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Rassegna stampa di Lucio Fulci

Lucio Fulci è un attore italiano, regista, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, autore effetti, assistente alla regia, è nato il 17 giugno 1927 a Roma (Italia) ed è morto il 13 marzo 1996 all'età di 68 anni a Roma (Italia).

IDA BIONDI
MYmovies.it

Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, si occupò per breve tempo di giornalismo (redattore del cinegiornale "Settimana Incom"). In seguito, dopo aver diretto alcuni documentari, nel 1948 si dedicò al cinema come aiuto regista (seconda unità de Gli ultimi giorni di Pompei) e sceneggiatore. Dal 1951 collaborò alla sceneggiatura di numerosi film, prediligendo il genere comico, interpretato da attori come Totò (Totò all'inferno, Letto a tre piazze) e Alberto Sordi (Un giorno in pretura, Un Americano a Roma). Questo suo amore per la comicità farsesca perdurò anche dopo il 1959, quando Fulci esordì come regista; diresse infatti una lunga serie di film interpretati dalla celebre coppia siciliana Franco Franchi-Ciccio Ingrassia. Sembrò poi cambiare orientamento, spaziando fra film di vario genere, dalla commedia al film storico, dall'western al giallo; e fu proprio in quest'ultimo filone che diede forse le sue prove migliori con Non si sevizia un paperino (1972) e Sette note in nero (1977). Nel 1979 ebbe inizio una nuova fase della sua carriera, quella dell'horror film: Zombi 2, L'aldilà, Black Cat, Manhattan Baby, non sono che i migliori di una lunga lista.

MAURO GERVASINI
Film TV

Critico d’arte, chansonnier, polemista e soprattutto sceneggiatore, poi regista. Anzi, dietro la macchina da presa Lucio Fulci esordì nel 1959 con I ladri, di malavoglia quasi, chiamato alla regia dal Principe. «Mi ritengo un errore di Totò» dice il cineasta nella definitiva videointervista che nel 1994 gli fecero Marcello Garofalo e Antonietta De Lillo (La notte americana del dott. Pulci). Un errore che ha però strappato Fulci a un destino da mediano, da rifinitore della settima arte e della cultura di massa, una figura che un copione già scritto avrebbe relegato dietro le quinte a scrivere gag, dialoghi o canzoni (sua e di Piero Vivarelli è per esempio Il tuo bacio è come un rock, per dirne una che ne vale mille) senza apparire, senza disturbare. Ma Totò ci ha messo lo zampino, e il dottor Fulci di disturbo ne ha creato parecchio. Si fa per dire, ma è un dato di fatto che nessun regista come lui abbia suscitato nel pubblico e soprattutto nella critica viscerali passioni e apodittiche stigmatizzazioni. Del resto, era inevitabile. Parliamo dell’uomo che in un certo senso ha inventato - o inguaiato, per dirla alla Ciprì e Maresco - il cinema italiano popolare, a partire dall’americano a Roma Nando Moriconi, creato insieme a Sandro Continenza, fino ad alcune delle pagine migliori di Totò, come Totò a colori diretto da Steno, per arrivare a certi film con Franchi & Ingrassia - uno su tutti 00-2 Operazione Luna - che persino mai pentiti denigratori annoverano tra le “perle” della comicità nostrana. Eppure, rispetto a Mario Bava, Riccardo Freda, Fernando di Leo, Mario Mattoli e altri illustri “artigiani”, Fulci non gode dell’unanimità neppure in epoca di rivalutazioni. Chi lo apprezza lo fa senza condizioni, trasformando la giusta riconsiderazione della sua opera in agiografia militante, all’interno della quale l’inguardabile Un gatto nel cervello vale quanto l’eccellente Non si sevizia un paperino. Così facendo l’autore è imprigionato in un’altra torre d’avorio, diversa da quella degli intoccabili Mostri Sacri (Fellini, Antonioni, Rossellini, De Sica, ultimamente Leone...) ma lo stesso inespugnabile da chi voglia esercitare una critica reale. Dall’altra ci sono quelli come Tullio Kezich che si ostinano a trattarlo appunto da mediino, senza accorgersi dell’energia, a volte dirompente, di alcune sue invenzioni. Il problema con Fulci è forse di prospettiva. Ha capito prima di altri che il racconto di genere in Italia aveva bisogno di trascendere i propri limiti, e ha quindi favorito la trasformazione, persino l’ammodernamento, di certi stereotipi. Nando Moriconi è la prova più lampante: il romanaccio becero che tenta un’impossibile metamorfosi “americanizzandosi”; ma non dimentichiamoci che attraverso I ragazzi del juke-box e Urlatori alla sbarra Fulci contribuisce a creare il fenomeno Celentano, anche qui mescolando la tipologia provinciale dell’italiano che “va in tramvai" a quella (pseudo)internazionale tutta “roccherroll” e “awanagana”. Stessa cosa nell’horror, la cui declinazione fulciana manda in visibilio i lettori di “Fangoria” e Quentin Tarantino, che in Kill Bill 2 omaggia Paura nella città dei morti viventi con la scena di Urna Thurman sepolta viva. Qui Lucio, oltre a firmare alcuni dei suoi lavori migliori, come E tu vivrai nel terrore! L’Aldilà, dimostra una fantasia visionaria che ha radici ben precise, molto consapevoli, senza dubbio influenzata dalla frequentazione con la storia dell’arte, in particolare le avanguardie.

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