Exodus: Tales From the Enchanted Kingdom

È arrivata l'ora del fantasy filippino, e il mondo potrebbe non essere più lo stesso. Sponsorizzato dal parco di divertimenti di Manila "Enchanted Kingdom", Exodus si presenta come la produzione a più alto budget mai realizzata nell'arcipelago, con una forte componente di grafica digitale e scenografie fantasmagoriche per gli standard locali.
La città di Bantayan è minacciata dalla sete di conquista di Bagulbol, essere dotato di poteri sovrannaturali in procinto di scatenare il proprio esercito di mostri. L'unica speranza della città rimane Exodus, tormentato guerriero senza patria di straordinaria forza, devoto solo al miglior offerente: il suo compito sarà quello di trovare gli ultimi quattro elementali per poi distruggere Bagulbol ed i suoi proseliti. L'impresa si rivelerà un percorso spirituale che porterà il mercenario a far luce sul proprio oscuro passato.
Questo Signore degli Anelli filippino è un campo minato di copia-incolla e luoghi comuni del filone fantasy, dove l'interesse verso l'accusa di plagio è scongiurata solo da un risultato finale controverso. Effetti grafici da retrobottega, battaglie epiche solo per pochezza, un protagonista dall'ascella importante affiancato da comprimari da capolavoro del trash; un contesto in cui si fa economia persino sui costumi dei centauri risulta però permeato da tangibili atmosfere da fairy tale, oggi rare a vedersi, grazie ad una sensibilità registica capace di restituire allo spettatore adulto ingenuità infantile, e di dare un'anima al trash. L'oggettiva carenza di mezzi, utilizzati peraltro in modo discutibile, fanno di Exodus una bizzarra lezione di cinema al contrario: una di quelle porcherie di cui talvolta capita di innamorarsi. 