Figlia di padre russo-francese e di madre turco-polacca, nel 1943 si stabilì in Italia, intraprendendo una fortunata carriera cinematografica negli anni dell'immediato dopoguerra. Il suo esordio sul grande schermo avvenne nel 1946, con il film Aquila nera; ma l'evento che le aprì la via verso la gloria e la popolarità si verificò l'anno dopo, quando fu scelta nel da Alberto Lattuada come protagonista femminile di un suo film, Il delitto di Giovanni Episcopo (1947),tratto dall'omonimo e celebre romanzo di Gabriele D'Annunzio, in cui la Sanson offrì un'interessante interpretazione del non facile personaggio che le era stato affidato. Appena qualche di tempo dopo, nel 1950, ebbe occasione di affermarsi come una delle più popolari attrici di quegli anni, apparendo come protagonista femminile in Catene, diretto da Raffaello Matarazzo, che la volle poi in tutti i suoi film successivi dello stesso genere, quali Tormento (1951), I figli di nessuno (1951), Wanda la peccatrice (1952), Menzogna (1952), Chi è senza peccato (1953), Noi peccatori (1953), Torna! (1954), L'angelo bianco (1955) e altri. In questi film, che ebbero come protagonista maschile Amedeo Nazzari (vedi) l'attrice formò con lui una coppia che, per alcuni anni, suscitò l'incondizionata ammirazione di larghissimi strati di pubblico popolare, riportando un notevole successo sia nelle grandi città che nella provincia. In essi, la Sanson diede vita a personaggi femminili caratteristici del costume e dell'ambiente culturale tipici, in primo luogo, del romanzo di appendice ottocentesco, poi del melodramma e infine dei romanzi "rosa" e della letteratura fumettistica dei fotoromanzi, che rappresentavano il punto d'arrivo, indubbiamente meno colto e più dozzinale, sia del romanzo d'appendice che del melodramma, ma che ebbero una diffusione enorme presso il pubblico femminile dell'Italia del primo dopoguerra. Le vicende in essi contenute, protraendosi in un numero infinito di puntate, mantenevano sempre viva l'attenzione dei lettori: l'esaltazione dei buoni sentimenti, le situazioni patetiche, le descrizioni dei più drammatici «casi della vita», un certo erotismo di maniera e i numerosi colpi di scena destinati immancabilmente a concludersi con il trionfo del bene, erano gli elementi costitutivi di storie in certo senso esemplari e certamente indicative d'un preciso gusto popolare in un ben determinato periodo della storia italiana recente. Il pubblico dei lettori e degli spettatori, dopo lunghi anni di eventi drammatici e dolorosissimi, era infatti desideroso di credere che ci sarebbe stato comunque un "lieto fine", e che, in un'atmosfera di generale ottimismo, la vita sarebbe stata in futuro più bella, più giusta e più facile. E' ovvio che in film ispirati a canoni di questo genere, gli attori finissero con l'essere costretti nei limiti di moduli interpretativi fissi ed uniformi; e neppure la Sanson poté sottrarsi a questa necessità. Nonostante ciò, seppe dimostrare valide doti drammatiche, evidenziate anche dal suo classico physique du role, un tipo di bellezza imponente e giunonica, molto apprezzata in quegli anni. Era abbastanza prevedibile, tuttavia, che il successo di tali film non avrebbe potuto avere lunga durata, proprio per il loro stesso carattere; infatti, con il rapido procedere degli eventi storici, accompagnato da un altrettanto veloce cambiamento del gusto, della cultura e del costume, l'entusiasmo che quelle storie avevano suscitato rimase circoscritto a poco più di un lustro. Con il declino del genere, anche la fama della Sanson cominciò a diminuire; scomparsi ormai i personaggi e i ruoli che l'avevano resa famosa, l'attrice non fu capace (o non ebbe la possibilità) di trovare nuovi modi di esprimersi e si limitò ad apparire saltuariamente in film di vario genere, sempre in parti di secondo piano.
