Dicono che Sam Shepard dovrebbe concentrarsi sulla scrittura e sceneggiatura di storie: ma a 62 anni lui sa meglio di chiunque cosa fare, e del resto l’ultimo film, Non bussare alla mia porta, lo ha scritto lui insieme con il regista, che è WimWenders. Hanno lavorato da soli, chiusi in un camper nel verde del Wisconsin. Sono grandi amici. Hanno ideato un uomo quasi vecchio che apprende per caso d’essere padre di un figlio ventenne mai conosciuto, che va a ricercare l’ex amante Jessica Lange madre del ragazzo, che viene respinto da lei e dal figlio. La vicenda è quasi identica a quella del film di Jim Jarmusch Broken Flowers con Bill Murray, ma loro hanno creato un gran personaggio: un attore specializzato in western, decaduto sino a interpretare per pochi soldi film miseri, un emblema del declino della cultura, del sogno e dell’Impero americani. Un personaggio (le occasioni perdute, l’età che avanza, il fallimento, la solitudine) adattissimo a Shepard, detto «Gary Cooper junior, alto, asciutto, chiaro, con l’andatura superba e malinconica, gli occhi azzurri come fessure, la bella faccia come cancellata Cresciuto on the road perché il padre militare di carriera (ne ha ereditato soltanto la postura delle spalle) cambiava sede fin troppo spesso, perché a lui nato nell’Illinois piaceva viaggiare attraverso gli Stati Uniti come il beat che era. Cameriere al Greenwich Village di New York per mangiare e per studiare recitazione al La Mama e all’Open Theatre, scrittore per il teatro e vincitore di un premio Pulitzer, cosceneggiatore pure di Zabriskie Point di Antonioni, di Oh Calcutta di Martin Guillaume Aucoin, di Paris,Texas di Wenders; interprete di Renaldo e Clara di Bob Dylan, de I giorni del cielo di Malik de Il rapporto Pelikan di Pakula, compagno di Jessica Lange e padre di due suoi figli, regista poco fortunato di Far North e di Silent Tongue.
Un uomo colto del suo tempo (anni Sessanta, Settanta) tra vagabondaggi americani, romanticismo e impegno sociale. Bello, seducente. E bravissimo anche adesso, con la sua aria dolente e sprezzante, la sua ruvida vitalità (film: Uomini veri di Kaufman, Follia d’amore di Altman, Crimini del cuore di Beresford), la sua assoluta mancanza di volgarità e di facilità. Diceva. «Penso a me stesso cornea uno scrittore». Dice ormai: «Non rifletto mai su me stesso».
Da Specchio, 8 ottobre 2005