billyjo3
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giovedì 29 novembre 2012
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magico, e a tratti travolgente
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Gil, sceneggiatore di Hollywood in vacanza a Parigi con la futura sposa, è una persona che odia la mondanità, la vita frivola e gli ozi della borghesia americana. Da sempre è estraneo alla realtà che lo circonda, così, in una calda sera parigina, vive il sogno di tornare negli anni '20 ed avere così l'opportunità insolita di incontrare le personalità più importanti del tempo, che trovavano nella città il principale veicolo della vita culturale mondiale. Woody Allen omaggia la capitale francese con un gioiello di rara bellezza estetica: le atmosfere e le musiche immergono sin dall'inizio lo spettatore in un sogno ad occhi aperti rimandando ad un'epoca d'oro mai così viva e ricca di fermento.
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Gil, sceneggiatore di Hollywood in vacanza a Parigi con la futura sposa, è una persona che odia la mondanità, la vita frivola e gli ozi della borghesia americana. Da sempre è estraneo alla realtà che lo circonda, così, in una calda sera parigina, vive il sogno di tornare negli anni '20 ed avere così l'opportunità insolita di incontrare le personalità più importanti del tempo, che trovavano nella città il principale veicolo della vita culturale mondiale. Woody Allen omaggia la capitale francese con un gioiello di rara bellezza estetica: le atmosfere e le musiche immergono sin dall'inizio lo spettatore in un sogno ad occhi aperti rimandando ad un'epoca d'oro mai così viva e ricca di fermento. L'affresco contenutistico si nutre dell'esperienza artistica e culturale della società post-guerra mondiale, bonariamente genuina come un racconto di Hemingway e volutamente ricercata come un dipinto di Picasso.
La sensibilità del regista è notevole nel segnalare una vera e propria "malattia" che identifica il protagonista: quella di chi, per via della sua grande immaginazione, non riesce a vivere bene in una realtà troppo materiale per rendere giustizia all'altezza dei suoi sogni. L'ironica serie di piccoli vizi e tic del protagonista Owen Wilson rispecchiano poi a tutti gli effetti gli elementi tipici del carattere alleniano per eccellenza, diviso tra la durezza della realtà e il fascino della fantasia, accompagnati dalla solita irresistibile ironica sregolatezza. Alcuni punti deboli sono da segnalare però nella troppa superficialità con la quale vengono affrontati i personaggi storici, parecchio stereotipati e infarciti di citazioni da enciclopedia, e da troppi elementi anacronistici, che vanno a rovinare un po' l'impressionante potenza espressiva della pellicola. Magico e a tratti travolgente.
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trammina93
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sabato 17 maggio 2014
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woody ti adoro!
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Grandissimo Woody! Adoro tutti i suoi film! Questo film è uno dei migliori che abbia fatto negli ultimi anni! Adoro l'ambientazione parigina. Anche Woody Allen deve adorare Parigi perchè ha preso degli scatti, fatto inquadrature a determinati posti proprio per esaltare la bellezza di quella magica e romantica città, come solo un innamorato potrebbe fare. La trama è a dir poco originale. Far incontrare un uomo odierno, perdipiù uno scrittore, con i più importanti artisti del Novecento è un'idea geniale. Mi piace il modo in cui sono stati rappresentati tutti gli scrittori e pittori. Dalì è eccezionale con le sue frasi sconnesse e senza senso, in cui inserisce di tanto in tanto un rinoceronte! Me lo immagino così Dalì, così come immagino Hemingway o Picasso così come Woody li ha presentati.
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Grandissimo Woody! Adoro tutti i suoi film! Questo film è uno dei migliori che abbia fatto negli ultimi anni! Adoro l'ambientazione parigina. Anche Woody Allen deve adorare Parigi perchè ha preso degli scatti, fatto inquadrature a determinati posti proprio per esaltare la bellezza di quella magica e romantica città, come solo un innamorato potrebbe fare. La trama è a dir poco originale. Far incontrare un uomo odierno, perdipiù uno scrittore, con i più importanti artisti del Novecento è un'idea geniale. Mi piace il modo in cui sono stati rappresentati tutti gli scrittori e pittori. Dalì è eccezionale con le sue frasi sconnesse e senza senso, in cui inserisce di tanto in tanto un rinoceronte! Me lo immagino così Dalì, così come immagino Hemingway o Picasso così come Woody li ha presentati. Molto bella la teoria che si evince in questo film secondo cui tutti sognamo di essere nati in un'altra epoca ma in quella stessa epoca ci sono state altre persone che sognavano altre epoche, creando così un processo che diventa una grossa catena. Stimo la scelta di Owen Wilson come protagonista del film. In genere fa film demenziali ma con questo ha dimostrato di avere la stoffa ed essere di più che un attorucolo da commedie. Invito a vedere questo film soprattutto chi critica Allen dicendo che è ormai decaduto. Con questo film vi ricrederete.
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mahleriano
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martedì 31 luglio 2012
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a mio nonno...
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Perché questo titolo?
Che questo film mi fosse piaciuto particolarmente non avevo dubbi fin dall'uscita dal cinema. E me lo motivavo con varie argomentazioni: la passione autentica verso la città di Parigi, così sinteticamente e magnificamente descritta nell'introduzione, l'originalità della storia, l'arguzia e l'ironia abituale del regista... Non ultimo il fatto che pur non amando io particolarmente Parigi, era riuscito a coglierne così bene l'essenza e in modo così genuino l'atmosfera, che non potevo non ammettere che la sua passione era riuscita a coinvolgermi molto: onore dunque al merito! Ma recentemente, pensando per caso all'infanzia, ho capito davvero quali corde aveva toccato e ho realizzato perché l'avevo trovato così coinvolgente.
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Perché questo titolo?
Che questo film mi fosse piaciuto particolarmente non avevo dubbi fin dall'uscita dal cinema. E me lo motivavo con varie argomentazioni: la passione autentica verso la città di Parigi, così sinteticamente e magnificamente descritta nell'introduzione, l'originalità della storia, l'arguzia e l'ironia abituale del regista... Non ultimo il fatto che pur non amando io particolarmente Parigi, era riuscito a coglierne così bene l'essenza e in modo così genuino l'atmosfera, che non potevo non ammettere che la sua passione era riuscita a coinvolgermi molto: onore dunque al merito! Ma recentemente, pensando per caso all'infanzia, ho capito davvero quali corde aveva toccato e ho realizzato perché l'avevo trovato così coinvolgente. Firenze. Fine anni venti. Un nonno allora giovanissimo con qualità musicali così fuori del comune da essere notato da Mascagni. La nascita del Maggio Musicale Fiorentino ad opera sua e di altri orchestrali riuniti da Vittorio Gui. Più che un'orchestra, un insieme di solisti di qualità straordinarie. L'eco che si propaga e raggiunge l'Europa e oltre. I musicisti e gli interpreti più insigni dell'epoca che letteralmente vi accorrono per anni, e l'elenco sarebbe lungo. E nello stesso tempo i ricordi e gli aneddoti della vita di ogni giorno che naturalmente scaturivano dall'incontro quotidiano con loro e a me raccontati sia dai familiari sia dai tanti orchestrali che spesso si riunivano a casa a provare. Un giovane von Karajan che si aggirava in bicicletta per le strade di Firenze; uno Strauss non poi così abile nella direzione d'orchestra, che batteva il tempo con un braccio e teneva l'altro attaccato rigidamente al corpo. O uno Stravinskij bizzoso che batteva i piedi per terra come un bambino (incredibile ma vero), se non c'erano gli orchestrali che voleva lui e fra questi mio nonno, (lo confesso orgogliosamente e testimoni ne erano altri orchestrali, non la mia famiglia...). E sarebbe lunga la serie di aneddoti che nell'immaginario collettivo non "possono" appartenere all'idea dell'intellettuale, classicamente inteso come serioso, e che ne fa invece una persona reale, con le sue debolezze, le sue stramberie e spesso le boccaccesche irriverenti ironie. Tutto questo era lo spirito di una città che pur in un periodo difficile, (il fascismo e, dopo poco più di dieci anni, la guerra), era in un fermento culturale e intellettuale straordinario. Ed è lo stesso spirito che si ritrova in questo film, in cui l'idea bellissima di far respirare l'intenso clima culturale del tempo si dipana davanti agli occhi con incontri che smitizzano il genio e mostrano le persone in carne e ossa, con un protagonista ogni sera non pago degli incontri avuti il giorno prima e ogni sera curioso di conoscere qualche altro genio che avrebbe cambiato il mondo. Con tutta l'ironia e l'arguzia che ci voleva, anche, ma con un'ammirazione che si avverte essere davvero sincera, e che conferma quanto Woody Allen sia un regista assetato di cultura e che spesso ingiustamente non è considerato per quel che è: un genio lui stesso, con i suoi alti e bassi forse, ma un genio. E dunque, anche se ormai non c'è più da molti anni, dedico da spettatore questo film a mio nonno, per il quale nutrirò sempre un'ammirazione sconfinata, e a tutti coloro che con una passione infinita hanno fatto e faranno dell'arte la propria essenza.
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rampante
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martedì 9 ottobre 2012
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paris
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Gil è in vacanza a Parigi, città che già conosce e che ci mostra con una carellata di splendide immagini, con la sua fidanzata Inez ed i genitori di lei. Il soggiorno rischia di trasformarsi in un incubo dopo l'incontro di una copia di amici di Inez ma, una sera a mezzanotte Gil sale su una misteriosa macchina d'epoca che lo trasporta negli anni Venti e come in una favola conosce luoghi e persone famose del passato, vive in altri affetti, altri sentimenti si rifugia nel passato poi all'alba torna subito al presente.
Gil rompe con la fidanzata, sceglie di rimanere a Parigi, vivere il suo sogno con un nuovo amore che stà per nascere.
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derriev
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domenica 14 ottobre 2012
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tempo... per riflettere
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In questo film Allen adopera al meglio la chiave surreale che ha spesso usato nella sua produzione, qui espressa con il tema del "viaggio nel tempo". Come è tipico del suo stile il "fenomeno" entra nella trama in modo morbido, conciliante e naturale.
La trama narra di uno scrittore americano che si trova a Parigi in crisi esistenziale: il suo rapporto di coppia è agli sgoccioli, la sua vena creativa balbetta, e lui, per compensare a questo, sogna di vivere nella Parigi dei primi anni 20, quando nei "café" si riunivano fior di intellettuali ed artisti.
Magicamente questo gli accade: una misteriosa carrozza, ogni mezzanotte, gli consente di viaggiare nel tempo ed incontrare così Hemingway, Picasso.
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In questo film Allen adopera al meglio la chiave surreale che ha spesso usato nella sua produzione, qui espressa con il tema del "viaggio nel tempo". Come è tipico del suo stile il "fenomeno" entra nella trama in modo morbido, conciliante e naturale.
La trama narra di uno scrittore americano che si trova a Parigi in crisi esistenziale: il suo rapporto di coppia è agli sgoccioli, la sua vena creativa balbetta, e lui, per compensare a questo, sogna di vivere nella Parigi dei primi anni 20, quando nei "café" si riunivano fior di intellettuali ed artisti.
Magicamente questo gli accade: una misteriosa carrozza, ogni mezzanotte, gli consente di viaggiare nel tempo ed incontrare così Hemingway, Picasso... tutti i "grandi", oltre che una graziosa fanciulla che bazzica questa congrega.
Ma presto arriverà la disillusione: un ulteriore salto nel tempo all'indietro (bellissima idea!) con questa ragazza, gli farà capire che c'è sempre un "mondo migliore" e immaginario, a cui voler accedere.
Infatti la fanciulla del 900, gli comunica la volontà di voler rimanere in quel passato, anche per lei, remoto e idealizzato, così come lui idealizzava il periodo di lei!
Non gli resta che tornare da solo al futuro, il "suo", e lì ricominciare da capo, magari con una donna che ha incontrato per caso a Parigi, una "semplice" commessa in un negozio di libri.
Il film ha una sua morale, "classica" (per carità), ma il tutto è funzionale; la trama è lineare, Wilson validissimo, il doppio viaggio temporale è un'idea "perla", ed alcune battute sono esilaranti.
Per finire, una regia semplice che si bea della splendida cornice che offre Parigi, e ci regala suggestive visioni.
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great steven
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giovedì 24 luglio 2014
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viaggi a ritroso nel tempo con trasporto artistico
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MIDNIGHT IN PARIS (SP/USA, 2011) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da OWEN WILSON – RACHEL MCADAMS – MARION COTILLARD – KATHY BATES – ADRIEN BRODY – MICHAEL SHEEN – COREY STOLL – LEA SEYDOUX – KURT FULLER – TOM HIDDLESTON – NINA ARIANDA – CARLA BRUNI § Sceneggiatore navigato con buon stipendio a Hollywood, Gil giunge a passare le vacanze a Parigi con la fidanzata Inez e il futuro suocero John, reazionario repubblicano, in viaggio d’affari con la consorte Helen. Gil, che sta lavorando al suo primo romanzo ed è in procinto di ultimarlo, adora camminare di notte nella città che gli fornisce tanta passione.
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MIDNIGHT IN PARIS (SP/USA, 2011) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da OWEN WILSON – RACHEL MCADAMS – MARION COTILLARD – KATHY BATES – ADRIEN BRODY – MICHAEL SHEEN – COREY STOLL – LEA SEYDOUX – KURT FULLER – TOM HIDDLESTON – NINA ARIANDA – CARLA BRUNI § Sceneggiatore navigato con buon stipendio a Hollywood, Gil giunge a passare le vacanze a Parigi con la fidanzata Inez e il futuro suocero John, reazionario repubblicano, in viaggio d’affari con la consorte Helen. Gil, che sta lavorando al suo primo romanzo ed è in procinto di ultimarlo, adora camminare di notte nella città che gli fornisce tanta passione. Il sogno, la frustrazione, il rimpianto di un’epoca mai vissuta, e per la precisione gli anni 1920, si trasformano in realtà: ogni mezzanotte passa a prenderlo una vecchia Bentley e l’aspirante scrittore viene catapultato indietro nel tempo tanto da incontrare Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, Ernest Hemingway (che vorrebbe picchiarlo a suon di cazzotti), Thomas Stearns Eliot, Cocteau, Gertrude Stein (che legge il suo libro e gli suggerisce modifiche opportune), Pablo Picasso, Salvador Dalì (che vorrebbe ritrarlo in un quadro), Josephine Baker, il surrealista Man Ray, il giovane Luis Buñuel (al quale fornisce l’idea di un film). Insomma, si trova a che fare con tutti i grandi ed eccezionali artisti della cosiddetta Generazione Perduta. Un film ricco di citazioni, battute, piccole gag, autoritratti ironici e pungenti, benché riveli una leggera stanchezza inventiva, ma l’interpretazione di Wilson e degli attori che personificano i leggendari personaggi che si muovono a Parigi nel periodo storico fra le due guerre valgono il prezzo del biglietto e recano una grossa soddisfazione per l’elevato livello recitativo che, nelle pellicole di Allen, non dimentica mai di stupire e di sorprendere positivamente per la pienezza attoriale, il vigore stilistico e l’abnegazione splendidamente professionale. Abbiamo a che fare con un’opera sempre più vicina alle cognizioni e condizioni del cinema europeo realizzata da un cineasta profondamente innamorato e appassionato, sebbene l’amore assuma i tratti di un rischio pericoloso avvicinandosi alla terza età, tant’è vero che Mario Monicelli sosteneva che “i vecchi non si baciano”. Ma Woody è un puritano sbeffeggiante e geniale, che sa trarre dalle intenzioni i risultati meno edonistici possibile e sempre impregnati e scintillanti d’un realismo accademico che non disdegna a chiazze ben esposte una pazienza espressiva che fornisce esiti alquanto rifulgenti e apprezzabili. Peccato che la maggior parte della bellezza dello stile alleniano e del vigore sardonico escano soltanto nei film cui partecipa sia come regista che come attore, mentre nelle pellicole solamente dirette gli attori protagonisti interagiscono fra loro senza quel non so che di magico che traspare dalle mirabolanti interpretazioni che esclusivamente un nanerottolo occhialuto e frizzante sa offrire al suo pubblico più affezionato. L’ironia dissacrante e martoriante ricorre a più riprese nel corso della proiezione e si fa sentire con accenti accorati senza che scivolino però nel drammatico o nel lezioso: appare ormai chiaro che c’era chi, negli anni 1920, che avrebbe voluto vivere nella Belle époque tra la fine del XIX e gli albori del XX secolo, e altri, come Paul Gauguin e Edgar Degas, che rimpiansero amaramente il Rinascimento. Il regista dirige con la consueta magistralità che aggiunge sempre particolari interessanti, gioie festose e colori intensi a una sceneggiatura (premiata con l’Oscar nel 2012, andato proprio al buon attore-regista ebreo) già di per sé completa nell’autentico senso della parola, che non peccava né di sentimentalismo né di smancerosi manierismi, un pericolo che si sarebbe potuto correre nella raffigurazione di un’era passata nella quale si trova a vivere un individuo di un tempo posteriore che, senza trovarsi troppo spaesato, confuso o disorientato, recupera il proprio coraggio e buonsenso e affronta le situazioni che gli si presentano dinanzi col giusto temperamento e il debito interessamento. La fotografia di Darius Khondij carezza amorevolmente i paesaggi urbani parigini, baciando la Senna e i bistrot con un occhio della telecamera che tradisce la passione intima di amare follemente, quasi alla pazzia, un determinato luogo che abbonda di meraviglie architettoniche che si possono ammirare a qualunque costo e senza riserve di sorta. I costumi dell’italiana Sonia Grande riportano proprio indietro nel tempo e danno il colpo di grazia (ovviamente nel senso buono) alle toccanti, irriverenti e gustosissime performances dei caratteristi a cui è stato affidato l’incarico di incarnare i pilastri che costruirono le fondamenta della letteratura, della settima arte e della pittura del primo Novecento. Le canzoni di Cole Porter fanno sognare sulla scia di una venerazione non idolatrica per il cinema d’essai che non manca mai di essere accompagnato e sostenuto da una colonna sonora realizzata a puntino, ad hoc, che impreziosisce di galvanizzazioni tutt’altro che estreme ma comunque elettriche e vivaci un insieme di sequenze che è lì apposta per esporsi al giudizio di critici e pubblico dal palato delicato e forse anche un po’ pretenzioso, ma pur sempre onesto e adeguato. Aprì fuori concorso il Festival di Cannes 2011.
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andrea alesci
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sabato 24 ottobre 2015
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i sogni si accendono al buio
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Parlano come farebbe un amico i film di Woody Allen: una pacca sulla spalla, una serie di balbettanti incertezze e una verità pensata ma che non avevamo il coraggio di sentire a voce alta. Fluisce di parole la sua 41a opera, densa di una scrittura che ci porta accanto a personaggi come Fitzgerald, Hemingway, Gertrude Stein (Kathy Bates), T.S. Eliot, Picasso, Dalì (Adrien Brody), Buñuel, Man Ray. Una pletora di miti per il regista newyorchese e per quel suo doppio di cellulosa Gil Pender (Owen Wilson), che ha imparato a conoscerli nell’inchiostro dei libri, che li guarda come fari per il suo sogno di diventare romanziere, che all’improvviso se li trova letteralmente di fronte.
Così Midnight in Paris si trasforma nel titolo di una favola che Gil vuole vivere, epifania di un mondo immaginato che diventa realtà al rintocco delle campane di mezzanotte: una vecchia Peugeot sale lungo la strada lastricata della ville lumière e come una carrozza fuori tempo si ferma per far salire il nostro sceneggiatore-Cenerentola e condurlo verso la vagheggiata Parigi anni Venti.
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Parlano come farebbe un amico i film di Woody Allen: una pacca sulla spalla, una serie di balbettanti incertezze e una verità pensata ma che non avevamo il coraggio di sentire a voce alta. Fluisce di parole la sua 41a opera, densa di una scrittura che ci porta accanto a personaggi come Fitzgerald, Hemingway, Gertrude Stein (Kathy Bates), T.S. Eliot, Picasso, Dalì (Adrien Brody), Buñuel, Man Ray. Una pletora di miti per il regista newyorchese e per quel suo doppio di cellulosa Gil Pender (Owen Wilson), che ha imparato a conoscerli nell’inchiostro dei libri, che li guarda come fari per il suo sogno di diventare romanziere, che all’improvviso se li trova letteralmente di fronte.
Così Midnight in Paris si trasforma nel titolo di una favola che Gil vuole vivere, epifania di un mondo immaginato che diventa realtà al rintocco delle campane di mezzanotte: una vecchia Peugeot sale lungo la strada lastricata della ville lumière e come una carrozza fuori tempo si ferma per far salire il nostro sceneggiatore-Cenerentola e condurlo verso la vagheggiata Parigi anni Venti.
Avviene l’incanto. Gil si trova avvolto da quelle atmosfere che si muovono al magico ritmo di Cole Porter e di un’estasi sorprendente che notte dopo notte diventa più viva del suo presente da uomo del XXI secolo. Mentre la fidanzata Inez (Rachel McAdams), i genitori di lei e gli pseudoamici divengono il triste ricordo di un giorno troppo luminoso, le sue notti parigine lo scorrazzano nei locali dove i coniugi Fitzgerald danno una festa, in un bar a discorrere con Ernest Hemingway, tra i surrealisti rinoceronti di Salvador Dalì, nell’appartamento di Gertrude Stein (per sottoporle la lettura del suo romanzo!) insieme a Pablo Picasso e alla sua più recente amante: Adriana (Marion Cotillard).
Ecco l’incontro che sbilancia definitivamente la vita precostituita dell’americano Gil. Ecco un’altra spaesata come lui, perduta in un tempo che sente non appartenerle, tanto da credere che il miglior periodo sia stata la Belle Époque ottocentesca. E allora un nuovo salto temporale sarà come un sogno dentro un sogno: i due smarriti sognatori salgono su un’altra macchina del tempo, una carrozza a cavalli che li catapulta dentro al mitico Maxim’s e poi al tavolo del Moulin Rouge insieme a Henri de Toulouse-Lautrec, Degas, Gauguin e al loro pensiero che non l’Ottocento ma il Rinascimento sia il presente che vorrebbero abitare.
Ed è in questo momento che Gil diventa realmente scrittore. È qui che il carattere di Allen/Gil lascia andare Adriana e i suoi nostalgici fantasmi di un passato deificato. Qui comprende che non può più guidare la sua vita fissando senza posa quel che scorre nello specchietto retrovisore. Il suo presente è nel XXI secolo, giacché il presente di ogni uomo è nel momento storico in cui ciascuno si ritrova a vivere.
Woody Allen ci mette davanti (ancora una volta) alla futilità della vita, e lo fa (ancora una volta) con una commedia delicata e illuminante con la quale dirci sottilmente che c’è un solo modo per eluderne la fine: viverla pienamente. E scegliere. Come infine fa Gil, capendo che cosa vuole: lui vuole Parigi, vuole incontrarne gli angoli come fossero opere d’arte (quelli che Woody Allen al principio del film ci mostra sulle note di Édith Piaf), vuole la semplicità di una passeggiata sotto la pioggia. Perché null’altro importa nella (nuova) notte parigina, se ognuno può incontrare la Gabrielle (Léa Seydoux) del suo domani. E fare della vita il proprio sogno.
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franco cesario
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venerdì 9 dicembre 2011
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mezza...notte per sognare
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Un film colto, leggero e profondo al tempo stesso, a tratti un po’ troppo lento ma sostanzialmente più che piacevole.
In sintesi questo è “Midnight in Paris”, il nuovo film del più europeo dei registi americani, Woody Allen.
Un’opera, l’ultima fatica del cineasta di New York, che ha il grande pregio di non essere assolutamente adatta al grande pubblico americano. Da questo punto di vista è un film coraggioso, non preoccupato del botteghino (si dirà che Allen non ne ha certo bisogno…) che comunque sta avendo un ottimo successo e non solo nel vecchio continente.
Inadeguato Owen Wilson nella parte del liberal tutto poesie e romanticismo anche se il personaggio non sembra risentirne troppo: grazie alla sceneggiatura la sua essenza esistenzialista e timida piace per contrasto ad una società sempre più barbara ed incivile, ben rappresentata dall’intera famiglia della sua fidanzata Inez.
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Un film colto, leggero e profondo al tempo stesso, a tratti un po’ troppo lento ma sostanzialmente più che piacevole.
In sintesi questo è “Midnight in Paris”, il nuovo film del più europeo dei registi americani, Woody Allen.
Un’opera, l’ultima fatica del cineasta di New York, che ha il grande pregio di non essere assolutamente adatta al grande pubblico americano. Da questo punto di vista è un film coraggioso, non preoccupato del botteghino (si dirà che Allen non ne ha certo bisogno…) che comunque sta avendo un ottimo successo e non solo nel vecchio continente.
Inadeguato Owen Wilson nella parte del liberal tutto poesie e romanticismo anche se il personaggio non sembra risentirne troppo: grazie alla sceneggiatura la sua essenza esistenzialista e timida piace per contrasto ad una società sempre più barbara ed incivile, ben rappresentata dall’intera famiglia della sua fidanzata Inez.
Talmente ironico e lieve, questo film, che gli si perdona qualche inesattezza storica che non sarebbe funzionale allo svolgimento dello stesso che ha comunque un nobile intento, quello di promuovere la bontà e la dolcezza come rimedi per i mali della società, per la sua maniacale frenesia, per le ipocrisie che ogni giorno ci diciamo, per la stupidità dell’dover/voler essere considerati dei vincenti a tutti i costi.
Allen continua ad ambientare i suoi film migliori in Europa confermando questa sua attitudine ad un cinema non urlato né da videoclip tanto caro ai suoi colleghi d’oltreoceano; certo non basta questa sua propensione per fare sempre dei capolavori, ma “Midnight in Paris” comunque affascina per quella sua placida suspense, per i continui riferimenti storici ed artistici, per la pazza idea di tramutare in realtà un desiderio di fuga dall’orrore del presente che è un po’ il sogno di tutti noi.
Non mancano spunti per lo spettatore messo di fronte all’ambiguità della considerazione che fanno alcuni di valutare sempre e comunque il passato un periodo migliore (mentre il protagonista Gil preferisce la Parigi anni ’20 la bella Adriana, interpretata da una splendida Marion Cotillard, incontrata proprio in quell’epoca, anela alla vita della Ville Lumière nella belle époque fine ‘800).
Dopo la visione di “Midnight in Paris” si esce dal cinema lievi e un po’ stralunati, desiderosi di vivere prima o poi anche noi un’avventura siffatta, piacevole sensazione anche dopo aver realizzato che tutto ciò, purtroppo, è impossibile. Franco Cesario sinonimomacontrario.splinder.com
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mantraliulai
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venerdì 16 dicembre 2011
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uno spasso
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E' il turno di Parigi. Questa volta Woody Allen ci delizia gli occhi e la mente con il suo specialissimo omaggio alla Ville Lumière.
In apertura una panoramica di tutti i luoghi magici che hanno ispirato i più grandi artisti del secolo scorso tra pittori, sceneggiatori e poeti. Il regista americano alla veneranda età di settantacinque anni è in forma più che mai e ci offre il suo rinnovato spirito sottile e intellettuale trascinando lo spettatore nello spasso di innumerevoli risate e riflessione antropologiche sul mistero della vita. Il fascino seduttivo del passato cattura il protagonista in cerca di estro creativo svelandogli che l'esistenza è meravigliosamente preziosa proprio perchè ti lascia in bocca una certa dose di insoddisfazione.
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E' il turno di Parigi. Questa volta Woody Allen ci delizia gli occhi e la mente con il suo specialissimo omaggio alla Ville Lumière.
In apertura una panoramica di tutti i luoghi magici che hanno ispirato i più grandi artisti del secolo scorso tra pittori, sceneggiatori e poeti. Il regista americano alla veneranda età di settantacinque anni è in forma più che mai e ci offre il suo rinnovato spirito sottile e intellettuale trascinando lo spettatore nello spasso di innumerevoli risate e riflessione antropologiche sul mistero della vita. Il fascino seduttivo del passato cattura il protagonista in cerca di estro creativo svelandogli che l'esistenza è meravigliosamente preziosa proprio perchè ti lascia in bocca una certa dose di insoddisfazione.
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lucac1993
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sabato 17 dicembre 2011
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altro capolavoro di woody!
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Un tocco di genio tipico di Allen!
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