Titolo originale | The Merry Widow |
Anno | 1934 |
Genere | Commedia |
Produzione | USA |
Durata | 99 minuti |
Regia di | Ernst Lubitsch |
Attori | Edward Everett Horton, Maurice Chevalier, Jeanette MacDonald, Una Merkel . |
Tag | Da vedere 1934 |
MYmonetro | 3,25 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 3 novembre 2023
Lubitsch trova nell'operetta di Lehar un'ottima occasione per lavorare con una coppia di attori già rodata rispettando e contemporaneamente giocando con il copione originale. Ha vinto un premio ai Premi Oscar, In Italia al Box Office La vedova allegra [2] ha incassato 2,3 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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La ricca vedova Sonia decide di lasciare il piccolo regno di Marshovia per raggiungere Parigi. Ciò getta il re nella più profonda delle preoccupazioni. Se la donna dovesse sposarsi all'estero ritirerebbe dalla banca locale tutti i suoi capitali mandando lo Stato in fallimento. Occorre correre ai ripari facendo in modo che l'affascinante sciupa femmine Conte Danilo la seduca e la induca a sposarlo. Lui da buon militare obbedisce ma finisce con l'innamorarsi veramente. Sembrerebbe tutto a posto ma...
Lubitsch trova nell'operetta di Lehar un'ottima occasione per lavorare con una coppia di attori già rodata rispettando e contemporaneamente giocando con il copione originale.
Forse non è uno dei film più considerati nella filmografia di Lubitsch ma questa versione dell'operetta del musicista ungherese si distanzia da quella che lo ha preceduto per una ricerca di stile e una successione di ammiccamenti allo spettatore che dimostrano, ancora una volta, la straordinaria padronanza del mezzo da parte del regista. Ovviamente rispetto a Von Stroheim ha a disposizione il sonoro che fa la differenza ma non è solo questo il motivo di interesse.
La sceneggiatura che Samson Raphaelson ed Ernest Vajda gli mettono a disposizione sfrutta appieno tutte le possibilità che il soggetto offre ma anche la produzione non lesina sui costi. Si veda, a titolo di esempio, la scena di ballo sontuosamente coreografata e si tenga conto che i differenti abiti di Jeanette MacDonald richiesero il lavoro di dodici sarte per quattro mesi.
Lubitsch si avvale di un Maurice Chevalier che sprizza divertimento da tutti i bottoni della divisa che indossa e parla un inglese da francese che finisce con l'essere perfetto per un militare di una piccola nazione dell'Est che sulle carte geografiche si trova soltanto utilizzando una lente d'ingrandimento. In questa storia che vede tutte le donne entrare in fibrillazione quando il Conte Danilo fa la sua apparizione (e non c'è differenza tra fanciulle del popolo e cocotte di Chez Maxim's) le allusioni sessuali non mancano ma sono fonte di situazioni esilaranti. Si veda quella in cui la regina continua a chiedere al consorte (molto più anziano di lei) a che ora tornerà da una riunione. Fuori c'è Danilo che attende di entrare nella sua camera.
Da quel momento prende l'avvio una sequenza che permette a Lubitsch di lasciare, ancora una volta, lo spettatore fuori da una porta ad immaginare cosa può accadere all'interno per poi continuare l'azione in un crescendo di scambi che creano un mix di lucidissima ironia. Alludere senza mai nemmeno sfiorare la volgarità è un suo privilegio che non esita ad esibire. Come quando l'ambasciatore, dopo aver lasciato la propria agenda nelle mani di un valletto, torna indietro per strapparne alcune pagine.
Dove poi si tocca la raffinatezza del tocco (il gioco di parole è voluto) è nella scena in cui assistiamo alle conseguenze della battuta di Sonia "C'è un limite a ogni vedova". Il suo vastissimo guardaroba (che avevamo visto in precedenza sottolineare una svestizione non mostrata) cambia colore dal nero al bianco. Tutto deve trasformarsi. Anche... Chi vedrà il film avrà modo di scoprirlo e gli sarà difficile trattenere se non una risata almeno un sorriso.
Il principe Danilo, famoso dongiovanni, riceve dalle autorità del proprio paese (uno staterello dell'Europa centrale) l'ordine di sposare una bella e ricchissima vedova sua connazionale affinché le cospicue sostanze di quest'ultima non vengano esportate. Equivoci e malintesi fino al prevedibile matrimonio finale.
Come nel lavoro teatrale, si racconta la storia dell’amore del bel principe Danilo di un immaginario piccolo regno per una bella donna di teatro, Sonia. La versione di Lubitsch è meno sentimentale e romantica di quella del libretto, più ironica. Memore delle esperienze con Reinhardt, Lubitsch affida parte del gioco scenico alle composizioni in bianco e nero degli ambienti, con raffinati risultati. [...] Vai alla recensione »