Harry Potter e la pietra filosofale

Harry Potter, libro, nasce come fantasy adolescenziale e anche adulto, non come prodotto infantile. Questo film nasce come prodotto per bambini. Anche La Camera dei Segreti e Il Prigioniero di Azkaban, sebbene leggermente più adulti (ma di quelli parlerò presto in altri commenti), sono un prodotto per ragazzi dagli 8 (almeno) ai 14-15 anni. Con il crescere degli attori, il significato si perde, e arrivano l'adulto (ma apprezzabile) Calice di Fuoco e tutta la flotta di film di Yates, i peggiori della serie (sebbene non abbia visto il settimo parte II). Quindi l'errore non è stato quello di far crescere il film in modo sempre più adulto fino a perdere l'atmosfera dei primi 3 capitoli, bensì quello di cominciare la saga in un modo così giovanile, quasi infantile! Ma l'errore si sarebbe potuto apprezzare, se poi i film non fossero diventati progressivamente sempre più cupi, sanguinari e adulti. La colpa forse è della scrittrice, che visto il successo dei film ha deciso di sfidare i registi per vedere come venivano fuori. Sfido la Rowling a dire che gli ultimi film sono più belli. Di sicuro più attinenti ma non più belli. Lo ammetto, non so benissimo cosa pensare di questa saga, ma so come recensirla film per film, e comincio con questo primo capitolo. Definiamolo: più che discreto filmetto per bambini che mostra già da subito un lato oscuro dietro la fiaba-desiderio di ogni undicenne, buon film se preso come un fantasy fuori dagli schemi ma film mediocre se preso come un lavoro che vorrebbe farsi apprezzare sia da pubblico che da critica o, infine, piccolo capolavoro del fantasy atipico che, grazie a questo stesso film, non diventa più atipico e anzi crea degli stereotipi. Diciamo che, benché diverse, tutte e tre queste definizioni io le apprezzo e le condivido, magari sarebbe meglio definire questo film come un avvincente e bellissimo modo di intravedere un mondo fantasy atipico e, però, sotto sotto, cupo, che può e deve essere visto da dei bambini che vedranno nella prima parte della pellicola l'utopia e nella seconda un maturo motivo di inquietudine. Il successo di HP è stato così assolutamente straordinario da creare nuovi stereotipi originali e spettacolari basati sui personaggi della pellicola (e del libro), e se ha commosso e appassionato così tanta gente un motivo ci sarà. Chris Columbus dirige un modesto film fantasy di avventura con idee assolutamente geniali, speciali e poetiche in cui più che la trama risale ed è memorabile la sostanza delle atmosfere. Bella anche la fotografia, la scenografia ed alcune ideucce registiche (come sarebbe il mondo se Columbus avesse diretto tutta la saga?). Ma qua appare un punto a sfavore grande come una casa, anzi, come un castello come Hogwarts! La recitazione. A parte alcuni insegnanti e pochi eletti tra gli alunni (tra i quali, per fortuna, la Watson e, in quantità inferiore, anche Grint), la recitazione è insopportabile, e primo tra tutti per pessima recitazione, che Dio lo benedica, è proprio il nostro protagonista (tra l'altro doppiato da un cane in Italia). Vedere questo film fa anche venire un po' di malinconia nel vedere Harris recitare Silente: era tanto meglio di Gambon...