maria giorgia
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giovedì 8 dicembre 2011
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opera dolce, romantica e sottile
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Gil è uno sceneggiatore hollywoodiano, ma aspirante scrittore, fidanzato (intrappolato?) con una ragazza viziata, Inez, ed è sul punto di sposarla. La coppia è in vacanza a Parigi, con i genitori di lei, americani ultraconservatori e ficcanaso. Durante il loro soggiorno, si imbattono casualmente in una coppia di amici di Inez, lui pedante tuttologo, lei scialba e silenziosa, con la quale trascorreranno del tempo assieme. Una sera, rimasto solo, Gil inizia a vagare per la VilleLumière, fantasticando su come sarebbe meraviglioso tornare indietro nel tempo e vivere nell’età d’oro, nei ruggenti anni ’20 fatti di jazz, proibizionismo, night club e artisti.
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Gil è uno sceneggiatore hollywoodiano, ma aspirante scrittore, fidanzato (intrappolato?) con una ragazza viziata, Inez, ed è sul punto di sposarla. La coppia è in vacanza a Parigi, con i genitori di lei, americani ultraconservatori e ficcanaso. Durante il loro soggiorno, si imbattono casualmente in una coppia di amici di Inez, lui pedante tuttologo, lei scialba e silenziosa, con la quale trascorreranno del tempo assieme. Una sera, rimasto solo, Gil inizia a vagare per la VilleLumière, fantasticando su come sarebbe meraviglioso tornare indietro nel tempo e vivere nell’età d’oro, nei ruggenti anni ’20 fatti di jazz, proibizionismo, night club e artisti. E il sogno si avvera. Allo scoccare della mezzanotte un’auto d’epoca lo conduce in un altro mondo. È lì che conoscerà Hemingway, Zelda e Francis Scott Fitzgerald, Picasso, Dalì, Gertrude Stein, Luis Buñel e la seducente Adriana, una groupie dell’epoca dalla quale rimarrà fulminato.
Che Woody Allen ami Parigi lo si intuisce dall’incipit della pellicola, accompagnata dalle note di Si tu vois ma mère che danno il Bienvenue al pubblico. È un’opera dolce, romantica e sottile, supportata da una scarica di frecciatine tipiche del cinema alleniano (“ha ragione mio padre a dire che sei comunista perché difendi sempre la schiavitù”). Con zuccherina ironia, Allen conduce a passi di charleston la vicenda di un uomo disilluso del presente, ma nostalgico di un passato che vorrebbe vivere. E perché non farlo con la fantasia e il sogno? In fondo è quello che resta all’uomo, se non ci fosse la fantasia e la meraviglia che ne consegue, si vivrebbe in un mondo grigio e senza speranza. Gil è una cenerentola del 2011, ma a differenza della fiaba popolare, l’incantesimo non svanisce, ma si accende proprio a mezzanotte, assieme alle calde atmosfere di una Parigi illuminata e brulicante di arte e cultura, bistrot e fiumi di champagne.
Owen Wilson è stupefacente nei panni di Woody. Sfoggia una mimica sorprendente, cattura l’attenzione con i suoi occhi sgranati e perplessi, con il suo concitato entusiasmo e la sua carica romantica. Spesso viene ricordato per ruoli banali o demenziali, ma in questo film ha dato prova di essere davvero un bravo attore.
Dunque, Allen regala al pubblico un’incantevole opera avvolta da una deliziosa colonna sonora. E il messaggio è sotto gli occhi di tutti: l’uomo ha la convinzione che se si fosse vissuto in un’epoca differente si sarebbe trovata la fonte della felicità. Ma in fondo, la felicità la si può scorgere nelle piccole cose, come nell’incontro con un’altra persona, magari su un ponte durante una notte piovosa. Poi se questo accade a Parigi, tutto diventa magico ed eterno.
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[+] ciao maria giorgia
(di overnewsmagazine.com)
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andrea d
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sabato 10 dicembre 2011
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l'età d'oro di allen non è finita
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New York, Parigi e Venezia. Queste le tre città in cui Allen ha detto di poter vivere (e non a caso quelle in cui ha ambientato il suo musical Tutti dicono I love you). Non la grigia Londra che, dopo averlo ospitato l'ultima volta con Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, aveva dimostrato di non essere l'habitat adatto di un regista fin troppo emotivo. Magari Midnight in Paris servirà pure a sfatare il mito di Match Point, pellicola ben costruita ma fredda (anche i thriller più spietati possono essere "caldi", e Crimini e Misfatti dello stesso Woody, oltretutto molto simile a Match Point, ne è l'esempio). Il film parigino comincia infatti con una sinfonia di immagini e musica che richiama l'inizio di Manhattan, una dichiarazione d'amore alla città che va chiarita da subito, per poter poi passare alla storia di Gil, sceneggiatore californiano insoddisfatto dei suoi lavori e desideroso di scrivere un romanzo.
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New York, Parigi e Venezia. Queste le tre città in cui Allen ha detto di poter vivere (e non a caso quelle in cui ha ambientato il suo musical Tutti dicono I love you). Non la grigia Londra che, dopo averlo ospitato l'ultima volta con Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, aveva dimostrato di non essere l'habitat adatto di un regista fin troppo emotivo. Magari Midnight in Paris servirà pure a sfatare il mito di Match Point, pellicola ben costruita ma fredda (anche i thriller più spietati possono essere "caldi", e Crimini e Misfatti dello stesso Woody, oltretutto molto simile a Match Point, ne è l'esempio). Il film parigino comincia infatti con una sinfonia di immagini e musica che richiama l'inizio di Manhattan, una dichiarazione d'amore alla città che va chiarita da subito, per poter poi passare alla storia di Gil, sceneggiatore californiano insoddisfatto dei suoi lavori e desideroso di scrivere un romanzo. La sensibilità di Gil lo fa essere un costante sognatore, e il fatto di trovarsi in una città-opera d'arte, come lui stesso dice, non può che portarlo ancora più lontano da un presente segnato da una fidanzata attraente ma antipatica, con al seguito un padre conservatore. Sia il personaggio del padre che quello dello pseudo-intellettuale di cui la ragazza si infatuerà rappresentano due approcci poco sinceri al concetto di "conservazione" del passato: quello del padre, un approccio reazionario; quello dello pseudo-intellettuale, un approccio retorico e impressionistico. Gil ama il passato perché invece non si trova bene nel presente, e perciò vorrebbe vivere negli anni '20 lì a Parigi. E così, appena la campana di Mont-Matre suona la mezzanotte, un'auto d'epoca passa a prenderlo, e viene catapultato proprio in quello stupendo mondo in cui Fitzgerald, Hemingway, Picasso, Cole Porter, Bunuel e Dalì lo salutano e gli parlano come ad un amico. Un sogno incredibile, di ognuno di noi, quello di incontrare i nostri miti, i nostri maestri, vederli parlare tra di loro, scoprirli umani e persino avere un loro giudizio sul proprio lavoro (proprio come Allen fece con grandi scrittori quando erano vivi). Il cinema può fare tutto questo, e Allen lo sa, tornando a quel suo filone "magico" che ha il massimo esponente ne La Rosa Purpurea del Cairo, e lo fa anche grazie alla fotografia del grande Darius Khondji, che si ingiallisce come una foto d'epoca per gli anni '20 e va sul rosso quando si finisce nell'Ottocento. A voler andare nella Belle Epoque è Adriana, di cui Gil si innamora follemente (ma attenzione, non è che disdegni la ragazza. Allen non ha una fissazione monogama). Adriana, come Gil, rimpiange il passato e odia il presente, ma il suo presente sono proprio gli anni '20 adorati da Gil. E anche gli abitanti della Belle Epoque si scoprirà essere dei nostalgici del Rinascimento. Come se ogni periodo invidiasse quello precedente e non ci fosse una vera e propria epoca d'oro. Sarà infatti una terza donna, una parigina del presente, a dare una speranza a Gil, a fargli trovare un compromesso tra l'amore sconfinato per i grandi che ci hanno preceduto e da cui possiamo ricavare tanto, e un occhio positivo verso non il futuro, ma almeno quello che il presente può offrirci. E infatti non si può pretendere come fanno molti che un regista, e prima di tutto una persona, non cambi, non maturi. Non si può impedire che il tempo scorra, e rifiutare l'idea che quello che accade adesso possa ancora sorprenderci. Midnight in Paris ne è la prova evidente.
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marco michielis
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sabato 3 dicembre 2011
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e' parigi la città che tutti vorremmo?
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Parigi, dopo mezzanotte, è magica. Capita così che uno scrittore esordiente, in cerca d'ispirazione, incontri i suoi idoli letterari, e non solo: Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso e chi più ne ha più ne metta. Sembra impossibile, pare una semplice ubriacatura, eppure è effettivamente così; ogni notte, allo scoccare del nuovo giorno, il prodigio si ripete e Gil ha l'opportunità di far leggere il suo romanzo a Gertrude Stein, nonchè di conoscere Adriana, ragazza che proviene dal favoloso mondo degli anni '20 parigini e che farà perdere la testa al giovane autore. In mezzo e a causa di tutti questi incredibili avvenimenti, Gil si renderà conto di non amare Inez, la sua noiossissima promessa sposa, ma Parigi è piena di sorprese e il vero amore non è mai quello che sembra.
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Parigi, dopo mezzanotte, è magica. Capita così che uno scrittore esordiente, in cerca d'ispirazione, incontri i suoi idoli letterari, e non solo: Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso e chi più ne ha più ne metta. Sembra impossibile, pare una semplice ubriacatura, eppure è effettivamente così; ogni notte, allo scoccare del nuovo giorno, il prodigio si ripete e Gil ha l'opportunità di far leggere il suo romanzo a Gertrude Stein, nonchè di conoscere Adriana, ragazza che proviene dal favoloso mondo degli anni '20 parigini e che farà perdere la testa al giovane autore. In mezzo e a causa di tutti questi incredibili avvenimenti, Gil si renderà conto di non amare Inez, la sua noiossissima promessa sposa, ma Parigi è piena di sorprese e il vero amore non è mai quello che sembra...
"Midnight in Paris", nella filmografia alleniana, si colloca in una posizione di pur lieve rottura rispetto alle sue recenti opere, segnando non tanto una svolta nella carriera dell'anziano regista, quanto un recupero di alcune tematiche e caratteristiche proprie delle sue pellicole storiche, quali "Io e Annie" e "Manhattan", ad esempio. L'amore e l'affetto quasi viscerali nei confronti di una città, Parigi, in cui la nostalgia di Gil, ennesimo alter ego di Woody (ben interpretato da Owen Wilson, con la giusta dose di eccentricità), per un'epoca che non ha mai vissuto può trovare libero sfogo grazie a degli incontri impossibili che solo la magia del cinema può regalarci e che il regista newyorkese ha il merito di rendere credibili, sospendendoli con sapienza tra sogno e realtà. E tra sogno e realtà si colloca, in fondo, anche la scelta che Gil è chiamato a compiere, una volta che si sarà reso conto che in ogni epoca storica qualcuno rimpiange un periodo che non ha mai vissuto, credendo erroneamente che possa regarargli maggiori soddisfazioni di quello a lui contemporaneo. La via, come sempre, ce la indica il buon vecchio Woody: in un presente che ci pare scomodo e a noi ostile, bisogna sì guardare ad un passato che immaginiamo come illustre e fantastico, ma solo in funzione del nostro tempo, dato che non ci è permesso (o forse sì?) tornare indietro e che comunque, nel nostro mondo, si possono ancora trovare persone ed ambienti che, per usare una fortunata espressione di Kerouac, ci sanno regalare l'estasi di cui la nostra anima necessita. E che anche un'apparentemente banale camminata sotto la pioggia può risvegliare in noi.
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antonello chichiricco
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mercoledì 4 gennaio 2012
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la magica zucca di woodie
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Degno dei migliori autori di fantasy il Woodie di Midnight in Paris. Il film si dispone con estrema naturalezza in un’atemporalità circolare che puntuale alla mezzanotte consente, come nelle fiabe ma solo a chi ci crede, di salire sulla macchina del tempo - nel nostro caso una splendida zucca-berlina, ruote a raggi, con tanto di chauffeur in livrea e sbuffo di fumo alla partenza - di tornare a quando “la frutta era migliore di oggi e c’erano ancora le stagioni”, stagioni nel nostro caso culturali, artisticamente più dense e feconde del nostro difficile inizio di XXI secolo.
La morale della gustosa pellicola contrasta questi illusori stereotipi che “l’Epoca del vicino sia quella migliore”.
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Degno dei migliori autori di fantasy il Woodie di Midnight in Paris. Il film si dispone con estrema naturalezza in un’atemporalità circolare che puntuale alla mezzanotte consente, come nelle fiabe ma solo a chi ci crede, di salire sulla macchina del tempo - nel nostro caso una splendida zucca-berlina, ruote a raggi, con tanto di chauffeur in livrea e sbuffo di fumo alla partenza - di tornare a quando “la frutta era migliore di oggi e c’erano ancora le stagioni”, stagioni nel nostro caso culturali, artisticamente più dense e feconde del nostro difficile inizio di XXI secolo.
La morale della gustosa pellicola contrasta questi illusori stereotipi che “l’Epoca del vicino sia quella migliore”. L’antico sempre attuale “Mala tempora currunt” è indubbiamente lamentevole vizio o conforto di chi - da dentro le cose che in quel momento vive, magari paventando l’ “atque peiora premunt” (l’arrivo di tempi ancora peggiori) - sogna di ritornare in un precedente e più felice periodo storico. Anche se oggigiorno, con la crisi mondiale apparentemente irreversibile, per la prima volta la Storia ci sta dimostrando che forse è anche un po’ vero, nostalgie a parte, che il “meglio è passato”…
Insieme alla discreta presenza saggio-nevrotica alleniana ritorna, con tocco romantico un po’ magico e surreale, il tema delle dimensioni parallele già felicemente sviluppato con La rosa purpurea del Cairo. Ottima la recitazione di tutti gli attori indistintamente, e bellissime le scene, nonché la curata attenta fotografia specchio indubbio dell’amore che Allen nutre per la "sua" Parigi. Vedremo quest’estate nel suo prossimo Nero Fiddled, libera rivisitazione da racconti del Boccaccio, quale sarà invece la "sua" Roma. Intanto gustiamoci questa azzeccata sua opera ultima che come ai “vecchi tempi” mette d’accordo finalmente critica e pubblico (incassi da record al botteghino).
Antonello Chichiricco
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iron beatrix
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giovedì 19 luglio 2012
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parigi di notte,capitale di artisti e nostalgia.
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'Midnight in Paris' è la storia di Gil, uno sceneggiatore californiano in viaggio a Parigi con la futura moglie. È la storia di un aspirante scrittore intrappolato in un lavoro remunerativo ma che non ama e in una relazione per lui castrante. È la storia di tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno provato il desiderio nostalgico di vivere in un'epoca passata, maledicendosi per essere nati troppo tardi, in un mondo inadatto, opprimente in quanto presente. Il sogno di Gil è quello di tornare indietro nel tempo alla Parigi degli anni '20 animata da tutti i suoi scrittori, pittori, scultori, con le sue muse meravigliose, il charleston e i salottini densi di fumo, di carta e di idee. E così Gil inizia un viaggio nello spazio-tempo e dentro se stesso, dove a bordo di una macchina d'epoca entra nei meandri della Parigi che tanto agognava, scambiando battute con personaggi del calibro di Hemingway, Picasso, Dalì, i Fitzgerald, Bùnuel, per lo stupore continuo dello spettatore che non sa più chi altro aspettarsi.
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'Midnight in Paris' è la storia di Gil, uno sceneggiatore californiano in viaggio a Parigi con la futura moglie. È la storia di un aspirante scrittore intrappolato in un lavoro remunerativo ma che non ama e in una relazione per lui castrante. È la storia di tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno provato il desiderio nostalgico di vivere in un'epoca passata, maledicendosi per essere nati troppo tardi, in un mondo inadatto, opprimente in quanto presente. Il sogno di Gil è quello di tornare indietro nel tempo alla Parigi degli anni '20 animata da tutti i suoi scrittori, pittori, scultori, con le sue muse meravigliose, il charleston e i salottini densi di fumo, di carta e di idee. E così Gil inizia un viaggio nello spazio-tempo e dentro se stesso, dove a bordo di una macchina d'epoca entra nei meandri della Parigi che tanto agognava, scambiando battute con personaggi del calibro di Hemingway, Picasso, Dalì, i Fitzgerald, Bùnuel, per lo stupore continuo dello spettatore che non sa più chi altro aspettarsi.
Woody Allen cura ogni minimo dettaglio di questa storia e ha la capacità di far amare Parigi anche a chi non la conosce abbastanza. Attraverso il personaggio di Gil, un Owen Wilson finalmente sganciato dal ruolo comico 'spalla di Ben Stiller', il regista parla alla parte più intima e nostalgica di tutti quelli che almeno in un periodo della loro vita, sono stati intrappolati nel mito dell'epoca d'oro. Voler vivere nel passato è un inganno che la nostra mente ordisce quando siamo stanchi di questa vita e troppo poco volenterosi per cambiarla, è un oppio infallibile per anestetizzarsi dal vivere: a ogni boccata la vera esistenza si offusca ammantandosi di nostalgia.
L'affascinante Adriana, di cui il piacente Gil non poteva non innamorarsi, ci insegna che ogni epoca è frenetica per chi la vive, insostenibile, sterile e che qualsiasi mente ha sempre comandato al piede di fare un passo indietro per poter sopravvivere. Che il film abbia un lieto fine poi è soggettivo, dipende se ci si augura che Gil si dia una scossa e provi a cambiare la sua vita reale o che decida di rimanere nel passato, col rischio di odiarlo non appena diventi presente.
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[+] aggiudicato
(di bella bartok!)
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prudence
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lunedì 26 dicembre 2011
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un'altra chicca da allen
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Non c'è niente da fare Woody Allen difficilmente sbaglia, questo film racconta una vera e propria favola moderna con tanto di morale.Partendo dal postulato secondo cui la vita non è un granchè ed il genere umano è ormai una specie fallita ( come aveva evidenziato in altre sue opere, ultima fra tutte "Basta che funzioni") Allen si domanda se allora la condizione umana in cui l'uomo verte è dovuta ad un determinato periodo storico o è insita nell'uomo. Per rispondere a questo enigma il regista newyorkese immagina un giovane scenggiatore, Gil, stanco della sua vita a Los Angeles e della sua carriera nel cinema che decide di scrivere il suo primo vero romanzo, mentre si trova a Parigi gli capita una esperienza irreale, una sera mentre vaga per le strade della capitale francese a mezzanotte si trova catapultato nella Parigi degli anni Venti quella della Lost Generation, con Gertrude Stein e Hemingway, e surrealismo con Dalì.
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Non c'è niente da fare Woody Allen difficilmente sbaglia, questo film racconta una vera e propria favola moderna con tanto di morale.Partendo dal postulato secondo cui la vita non è un granchè ed il genere umano è ormai una specie fallita ( come aveva evidenziato in altre sue opere, ultima fra tutte "Basta che funzioni") Allen si domanda se allora la condizione umana in cui l'uomo verte è dovuta ad un determinato periodo storico o è insita nell'uomo. Per rispondere a questo enigma il regista newyorkese immagina un giovane scenggiatore, Gil, stanco della sua vita a Los Angeles e della sua carriera nel cinema che decide di scrivere il suo primo vero romanzo, mentre si trova a Parigi gli capita una esperienza irreale, una sera mentre vaga per le strade della capitale francese a mezzanotte si trova catapultato nella Parigi degli anni Venti quella della Lost Generation, con Gertrude Stein e Hemingway, e surrealismo con Dalì.A questo Gil riesce a prendere parte a quel mondo scintillante su cui aveva fantasticato tante volte ma la doccia fredda sta per arrivare anche per lui e giungerà alla conclusione che non è mai esistita una vera epoca dorata,ognuno ha ciò che gli capita in sorte e deve cercare di sfruttarlo al meglio. Perfetto chi cerca un finale dolce-amaro e per coloro ai quali piace anche riflettere difronte ad un film.
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amazz
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mercoledì 21 dicembre 2011
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parishattan
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Ho visto con piacere Midnight in Paris e lo consiglio. E' già stato scritto tanto su quest'ultima opera di Woody Allen e anche qui ho letto tanti bei commenti, come quello di Maria Giorgia, per citarne una, ma tanti altri commenti sono validi e in ognuno si trova uno spunto, un richiamo, un dettaglio che io da solo, francamente, non sarei riuscito a cogliere. Anche la recensione di Olgadik mette in evidenza altri dettagli, questa volta critici, di come il film riprenda un tessuto narrativo e figurativo che Allen effettivamente ha già adoperato in passato. Però che spasso vedere Owen Wilson calarsi nei panni di un Woody Allen dei tempi migliori, peccato che ormai egli non ha più l'età per essere lui stesso il protagonista di un film così.
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Ho visto con piacere Midnight in Paris e lo consiglio. E' già stato scritto tanto su quest'ultima opera di Woody Allen e anche qui ho letto tanti bei commenti, come quello di Maria Giorgia, per citarne una, ma tanti altri commenti sono validi e in ognuno si trova uno spunto, un richiamo, un dettaglio che io da solo, francamente, non sarei riuscito a cogliere. Anche la recensione di Olgadik mette in evidenza altri dettagli, questa volta critici, di come il film riprenda un tessuto narrativo e figurativo che Allen effettivamente ha già adoperato in passato. Però che spasso vedere Owen Wilson calarsi nei panni di un Woody Allen dei tempi migliori, peccato che ormai egli non ha più l'età per essere lui stesso il protagonista di un film così. Credo che al regista sarebbe proprio piaciuto interpretare il ruolo di Gil. Chissà se a volte Woody Allen immagina di salire su un taxi che lo porti dritto al 1979, nella sua Manhattan, magari anche lì potrebbe incontrare Hamingway, non Hernest ma Mariel, la nipote giovane e bella, e altre due donne magnifiche come Diane Keaton (che Woody conosce bene) e Maryl Streep.
Forse, non è tanto il fuggire da quest'epoca, quello che può farci stare meglio nel nostro presente, quanto è toccare, ascoltare, vedere, leggere, raccogliere e condividere il meglio che quell'epoca ci ha regalato.
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davidearte
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domenica 11 dicembre 2011
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woody e l'omaggio alle bellezze di ieri e di oggi
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Gil e Inez sono in vacanza a Parigi, ospiti dei genitori di lei, americani repubblicani e molto snob. Inez è perennemente impegnata con la madre arredatrice a cercare oggetti per la futura casa di Malibù e a frequentare una sua ex fiamma (il pedante Paul, un bravissimo Michael Sheen) e la sua fidanzata. Gil sembra invece più attratto dai segreti che una città cela al visitatore distratto: vorrebbe passeggiare, perdersi nelle stradine, vivere una vita parigina a tutto tondo, tanto da desiderare di abbandonare la California e trasferirsi in un sottotetto parigino a scrivere. Durante una passeggiata notturna viene catapultato nella Parigi degli anni Venti e in quest’occasione incontra grandi artisti come Hemingway, Fitzgerald, Dalì e Picasso.
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Gil e Inez sono in vacanza a Parigi, ospiti dei genitori di lei, americani repubblicani e molto snob. Inez è perennemente impegnata con la madre arredatrice a cercare oggetti per la futura casa di Malibù e a frequentare una sua ex fiamma (il pedante Paul, un bravissimo Michael Sheen) e la sua fidanzata. Gil sembra invece più attratto dai segreti che una città cela al visitatore distratto: vorrebbe passeggiare, perdersi nelle stradine, vivere una vita parigina a tutto tondo, tanto da desiderare di abbandonare la California e trasferirsi in un sottotetto parigino a scrivere. Durante una passeggiata notturna viene catapultato nella Parigi degli anni Venti e in quest’occasione incontra grandi artisti come Hemingway, Fitzgerald, Dalì e Picasso. Si avvera così il grande desiderio di Gil: incontrare i suoi miti che hanno vissuto in una stagione culturalmente florida.
Ma esiste veramente questo mondo e questo tempo cosi tanto agognati e fervidamente immaginati? Cioè il passato, quel passato, è davvero così “bello” e migliore del presente?
Decisamente no: esiste l’idealizzazione. Essa è uno strumento che ci rende migliori ed evoluti: percepiamo il tempo, capiamo e comprendiamo il passato e sappiamo compiere un’incredibile cernita. Siamo capaci di selezionare le immagini migliori, i ricordi più veri e intensi e sintetizzarli in un unico grande contenitore che chiamiamo “idea”. È per questo che il passato ci sembra migliore: esso è stato saggiamente compresso in un’unica immagine dorata.
In fondo il protagonista conosce di questi personaggi la più pura essenza e la fa rivivere in una realtà patinata e perfetta, fatta di luci calde e soffuse di un bistrot e di polverosi salottini (mi riferisco in particolare a quello di Gertrude Stein).
Il mondo in cui Gil viene catapultato è un luogo immaginario che non esiste se non in quei libri che ha letto e che condensano vite disparate, esperienze divergenti e situazioni lontane nel tempo. Riesce infine ad accorgersene grazie ad Adriana (una bellissima Marion Cotillard), che da amante di Picasso e compagna di avventure africane di Hemingway diventa sua musa ispiratrice e oggetto di un amore folle e bohemien: sarà proprio lei a risvegliarlo da questo sogno incantato.
La morale, come sempre nei finali di Allen, è più profonda di quanto non si creda: non esiste una stagione felice nel passato. Esistiamo noi che esaminiamo i ricordi e li trasformiamo, li plasmiamo a nostro uso e consumo, per esorcizzare le infelicità del mondo. Ma l’amore intenso e vero permette di assaporare la bellezza dell’oggi e sperare in un domani più ricco e pieno. E infine Gil impara la lezione, volta pagina, lascia Inez e inizia a vivere quella vita che aveva cercato inutilmente in un passato glorioso: si trasferisce nella ville lumière per scrivere romanzi…forse non da single.
L’omaggio di Allen a Parigi si rivela sin dalla prima sequenza: una serie di cartoline degli angoli più affascinanti. La città viene dipinta come un posto meraviglioso, ricco nelle sue infinite sfumature, bello soprattutto quando piove…a detta di Gil.
Il film è uno dei più belli di Allen: ottimi i dialoghi, anche se molto dell’umorismo del regista si è un po’ smorzato o è stato volutamente messo da parte. Il punto di forza è decisamente la fotografia e, d’altronde, non è una novità. Aspettiamo l’imminente omaggio a Roma dunque…e speriamo che Allen celebri le bellezze romane come ha fatto ora con Parigi e prima con New York, Venezia e Londra.
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giuseppe simeone
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martedì 20 dicembre 2011
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siete invitati alla festa di woody
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Gil, sceneggiatore aspirante scrittore, si ritrova a Parigi con la famiglia della sua fidanzata Inez. Non condividendo la stessa passione per la città, Inez lascia passeggiare Gil da solo per Parigi, ignorando dove il suo fidanzato sene vada gironzolando fino a tarda notte...
Finalmente un totale lieto fine in un film di Allen, che sembra aver ritrovato la gioia di vivere e la fiducia nell'amore. Il film non è altro che una festa a cui gli spettatori vengono invitati: è impossibile non farsi suggestionare e coinvolgere dal fascino immortale della città , dei personaggi, dei colori e dell'arte che il regista guarda e ci fa guardare con occhi fanciulleschi e pieni di meraviglia.
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Gil, sceneggiatore aspirante scrittore, si ritrova a Parigi con la famiglia della sua fidanzata Inez. Non condividendo la stessa passione per la città, Inez lascia passeggiare Gil da solo per Parigi, ignorando dove il suo fidanzato sene vada gironzolando fino a tarda notte...
Finalmente un totale lieto fine in un film di Allen, che sembra aver ritrovato la gioia di vivere e la fiducia nell'amore. Il film non è altro che una festa a cui gli spettatori vengono invitati: è impossibile non farsi suggestionare e coinvolgere dal fascino immortale della città , dei personaggi, dei colori e dell'arte che il regista guarda e ci fa guardare con occhi fanciulleschi e pieni di meraviglia.
Ritornano, come al solito, i temi tipici del cinema alleniano: c'è l'accenno alla psicologia, che poi non è altro che una spiegazione "razionale" alla favola in cui vive il protagonista; c'è l'amore per la città e l'amore per le donne; c'è la macchietta dell'antagonista saccente e pedante.
Bravissimo Owen Wilson, mai così stralunato e sognatore, che serve perfettamente allo scopo di impersonare il classico personaggio ricoperto da Woody Allen attore, sforzandosi di balbettare e riuscendo a ricalcare perfettamente l'ironia pungente di questo stesso. Le sue passeggiate comunque, non sono altro che un "pretesto" per il regista per aggiungere ulteriori "riprese-cartoline" di una Parigi mai così affascinante.
Unica nota stonata: l'insopportabile cameo della Bruni. In fin dei conti, glielo si può perdonare!
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omero sala
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lunedì 19 dicembre 2011
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parigi, oh cara!
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In Midnight in Paris, Gil compensa le insoddisfazioni esistenziali, professionali e sentimentali con delle brevi fughe nel passato (e precisamente negli amatissimi anni Venti e nella adoratissima Ville Lumière), così come Mia Farrow in La rosa purpurea del Cairo cercava l’evasione dalle frustrazioni cancellando il diaframma fra realtà e finzione costituito dallo schermo del cinematografo.
Woody Allen ci racconta ancora una volta con incantevole leggerezza la favola deliziosa della evasione alla ricerca dell’improbabile felicità. E come è suo solito, lo fa con grande mestiere e mano lieve, crea situazioni divertenti, gioca con tempismo sulle incongruenze spaziotemporali, usa con sapienza l’arte del contrappunto, costruisce dialoghi spumeggianti, sforna a raffica le sue inesauribili battute esilaranti.
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In Midnight in Paris, Gil compensa le insoddisfazioni esistenziali, professionali e sentimentali con delle brevi fughe nel passato (e precisamente negli amatissimi anni Venti e nella adoratissima Ville Lumière), così come Mia Farrow in La rosa purpurea del Cairo cercava l’evasione dalle frustrazioni cancellando il diaframma fra realtà e finzione costituito dallo schermo del cinematografo.
Woody Allen ci racconta ancora una volta con incantevole leggerezza la favola deliziosa della evasione alla ricerca dell’improbabile felicità. E come è suo solito, lo fa con grande mestiere e mano lieve, crea situazioni divertenti, gioca con tempismo sulle incongruenze spaziotemporali, usa con sapienza l’arte del contrappunto, costruisce dialoghi spumeggianti, sforna a raffica le sue inesauribili battute esilaranti.
L’incipit ci presenta una Parigi da cartolina, ma lo scorrere dei quadri con quell’accompagnamento musicale - per quanto mielosamente prevedibile - commuove tutti quelli che amano Parigi e ci vogliono tornare, e sorprende chi non conosce Parigi e desidera andarci.
Nel suo viaggio a ritroso nel tempo Gil incontra Francis Scott Fitzgerald con la sua Zelda, Hemingway e Picasso, Gertrude Stein e Matisse, Dalì e Cole Porter, Man Ray e Luis Buñuel. Sarebbe meglio dire che, più che i persomaggi, incontra le loro macchiette caricaturali, la rappresentazione archetipa che emerge dal più stereotipato immaginario. Hemingway beve, è rissoso, si accompagna con un torero, parla della guerra, progetta un viaggio in Africa e si cita continuamente addosso; Scott Fitzgerald e la sua giovane flapper sono romantici e spregiudicati, frivoli e anticonformisti, proprio come vuole la leggenda e come si presentano i personaggi dei primi racconti di successo dello scrittore americano; Pablo Picasso si esibisce con l’incipiente calvizie ed è già impelagato nella sua intricata vita sentimentale; Gertrude Stein riceve nella sua mitica abitazione in rue de Fleureus 27 che ha le pareti tappezzate di quadri dell'avanguardia e pontifica recensendo opere di scrittori della Lost Generation; Matisse smercia i suoi quadri con la complicità dei collezionisti influenzati dalla Stein; Dalì farnetica di rinoceronti che si accoppiano; Buñuel se ne sta taciturno in disparte e si disorienta all’imbeccata di Gil che, venendo dal futuro, gli suggerisce lo spunto per L’angelo sterminatore.
La trama è sfilacciata, la consistenza narrativa è debole, la struttura è appena imbastita: ma questo non conta. Il divertimento è assicurato dalla simpatica idea iniziale, dall’accattivante sceneggiatura, dall’abilissima regia, da un cast - soprattutto femminile - affascinante, da una recitazione spigliata e vivace, gioiosa e divertente.
Gli incontri magici sortiscono il loro effetto: Gil ritrova il coraggio di rompere con la tranquilla sicurezza che gli viene offerta da un matrimonio borghese e tenta - sia pure nella realtà del presente, e sotto la pioggia - di fare il primo piccolo passo verso la coerenza, verso la concretizzazione del suo sogno.
Musica. Titoli di coda.
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