Titolo originale | Hafid (The Sea) |
Anno | 2002 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Norvegia |
Durata | 109 minuti |
Regia di | Baltasar Kormákur |
Attori | Gunnar Eyjólfsson, Hilmir Snær Guðnason, Hélène De Fougerolles, Kristbjörg Kjeld . |
MYmonetro | 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 7 maggio 2015
In uno sperduto villaggio islandese i vecchi pescatori stanno cedendo il passo alle multinazionali per lo sfruttamento del fondale marino.
CONSIGLIATO SÌ
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Durante la stagione invernale, sull'isola di Capri arriva un attore che cerca di dimenticare una delusione amorosa. In un bar incontra un ragazzo dedito alla bottiglia che comincia a seguirlo in ogni dove: presto le loro solitudini si avvicinano, almeno fino a quando entra in scena una donna, ugualmente delusa dalla vita, che innesca una forte tensione tra i due uomini.
Strano a dirsi, ma l'esordio al cinema di Giuseppe Patroni Griffi, scrittore, drammaturgo e regista teatrale, porta ancora iscritti su di sé i segni della pessima accoglienza riservatagli al Festival di Venezia del 1962. Sfavorevole a quasi tutte le sortite sul grande schermo dell'autore napoletano, negli anni, la critica ha spesso mancato l'appuntamento con una revisione dei vecchi giudizi, specialmente riguardo a questo primo titolo, su cui pesava, allora, una tematica omosessuale neanche troppo velata. In realtà, prima del successo di pubblico di Metti una sera a cena, Patroni Griffi ha già chiaro il mondo poetico in cui vuole muoversi, che è in parte lo stesso della sua letteratura e del suo teatro, un palcoscenico in cui le avanguardie del tempo, l'incipit e la parte ambientata nelle bianche stanze dell'appartamento sembrano tirate vie da un Antonioni in tono minore, si incontrano con un gusto estetizzante in bilico tra D'Annunzio e l'esistenzialismo.
La creazione di una Capri oscura, fotografata all'opposto della cartolina a cui ci ha abituato il cinema italiano, tende a creare una cornice in cui tutto è tagliente, respingente, così com'è inquadrato il rapporto tra i due uomini, estremamente fisico e quasi caricaturale a causa dell'enfatica interpretazione di Umberto Orsini, ma dotato di una vitalità che lo conferma centro di tutto il discorso. In questo, il personaggio di Françoise Prévost, troppo segnato da quella poetica dell'incomunicabilità allora in voga, appare soltanto incidentale, quasi avesse il solo scopo di detonare una passione soffocata e pronta ad esplodere soltanto dopo i titoli di coda.
Cinematograficamente elegante e credibile nella prima parte, esclusi alcuni momenti in cui la letterarietà dei dialoghi sconfina in un simbolismo farsesco, Il mare ha una seconda parte più imprudente, ma di sicura presa drammatica, intellettualismi a parte. In definitiva, un film da salvare e conoscere tanto per la delicatezza di alcuni momenti d'inquietudine esistenziale quanto per il coraggio di mettere in primo piano la nascita di un amore. Ottima la fotografia di Ennio Guarnieri.