Midnight in Paris |
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Un film di Woody Allen.
Con Owen Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, Nina Arianda, Kurt Fuller.
continua»
Commedia,
durata 94 min.
- USA, Spagna 2011.
- Medusa
uscita venerdì 2 dicembre 2011.
MYMONETRO
Midnight in Paris
valutazione media:
3,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Viaggi a ritroso nel tempo con trasporto artisticodi Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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giovedì 24 luglio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
MIDNIGHT IN PARIS (SP/USA, 2011) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da OWEN WILSON – RACHEL MCADAMS – MARION COTILLARD – KATHY BATES – ADRIEN BRODY – MICHAEL SHEEN – COREY STOLL – LEA SEYDOUX – KURT FULLER – TOM HIDDLESTON – NINA ARIANDA – CARLA BRUNI § Sceneggiatore navigato con buon stipendio a Hollywood, Gil giunge a passare le vacanze a Parigi con la fidanzata Inez e il futuro suocero John, reazionario repubblicano, in viaggio d’affari con la consorte Helen. Gil, che sta lavorando al suo primo romanzo ed è in procinto di ultimarlo, adora camminare di notte nella città che gli fornisce tanta passione. Il sogno, la frustrazione, il rimpianto di un’epoca mai vissuta, e per la precisione gli anni 1920, si trasformano in realtà: ogni mezzanotte passa a prenderlo una vecchia Bentley e l’aspirante scrittore viene catapultato indietro nel tempo tanto da incontrare Francis Scott Fitzgerald e la moglie Zelda, Ernest Hemingway (che vorrebbe picchiarlo a suon di cazzotti), Thomas Stearns Eliot, Cocteau, Gertrude Stein (che legge il suo libro e gli suggerisce modifiche opportune), Pablo Picasso, Salvador Dalì (che vorrebbe ritrarlo in un quadro), Josephine Baker, il surrealista Man Ray, il giovane Luis Buñuel (al quale fornisce l’idea di un film). Insomma, si trova a che fare con tutti i grandi ed eccezionali artisti della cosiddetta Generazione Perduta. Un film ricco di citazioni, battute, piccole gag, autoritratti ironici e pungenti, benché riveli una leggera stanchezza inventiva, ma l’interpretazione di Wilson e degli attori che personificano i leggendari personaggi che si muovono a Parigi nel periodo storico fra le due guerre valgono il prezzo del biglietto e recano una grossa soddisfazione per l’elevato livello recitativo che, nelle pellicole di Allen, non dimentica mai di stupire e di sorprendere positivamente per la pienezza attoriale, il vigore stilistico e l’abnegazione splendidamente professionale. Abbiamo a che fare con un’opera sempre più vicina alle cognizioni e condizioni del cinema europeo realizzata da un cineasta profondamente innamorato e appassionato, sebbene l’amore assuma i tratti di un rischio pericoloso avvicinandosi alla terza età, tant’è vero che Mario Monicelli sosteneva che “i vecchi non si baciano”. Ma Woody è un puritano sbeffeggiante e geniale, che sa trarre dalle intenzioni i risultati meno edonistici possibile e sempre impregnati e scintillanti d’un realismo accademico che non disdegna a chiazze ben esposte una pazienza espressiva che fornisce esiti alquanto rifulgenti e apprezzabili. Peccato che la maggior parte della bellezza dello stile alleniano e del vigore sardonico escano soltanto nei film cui partecipa sia come regista che come attore, mentre nelle pellicole solamente dirette gli attori protagonisti interagiscono fra loro senza quel non so che di magico che traspare dalle mirabolanti interpretazioni che esclusivamente un nanerottolo occhialuto e frizzante sa offrire al suo pubblico più affezionato. L’ironia dissacrante e martoriante ricorre a più riprese nel corso della proiezione e si fa sentire con accenti accorati senza che scivolino però nel drammatico o nel lezioso: appare ormai chiaro che c’era chi, negli anni 1920, che avrebbe voluto vivere nella Belle époque tra la fine del XIX e gli albori del XX secolo, e altri, come Paul Gauguin e Edgar Degas, che rimpiansero amaramente il Rinascimento. Il regista dirige con la consueta magistralità che aggiunge sempre particolari interessanti, gioie festose e colori intensi a una sceneggiatura (premiata con l’Oscar nel 2012, andato proprio al buon attore-regista ebreo) già di per sé completa nell’autentico senso della parola, che non peccava né di sentimentalismo né di smancerosi manierismi, un pericolo che si sarebbe potuto correre nella raffigurazione di un’era passata nella quale si trova a vivere un individuo di un tempo posteriore che, senza trovarsi troppo spaesato, confuso o disorientato, recupera il proprio coraggio e buonsenso e affronta le situazioni che gli si presentano dinanzi col giusto temperamento e il debito interessamento. La fotografia di Darius Khondij carezza amorevolmente i paesaggi urbani parigini, baciando la Senna e i bistrot con un occhio della telecamera che tradisce la passione intima di amare follemente, quasi alla pazzia, un determinato luogo che abbonda di meraviglie architettoniche che si possono ammirare a qualunque costo e senza riserve di sorta. I costumi dell’italiana Sonia Grande riportano proprio indietro nel tempo e danno il colpo di grazia (ovviamente nel senso buono) alle toccanti, irriverenti e gustosissime performances dei caratteristi a cui è stato affidato l’incarico di incarnare i pilastri che costruirono le fondamenta della letteratura, della settima arte e della pittura del primo Novecento. Le canzoni di Cole Porter fanno sognare sulla scia di una venerazione non idolatrica per il cinema d’essai che non manca mai di essere accompagnato e sostenuto da una colonna sonora realizzata a puntino, ad hoc, che impreziosisce di galvanizzazioni tutt’altro che estreme ma comunque elettriche e vivaci un insieme di sequenze che è lì apposta per esporsi al giudizio di critici e pubblico dal palato delicato e forse anche un po’ pretenzioso, ma pur sempre onesto e adeguato. Aprì fuori concorso il Festival di Cannes 2011.
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