Titolo originale | Go-ryeong-hwa-ga-jok |
Anno | 2013 |
Genere | Comico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 112 minuti |
Regia di | Hae-sung Song |
Attori | Jin Ji-Hee, Hyo-jin Kong, Hae-il Park, Yuh Jung Youn, Je-mun Yun Byeong-guk Hwang, Kim Hae-gon, Yoon Kyung-Ho, Lee Seung-Joon, Jeon Soo-hwan, Han Yi-jin. |
MYmonetro | 2,87 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 7 febbraio 2014
Tre fratelli ormai adulti tornano a vivere con la madre, in una convivenza tutt'altro che facile.
CONSIGLIATO SÌ
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In-mo è un regista cinematografico che ha perso la sua grande occasione per sfondare: dopo essere stato tradito dalla moglie e dopo che la depressione l'ha portato al limite, arriva una chiamata dalla madre che gli chiede di tornare a casa. Lì ritroverà il fratellastro Han-mo, rozzo e manesco, e la sorella Mi-yun, sempre tra le braccia dell'uomo sbagliato.
Il nucleo familiare è di nuovo il punto focale del cinema sudcoreano: in tempi di crisi e di generazioni che sfuggono sempre più al controllo, la struttura più antica e tradizionale su cui si regge la società torna a essere un porto sicuro, un luogo dove ricomporre i contrasti e ricucire le ferite inflitte dalla vita. L'assunto di Song Hae-sung è chiaro in questo senso. Benché milieu di provenienza e percorso di caduta (e risalita) dei personaggi differiscano enormemente, è la loro ricomposizione in qualità di famiglia a interessare il regista. Anche, o forse soprattutto, perché si tratta di una messinscena, di un non-luogo in cui celare segreti e bugie (in alcuni casi persino il rapporto di parentela tra i personaggi è frutto di una menzogna). La casa dei nostri diviene così una sorta di palcoscenico di guitti, che Song Hae-sung sceglie di immortalare con inquadrature curiose ma discrete, quasi "schiacciando" lateralmente il soggiorno, con la porta di casa (il confine con lo spaventoso mondo esterno) posizionata al centro del frame. Come se si trattasse di un reality sulle miserie di una famiglia dissestata con cui è inevitabile simpatizzare.
Un impianto ideale perché un cast di grandi attori - l'anziana Yoon Yeo-jeong (The Housemaid, The Taste of Money) nei panni della mater familias e Park Hae-il in quelli del regista frustrato - possa regalare gag memorabili e inframmezzarle con momenti di riflessione, che consentano al sottofondo malinconico della vicenda di emergere. Song però non si accontenta, lavorando insistentemente di addizione e continuando a introdurre elementi nuovi - mélo, gangster movie - all'intreccio, uscendo dai binari della commedia. Un'ambizione eccessiva che si tramuta in autolesionismo, ripetendo troppe volte concetti già chiariti (quanto occorre insistere sul tema per capire che il regista è un fallito e un ingrato, che guarda la sua famiglia con disprezzo, mentre il fratellone è un disastro totale ma di buon cuore?).
Dopo quasi due ore permane la sensazione che l'approfondimento dei personaggi non sia andato al di là del bozzetto, fatta eccezione per il ruolo del regista. Boomerang Family è infatti essenzialmente il suo calvario personale, la presa di coscienza del proprio fallimento fino al peggiore dei contrappassi, ossia la mercificazione di un talento inespresso. Senza il più consolatorio degli happy end, ma limitandosi a sfiorare solamente la tragedia, Song Hae-sung sceglie la conclusione più sobria e dimessa per una faccenda che non ha dimostrato sempre di saper condurre con mano sufficientemente sicura.