvolta stucchevole), ma per lo più dove gioca ad imitare le figure surreali di Bosch. Nell'interpretazione, cioè, anziché nella fotografia. Il rospo sul petto, il pentagramma dipinto sulle natiche, gli amanti dentro la luna di nylon, il bagno nella fontana pubblica, l'uovo che non sta in equilibrio sul capo e si frantuma sul pavimento del bagno, sono scene decisamente più kitsch che chic, ma forse più vicine al senso del trittico fiammingo, che dipinge la spaventosa varietà del mondo.
Tale è, però, il realismo documentaristico nella messa in scena della prossimità della morte, da risultare quasi scabroso e disturbante. Majewski probabilmente lo sa ma invita a sospendere il giudizio, perché nel Giardino delle (sue) Delizie tutto è concesso e nulla è proibito.
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