A sinistra lo ascoltavano però lo accusavano di essere smielato e piccolo borghese. Eppure oggi il cantautore romano critica la rassegnazione dei giovani: «Noi sognavamo un mondo migliore» dice alla vigilia di un tour che guarda avanti. Ma ripensando al passato.
ONIA. Per chi è stato adolescente negli anni 80, e (davanti a certe canzoni d'amore storceva il naso con spocchia tipicamente giovanile, ascoltare Claudio Baglioni che parla di rivoluzione significa fare i conti col passato.
«Beninteso» affonda lui incurante del trauma in corso «io non sto incitando nessuno a incendiare le scuole o le università. Ma dei ragazzi di oggi mi colpisce la rassegnazione, la mancanza di sogni. Da giovane devi pensare che cambierai il mondo, ci devi credere. A vent'anni devi essere un rivoluzionario. Non puoi accontentarti di desiderare degli oggetti. Non è giusto».
Scusi e lei da giovane pensava di cambiare il mondo con Passerotto non andare via?
«Per quelli come me contava il riscatto sociale e culturale. lo mi sentivo rivoluzionario perché ero diverso. Parliamo di anni in cui aggregarsi a un gruppo era l'unico modo per essere accettati echi, come me, non aveva un'identità politica forte alla rime faceva incazzare tutti, sia quelli di destra che quelli di sinistra. E infatti a scuola ambivo al ruolo di moderatore. Cercare un punto di incontro tra le parti era la mia massima aspirazione».
Poi una fidanzatina I'ha lasciata e ha scritto Questo piccolo grande amore...
«Magari. Prima avevo inciso due dischi: pretenziosi, con testi criptici e incomprensibili. Un fallimento utile solo a capire che volevo raccontare cose semplici, universali. Con quelle feci il botto».
Ma portò a casa anche il marchio del cantante sdolcinato.
«I critici e la politica non hanno mai saputo etichettarmi e questo, come accade spesso, crea diffidenza. Per anni ne ho sofferto. Poi, però, le cose sono cambiate, lentamente ma sono cambiate».
A essere sinceri alcuni critici continuano a guardarla con sospetto.
«Vero. E anche quando ho fatto dischi totalmente diversi dai miei soliti come Oltre, hanno continuato a giudicarmi come quello delle canzonette per innamorati. Ma va bene i così, fa parte del gioco».
Però qualche soddisfazione se l'è presa. E da quando ha fatto la trasmissione Anima mia si è innescato un processo mediatico che l'ha portata nella sezione politically correct della musica leggera italiana.
«II cambiamento, per quanto mi riguarda, è iniziato nei primi anni 90. Un periodo molto duro: avevo deciso di ritirami, non sopportavo più il peso della popolarità, pensavo di sparire. Il rapporto con il pubblico è entusiasmante, ma anche molto faticoso, non è mai alla pari. Ogni volta cheti ritrovi faccia a faccia con un fan vorresti dedicargli attenzione, almeno quanta se ne aspetta lui e non sempre è possibile. Per non parlare delle inevitabili delusioni che rischi di infliggere a chi ti ha idealizzato. Per questo, e per tanti altri motivi, ero sul punto di dire basta, quando ho avuto un gravissimo incidente automobilistico. I mesi di immobilità mi hanno fatto cambiare idea».
È diventato anche socievole.
«Resto un timido che fatica a stare al mondo. Però è vero, mi sento più sicuro. Ho trovato la forza per affrontare un mestiere per cui, fondamentalmente, non sono adatto».
Ed è uscito dal recinto dell'interesse privato tipico di molte star. Si è molto prodigato per gli immigrati con il festival di Lampedusa, O' Scià. Un'altra mossa che ha spiazzato.
«O' Scia' non è il frutto di una manovra ma una iniziativa seria in cui ho investito tanto Come . quello che chiamo il quadriprogetto Qpga».
Ecco: perché quando finalmente l'immagine i della maglietta fina si era sbiadita ha premuto rewind e ha rilanciato con un film, un libro, un gran concerto e un nuovo album titolo: Questo piccolo grande amore?
«In realtà, dopo 40 anni, avevo voglia di mescolare linguaggi diversi. Lo spettacolo, due ore e quaranta di musica, propone in anteprima quello che sarà il disco. Un'opera rock, quattordici canzoni tutte inedite».
Perché ha ripescato nell'archivio tirando fuori brani scritti negli anni 70?
«All'epoca decidemmo di tenere fuori alcuni pezzi. Anche perché, colpito da eccesso di creatività, ne avevo scritti troppi per un solo Lp. Canzoni che in tutti questi anni sono rimaste lì, in un limbo. Fino a qualche mese fa, quando le ho tirate fuori dal cassetto e le ho riscritte. Mi sono divertito e adesso voglio condividere questo giocattolo con tante persone. Faremo cinque repliche a settimana. È un'operazione ambiziosa che, come mi capita spesso, ha costi altissimi. Come al solito puntiamo a pareggiare i conti più che a fare profitti».
E come è stato, a 58 anni, cimentarsi con testi e temi così giovanili?
«Imbarazzante. Non riesco più a pensare con quella testa li, è ovvio. In un primo momento sono andato in crisi. Poi, però, ho cercato di rivivere quelle emozioni con gli occhi di un uomo della mia età e le cose hanno preso forma. In un certo senso ho chiuso un cerchio».
Non deve essere facile raccontare l'amore a una generazione così smaliziata rispetto a quella con la quale si è confrontato all'inizio.
«Meno ingenua forse. E sicuramente meno idealista. Ma non credo che i giovani siano tutti come quelli che vediamo in tv. In realtà sono molto meglio. Io, come dicevo prima, sono colpito dalla mancanza di sogni più che dalla malizia. In fin dei conti non è colpa loro, le responsabilità sono degli adulti. Siamo tutti prigionieri di un sogno di eterna giovinezza che confonde i ruoli. Ai ragazzi mancano figure paterne, uomini come mio padre: gente onesta, perbene»:
Quella piccola borghesia che lei ha raccontato spesso.
«Padri poco presenti fisicamente ma solidi. La quotidianità era affidata alle mogli. Un mondo che non racconto più perché non c'è più».
È vero pure che il cantante dei sentimenti oggi deve fare i conti con la spettacolarizzazione dell'intimità.
«Ma quelli sono sentimenti precotti, la colpa è della televisione che ha provocato una degenerazione dei costumi».
Alt, così parla come un cantante di sinistra, ne è consapevole?
«Diciamo che la televisione ha le sue responsabilità».
Urge una rivoluzione?
«I giovani dovrebbero ricominciare a sognare. Che poi è quello che canto da quarant'anni....».
Da Il Venerdì di Repubblica, 12 giugno 2009