Anno | 2017 |
Genere | Documentario |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Ben Lewis (II) |
MYmonetro | 3,02 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 5 ottobre 2017
La storia dei gloriosi e coloratissimi anni della fondazione della casa discografica dei Beatles, la Apple Corps.
CONSIGLIATO SÌ
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Da non confondersi con la Apple Computers, la Apple Corps fu creata come multimedia company dai Beatles nel 1967 con lo scopo di finanziare progetti creativi nei campi più vari: cinema, elettronica, moda. La sua parabola, compromessa dalla scomparsa improvvisa del manager della band Brian Epstein e poi da un'amministrazione sconsiderata, riflette sotto qualche aspetto anche lo spirito dei tempi: più che un capriccio, un sogno, un «esperimento di capitalismo hippy».
Così lo definisce Peter Coyote, l'attore statunitense dal passato da figlio dei fiori, noto ai più per E.T. e Luna di fiele, che oggi fa da voce narrante al film e da testimone di quell'era. Insomma un'utopia ispirata dalla pittura surreale di Magritte e destinata a finire, come ogni strepitosa festa che si rispetti.
Commissionato da Sky Atlantic Uk al documentarista londinese Ben Lewis, con tono scanzonato e una tecnica mista fatta di foto d'epoca che si rianimano in stereoscopia, animazione che cita sia "Yellow Submarine" che i Monty Python, film e foto d'archivio e numerose interviste realizzate oggi ai tanti impiegati della società - segretarie, contabile, autista, tecnico del suono - il film sintetizza l'avventura irripetibile della società di Savile Road che produsse film come Magical Mistery Tour e scoprì e produsse James Taylor, Mary Hopkin (quella di "Those Were the Days", versione Uk dell'originale russo di Boris Fomin, che contese a "Hey Jude" la pole position in classifica) e i Badfinger di "Without You", portata poi al successo dagli arrangiamenti di Harry Nillson. E che riuscì, tra le altre cose, anche a spendere più di cinquantamila sterline per un banco di registrazione di un sedicente ingegnere elettronico, a finanziare una boutique, diffondere il mantra degli Hare Krishna nel pianeta, sostenere l'avanguardia di Yoko Ono.
Ufficio londinese centro della creatività internazionale, spazio aperto al cambiamento e infine sogno spezzato dalla sua stessa idolatria per la condivisione e mancanza di pragmatismo. Fino all'arrivo di Allen Klein, manager dei The Rolling Stones, a fare da risolutore delle sorti di una band già divisa, e che però che nel giro di pochi anni aveva spostato il confine di ciò che era definito "ascoltabile", sconfinando al tempo stesso in un'eccentricità non più controllabile da un punto di vista finanziario.
Girato senza nessuna approvazione dalla società che attualmente gestisce i diritti d'autore e il catalogo della musica dei Fab Four, svela il rimando del titolo agli Hell's Angels (che poco dopo si resero tristemente famosi in tutto il mondo per i fatti di Altamont) solo nel finale, rivelando, tramite un bizzarro episodio che coinvolge anche i Grateful Dead, l'ambiguità di ingenuità e violenza, pacifismo e psichedelia che innervò quella stagione. Miniera di curiosità e delizie per i beatlesiani - puntuale l'uso dei loro brani, ovviamente non originali, - generica revisione critica sui moventi della controcultura per tutti gli altri.