Anno | 2020 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Francesca Iandiorio |
MYmonetro | 2,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 19 maggio 2020
Giovane filmmaker affronta il rapporto complicato col cibo e con il corpo raccontandosi attraverso la realizzazione di un film autobiografico.
CONSIGLIATO NÌ
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Francesca ha problemi per quanto riguarda il rapporto con il cibo nonché nella percezione del proprio corpo che vive come qualcosa che teme. Decide allora di realizzare, come film di diploma per la scuola del Centro Sperimentale di Cinematografia che frequenta, un documentario autobiografico in cui, grazie al mezzo di cui conosce le potenzialità, compie un importante lavoro su stessa.
C’è un desiderio dello spettatore di cui Francesca Iandiorio continua a rinviare la soddisfazione: vedere com’è il suo aspetto esteriore.
Ce lo lascia intuire attraverso i disegni che fa di se stessa e quello, molto diverso, che invece realizza il suo fidanzato Dario. Ciò che invece mette molto più in evidenza è la sua interiorità che emerge da una voce che sembra sempre aver paura di disturbare il mondo, dalle domande che si pone sulla disponibilità nei suoi confronti da parte del compagno e da ciò che la sua telecamera inquadra e che poi lei monta nel film. Ci consente così di comprendere come questo suo lavoro sia di fatto un SOS che lancia innanzitutto a se stessa nel tentativo di non farsi sommergere definitivamente dalle sue paure. Assistiamo così a un diario personale che, come molti diari, è fatto di elementi sparsi che solo al termine della lettura consentono la formazione di un quadro complessivo della personalità di chi lo ha scritto. Diventa così particolarmente significativo il rapporto con la madre che mostra una grande disponibilità a farsi riprendere mentre racconta di sé, delle sue aspettative di ragazza, della sua realtà di donna sposata ma anche del fatto che non bisogna rinunciare mai ai propri sogni dandosi per vinti. In quelle inquadrature e in quelle parole scopriamo un atto d’amore nei confronti della figlia che, insieme all’olio buono e alle noci non trattate portate da casa, potrebbe rivelarsi come la migliore terapia la cui ricetta viene scritta con un obiettivo e con la luce che lo attraversa.