FERNALDO DI GIAMMATTEO
La famiglia è di origine irlandese, il padre è un minatore che s'è trasformato in cercatore d'oro. Studia mineralogia e si dedica alla esplorazione delle terre artiche. Nel 1913 prende con sé una macchina da presa e gira 10 mila metri di pellicola che un incendio distruggerà. Nel 1920 si organizza meglio. Ottiene un finanziamento di 50 mila dollari dai pellicciai parigini Revillon Fréres e parte per il grande Nord. Ci resterà due anni, per documentare - è il primo, vero e ampio documentario della storia del cinema - la vita di una famiglia di esquimesi, fra i rigori dell'inverno e le spaventose difficoltà del vitto. Il risultato - Nanuk l'eschimese (Nanook of the North, 1922) - è stupefacente: la durezza della esistenza randagia fra i ghiacci esce intatta e drammatica dalle immagini, quasi fosse una oggettiva radiografia. Flaherty è salutato come l'inventore di un genere e di una ricerca che si diffonderanno assai nei decenni successivi. Per il momento, riceve dalla Paramount l'incarico di spostarsi nel Pacifico per un altro documentario, sulla vita degli isolani di Samoa. Ha con sé grandi mezzi, ma l'ambiente lo ispira meno, e Moana (1926) si rivela più fiacco del necessario.
L'industria del cinema cattura Flaherty per una co-regia, accanto a William S. Van Dyke, di un melodramma esotico ( Ombre bianche, 1927), ma la rottura è quasi immediata. Più lungo e complicato è, invece, il rapporto tra Flaherty e Friedrich W. Murnau, che partono per un'isola dei mari del Sud alla ricerca degli antichi costumi. I due non s'intendono. Murnau pensa a una storia drammatica, non a un documentario. Sarà lui a portare a termine Tabu (1931). Per parte sua, Flaherty emigra in Gran Bretagna, dove lavora con John Grierson e poco dopo gira quello che è considerato il suo capolavoro, L'uomo di Aran (1932), resoconto della vita d'una famiglia relegata su un'isola al largo della costa occidentale irlandese (un padre pescatore, una madre, un ragazzo): ogni gesto, ogni ambiente, ogni disastro (una tempesta distrugge la barca) sono colti con paziente esattezza. Che si ritroverà anche, ma «ammorbidita» da una simpatia troppo evidente per i personaggi, in Louisiana Story (1948), premio internazionale a Venezia. Il film è, appunto, solo simpatico, non rivelatore.
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995