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Molto è stato già detto dai precedenti commenti. Solo qualche puntualizzazione : sono dalla parte di chi lo considera un gioiello. E' tutto di ottima levatura : la fotografia è splendida ma mai ammiccante e non sopravanza nè la trama, nè la sceneggiatura, tantomeno l'andamento, lento come sempre in Sorrentino. Ma la sua lentezza non è mai sfinente, piuttosto dona allo spettatore l'occasione per riflettere su ogni singola frase : personalmente ritengo i dialoghi una calibrata caduta di perle che, una dopo l'altra, chiariscono e sottolineano,in armonica successione,sentimenti e dati caratteriali dei singoli personaggi. Ho visto il film in lingua e così ho raccomandato di fare a chi mi ha chiesto un parere ( e qui apro una parentesi su le tante volte che -a mio avviso- il doppiaggio, specie ultimamente, leva parecchio al godimento della pellicola). Qualcuno ha detto che è un film per cinquantenni : al contrario ritengo che per ogni età vi sia un messaggio. Ai giovani arriva in special modo il segnale di quanto possa nuocere farsi strumentalizzare dai tanti messaggi mortiferi o comunque negativi o distruttivi,insinuati da alcune delle icone che di volta in volta la grande macchina discografica ha prodotto e produce. Molti anziani ritroveranno forse la loro cronaca, riappacificando l'animo con un messaggio di giustizia compiuta verso i tanti orrori del nazismo ( e del fascismo) nei confronti dei "non ariani".Ma è una giustizia pur sempre meno violenta di quella subita, più che altro un contrappasso. Interessante per tutte le età invece la rivisitazione e l'analisi del rapporto genitore-figlio, proposto come positivamente risolvibile anche post-mortem del genitore : luce di speranza per tutti coloro che, di fronte alla scomparsa della controparte, spesso risolvono i conflitti irrisolti con anni di analisi ! E' una pellicola gentile e poetica, magistralmente interpretata, ironica, pietosa ed impietosa nel contempo,profonda e liberatoria, mai ruffiana, come non è ruffiano l'happy end. Il personaggio di Sean Penn è stato sovrapposto a tante figure, ma a me è parso ricalcare piuttosto il vecchio Ozzy Osborne...ma forse non è poi così fondamentale : è un simbolo, una maschera, ed anche nell'utilizzo dello strumento "maschera" Sorrentino ha dato dimostrazione di saper trattare il tutto con sensibilità e profondità, senza annoiare, pur con le sue famose pause : in lui "il tacet è in partitura", se vi ricordate la famosa chiosa di "Amici miei".
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