Dimenticate Fragole e sangue: un cartone animato vi seppellirà. Approda in Europa, presentato al Festival di Locarno dopo aver esordito al Sundance Festival di Robert Redford, Chicago 10, di Brett Morgen, rilettura, nell'inedito stile del docu-cartoon, di uno degli episodi più caldi del Sessantotto americano: gli scontri tra pacifisti e polizia durante la Convenzione democratica di Chicago, e il successivo processo ai leader della rivolta. Immagini di repertorio e disegni animati, dunque, per guardare a ieri parlando di oggi.
«Ideato non a caso« dice Brett Morgen, regista newyorchese, nato un mese dopo i fatti che racconta, «quando gli Stati Uniti decisero di rispondere all'11 settembre con la guerra in Afghanlstan. Mi accorsi che solo una minima parte di coloro che non condividevano la politica aggressiva dell'amministrazione Bush era scesa in piazza a protestare. Oggi è anche peggio: il 70 per cento degli americani vuole il ritiro dall'Iraq, ma lo sappiamo solo dai sondaggi televisivi».
L'appuntamento pacifista di Chicago dell'agosto 1968, pochi mesi dopo gli assassini di Bob Kennedy e Martin Luther King, aveva lo scopo di fare pressione sulla convention che doveva scegliere il candidato democratico da opporre al repubblicano Richard Nixon. Il movimento era guidato da David Dillinger (Comitato contro la guerra in Vietnam), Abbie Hoffman e Jerry Rubin (Yippies - Youth International Party), Tom Hayden (che sarebbe diventato il secondo marito di Jane Fonda), Rennie Davis, dello Sds (Students for a Democratic Society) e Bobby Seale, leader del movimento antirazzista radicale Black Panthers (pantere nere), che insieme a John Froines e Lee Weiner saranno processati per incitamento alla rivolta in un dibattimento irriverente e violento. E a spalleggiarlo c'erano intellettuali come Allen Ginsberg, William Burroughs, Jean Genet.
L'inizio ludico, con candidature del maiale Pegasus alla Casa Bianca, e occupazione simbolica dei monumento equestre del Lincoln Park, scateno una spropositata reazione della polizia. Che manganellò chiunque capitasse a tiro, compreso, è una curiosità, il fondatore di Playboy Hugh Hefner mentre usciva da un locale.
«Una storia dimenticata» dice Mario Maffi, che insegna Letteratura degli Stati Uniti all'Università di Milano ed è autore di libri come La cultura underground (Laterza, 1972) e Il Mosaico della città (Net, 2006). «Oggi si tende a dare un'idea generica di quei fatti e di quel contesto: la storia del dissenso non collima con l'immagine edulcorata che gli Stati Uniti vogliono dare di sé».
«Chi ha meno di trent'anni, in America, non sa quasi nulla di quell'estate a Chicago» aggiunge Morgen, «per questo ho voluto raccontarla con gli occhi di chi c'era. Fortunatamente, è uno degli eventi più documentati della storia Usa contemporanea: in quattro anni ho visionato mille ore di girato autoprodotto, ascoltato cinquecento ore di audiocassette, letto 23 mila pagine di trascrizioni del processo, studiato 14 mila fotografie. Da questo, ho creato il ritratto di un momento».
I fatti dl Chicago dunque, pietra miliare del Sessantotto, sono raccontati con un linguaggio che avvicini i giovani, «affinché» si accalora Morgen «riscoprano Il potere della protesta«. Un film che parla di Sessantotto, insomma, non per anticipare anniversari ma per rendere viva e attiva la storia. Ecco il perché di una scelta tecnica tanto raffinata, dove sono eliminate le interviste a posteriori, e la realtà - le immagini di repertorio - sconfina in una fiction animata che ripercorre alla lettera alcuni passaggi fondamentali: come l'imbavagliamento, durante il processo, del leader nero Bobby Seale, per aver dato del «fascista» al giudice.
Per non dimenticare che sempre di documentario si tratta, alcuni dei veri protagonisti di allora, come l'avvocato Len Weinglass, che difendeva i rivoltosi, ripercorrono quei fatti semplicemente doppiando il proprio alter ego di cartone. Abbie Hofiman, morto negli anni 80, è doppiato dal figlio. A sottolineare infine che i fatti di ieri non sono poi così lontani da quelli di oggi, la colonna sonora miscela famosi brani dell'epoca (alcuni ispirati proprio da quei fatti, come Chicago di Crosby Still Nash & Young) al rap politico e anti-Bush contemporaneo.
«D'altronde la nuova generazione di documentaristi americani, a partire da Michael Moore» nota Maffi «sembra essere la vera erede della controcultura nata in quegli anni. Espressione di un modo ironico ma coerente di rapportarsi alla realtà, di chi non si riconosce nel potere e cerca di dare il meglio di sé senza omologarsi». Anche a colpi di cartoon.
Da Il Venerdì di Repubblica, 27 luglio 2007