Midnight in Paris |
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Un film di Woody Allen.
Con Owen Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, Nina Arianda, Kurt Fuller.
continua»
Commedia,
durata 94 min.
- USA, Spagna 2011.
- Medusa
uscita venerdì 2 dicembre 2011.
MYMONETRO
Midnight in Paris
valutazione media:
3,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il futuro sarà un eterno passato? - recensionedi Antonio MontefalconeFeedback: 23296 | altri commenti e recensioni di Antonio Montefalcone |
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lunedì 5 dicembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’ultimo film di Allen è un atto d’amore a Parigi e a tutte le Arti. Parigi, infatti, è ricostruita su suggestioni letterarie, musicali, cinematografiche e sui ricordi dello stesso autore. Questo fascino rende ancora più incantevole la pellicola, trasformandola in una favola lieve e godibile. Un dolce sogno fatto da Proust, l’unico personaggio che manca tra quelli della cultura del ‘900 e ’800 che si vedono nel film. L’opera, però, è anche una riflessione sulla Storia, sul Tempo, sulla Memoria. Gil, il protagonista, sogna il grande romanzo e vagheggia sulla Parigi dei tempi d’oro. Come per magia le sue fantasie diverranno realtà e ad ogni mezzanotte si ritroverà catapultato nella Parigi anni ’20 e sempre più indietro. Tra bistrò, salotti e circoli letterari dialogherà con Hemingway, Stein, Buñuel, Dalì, Picasso e tanti altri leggendari scrittori, pittori, musicisti. L’opera non si preoccupa della sua irriverenza, ma diverte e fa riflettere con ironia e intelligenza culturale. Guardandola vengono in mente altri film interpretati o diretti da Allen. Ad esempio “Radio days”, per la nostalgia di un passato più ingenuo e vivace, per la schiera di figure famose in una vita immaginaria, e l’ammucchiata di divagazioni e notazioni curiose su arte, vita e filosofia. E poi “Provaci ancora Sam” o “La rosa purpurea del Cairo”. In entrambi si giocava con gag e battute e si rompevano i confini realtà-finzione, spazio-tempo. I protagonisti fuggivano il loro deludente mondo per rifugiarsi in altre dimensioni, vere alternative al grigiore esistenziale e sollievo alle proprie infelicità. In “Midnight in Paris” il regista va oltre e trasmette un senso più maturo del rapporto sogno-realtà. Se ogni epoca pensa che un’altra sia migliore della propria, si illude; perché ognuna ha il suo mondo e l’ideale, fantasticato, esiste solo per essere desiderato. In una Parigi, simbolo di libertà culturale, Allen si sente libero di giocare con i personaggi storici e Gil si libererà da ogni venerazione e idealizzazione sul passato: lo si vuol conoscere e conservare, ma al tempo stesso anche liberarsene. Nelle location e atmosfere dei tempi che furono assaporiamo forme diverse dalla vita di oggi, ma anche la loro malinconica, immutata e identica sostanza, che poi è il vero senso del film: l’uomo è incapace di vivere e godere il proprio presente e il proprio essere. Ha una difficoltà nell’affrontare la complessità dell’esistenza e della propria identità. La nostalgia del presunto bello in altri tempi e spazi, si rivela come un’altra invenzione della mente umana nel soffocare questa sua incapacità e sofferente infelicità. Un desiderio di fuga dalla propria insopportabile limitatezza. L’inevitabile sognare, fantasticare, compensa mancanze, ma rischia anche di alimentarne altre. Se i sogni restassero trappole fini a se stesse e noi loro prigionieri, non si eliminerà nemmeno di poco quel disagio originario. Bisogna invece riuscire ad applicarli a strumento di crescita, trovando in loro il modo migliore per affrontare il problematico rapporto che abbiamo col vivere: ad esempio accettandosi per come si è, accettando limiti e imperfezioni umane, e forse, persino l’infelicità e il rimpianto. Il film sembra suggerirci che, solo se imparassimo ad usare questi ultimi e i sogni come mezzi terapeutici, e non come ingannevoli vie di fuga, forse, vivremo un po’ meglio il nostro tempo. E finalmente, impareremo a credere ad un oggi migliore di uno ieri, e non più al suo contrario...
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