Fabrizio Gifuni è un attore italiano, voce narrante, è nato il 16 luglio 1966 a Roma (Italia). Al cinema il 26 settembre 2024 con il film Il tempo che ci vuole. Fabrizio Gifuni ha oggi 58 anni ed è del segno zodiacale Cancro.
Un altro ruolo impegnato per Fabrizio Gifuni, che sarà in tv come papa Montini. In una fiction che, però, sembrava non fosse piaciuta a Ratzinger: «Invece mi ha fatto i complimenti» replica lui. E, intanto, svela di voler voltare pagina.
Fabrizio Gifuni è un attore talmente serio, preparato e impegnato che, azzardiamo, forse non ne può più di esserlo. Nessuno ricorda mai che l'attore di La meglio gioventù, in questi giorni nelle sale con Galantuomini di Edoardo Winspeare, esordì al cinema interpretando un padovano abbastanza idiota in La bruttina stagionata. Un ritorno al passato lo divertirebbe? «Magari! In questo momento metterei una commedia davanti a tutto. Ho potuto farne una, ma poi solo ruoli drammatici» dice, presentando Paolo VI, film diretto da Fabrizio Costa, prodotto da Lux Vide e Rai Fiction, che ha interpretato per RaiUno.
Gifuni, romano, 42 anni, insiste: «Chi mi conosce sa che sono un buffone dalla mattina alla sera. Sono assediato da amici che dicono: "Non è possibile che proprio a te non propongano film comici"». Sarà, ma intanto si prepara a portare in scena, il 4 dicembre al teatro Ciak di Milano, I kiss your hands, uno spettacolo tratto dalle lettere di Mozart, accanto a sua moglie Sonia Bergamasco. E, sempre per il teatro, l'abbiamo visto alle prese con Pier Paolo Pasolini (`Na specie de cadavere lunghissimo).
Certo, se continua così, addio commedia.
«Ma le lettere di Mozart sono divertenti e sboccate, tutti sanno che parla di cacca, culi e caccole. Un misto di linguaggio triviale e pensieri profondi. E canto pure…».
Un progetto di nicchia, all'opposto di papa Montini. Fu il papa del dubbio: è stato difficile interpretarlo?
«Montini non è stato un papa dubbioso nel senso amletico del termine, bensì un papa complesso. Ho accettato di interpretarlo perché Giovanni Battista Montini è stato come rimosso dall'immaginario collettivo, nonostante il suo pontificato abbia coinciso con gli anni cruciali della storia d'Italia: fra il 1963 e il 1978 il Paese è cambiato completamente».
Però non fu un papa «mediatico» come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
«L'idea che mi sono fatto è che a lui non interessasse proprio né essere simpatico né essere popolare».
Un carattere alla Nanni Moretti.
«Non lo direi mai. Era un mistico ma anche un intellettuale che, a Parigi, aveva frequentato i filosofi francesi. Avere in sé queste due anime è inusuale: quando hai una struttura razionale molto forte, è difficile sviluppare anche un grande misticismo. Questa sua peculiarità non gli consentiva mai di prendere una posizione "comoda" di fronte ai grandi avvenimenti che, in quegli anni, trasformavano il Paese: il divorzio, l'aborto, il sequestro Moro».
Dicono però che Benedetto XVI non abbia apprezzato molto il suo Paolo VI: troppo «rivoluzionario» lui, troppo «italiana» e centrata sull'antifascismo la fiction…
«Veramente, dopo avere visto il film in anteprima, il Papa a me e al regista ha fatto i complimenti. Paolo VI, poi, era antifascista, la cosa è storicamente documentata. E comunque questo aspetto era trattato soprattutto nelle prima parte della fiction, che in Vaticano non è stata neanche vista».
Anche questo progetto ha a che fare con la storia e la politica, come La meglio gioventù e De Gasperi. Questi ruoli se li cerca o è un caso?
«Le cose capitano, ma un po' te le scegli. Questo Paese non ha mai fatto davvero i conti col passato. Si discute su qualsiasi cosa, ancora parliamo di fascismo e antifascismo, possibile? Ancora non siamo d'accordo su cosa sia stata la P2, se un club di gentiluomini filoatlantici o un fenomeno eversivo tra i più pericolosi. Cinema e teatro non possono sostituirsi ai luoghi deputati alla discussione, però possono arrivare emotivamente al cuore».
Per lei, la politica era di casa: suo padre, Gaetano Gifuni, è stato funzionario del Senato e, dal 1992 al 2006, segretario generale della presidenza della Repubblica.
«Di comune accordo, abbiamo tenuto separate le nostre strade, perché sapevamo che c'era intorno noi una forte curiosità mediatica. Soprattutto agli inizi. Ma vedo che la domandina scappa sempre».
Abbia pazienza, ma si può supporre che alcuni anni lei li abbia vissuti da un osservatorio privilegiato…
«Certo, a casa mia si è sempre parlato molto di storia e di politica. Erano argomenti che facevano parte della nostra educazione».
Torniamo al cinema. Un bel cinepanettone lo farebbe?
«Proprio un cinepanettone?».
E il professore in un film generazionale?
«Ma non si potrebbe fare qualcosa come 7l gusto degli altri di Agnès Jaoui?».
Lei è proprio un attore engagé.
«In Italia, quando dimostri un minimo di capacità di pensiero, ti dicono che sei engagé e ti danno del rompiscatole. Meglio un attore pupazzo, manovrabile. Fra i pochi meriti di questa generazione d'attori ce n'è uno: siamo abbastanza pensanti».
Allora un Vanzina lo farebbe.
«Sì. Anche Gian Maria Volonté, quando recitò in Tre colonne in cronaca, disse che, su dove mettere la macchina da presa, i fratelli Vanzina avevano più idee di tanti altri. Però, certo, quella non era una commedia».
Da Il Venerdì di Repubblica, 27 Novembre 2008
Terminati gli studi all'Accademia Nazionale d'Arte drammatica "Silvio D'Amico", debutta in teatro nel 1993, nel ruolo di Oreste, nell'Elettra di Euripide per la regia di Massimo Castri, che lo dirigerà ancora, negli anni a seguire, nella Trilogia della villeggiatura di Goldoni. È ideatore e interprete degli spettacoli ‘Na specie de cadavere lunghissimo (da P.P.Pasolini e G.Somalvico), con la regia di Giuseppe Bertolucci (2004), per il quale ottiene il premio Hystrio e il Golden Graal, e L’ingegner Gadda va alla guerra. Del 2006 è lo spettacolo I kiss your hands, catalogo semiserio delle lettere di Mozart, che lo vede accanto a Sonia Bergamasco e ai musicisti Rea, Marcotulli, Damiani e Trovesi. Nel 2008 è in scena con Non fate troppi pettegolezzi (drammaturgia originale per voce e pianoforte, dedicata a Cesare Pavese). Nel 1996 il suo primo lavoro cinematografico, La bruttina stagionata di Anna Di Francisca. Fra i suoi film Vite in sospeso di Marco Turco, Così ridevano di Gianni Amelio (Leone d'oro al Festival di Venezia 1998), Un amore e Qui non è il paradiso di Gianluca Tavarelli, Il partigiano Johnny di Guido Chiesa, Hannibal di Ridley Scott, L'amore probabilmente di Giuseppe Bertolucci, L'inverno di Nina Di Majo, La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, De Gasperi di Liliana Cavani, Sole negli occhi e Il dolce e l’amaro di Andrea Porporati, Signorina effe di Wilma Labate e La ragazza del lago di Andrea Molaioli.
Nel 2008 è protagonista del film Galantuomini di Edoardo Winspeare (Festival di Roma) e di Paolo VI, un Papa nella tempesta, film in due parti per la Rai. ‘Rivelazione europea’ al Festival di Berlino, nel 2002. Nello stesso anno riceve il “Globo d'oro della stampa estera” e il “Premio De Sica” per la stagione cinematografica. Nel 2004 ottiene il “Nastro d’argento” come attore protagonista per il film La meglio gioventù. Del 2005 sono i premi Flaiano, Ischia e Rodolfo Valentino per l’interpretazione di Alcide De Gasperi.