| Anno | 2025 |
| Genere | Thriller, |
| Produzione | USA |
| Durata | 110 minuti |
| Regia di | Kelly Reichardt |
| Attori | Josh O'Connor, Sterling Thompson, Alana Haim, Jasper Thompson, Bill Camp Hope Davis, Eli Gelb, Cole Doman, Gaby Hoffmann, John Magaro, Rhenzy Feliz, Matthew Maher, Margot Anderson-Song, Juan Carlos Hernández, Jean Zarzour, Ryan Homchick, Wilson Conkwright, Katie Hubbard, Steven Terry Walker, D.J. Stroud, Greg Violand, Angel Kerns, Greg Siewny, Barry Mulholland, William Cross, John E. Brownlee, Robert Gerding, David Pittinger, Carrie Lazar, Javion Allen, Deb G. Girdler, Richard Hagerman, Clark Harris (II), Kevin Michael Walsh, Amanda Plummer, Dale Hodges. |
| Uscita | giovedì 30 ottobre 2025 |
| Tag | Da vedere 2025 |
| Distribuzione | Mubi |
| MYmonetro | 3,13 su 18 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 16 ottobre 2025
Massachusetts, 1970. JB, ex falegname, tenta un colpo d'arte ambizioso, ma tutto degenera e la sua vita prende una svolta irreversibile. In Italia al Box Office The Mastermind ha incassato nelle prime 6 settimane di programmazione 64,4 mila euro e 30,2 mila euro nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Massachusetts, 1970. James Blaine Mooney, per gli amici J.B., è figlio inconcludente del giudice della contea di Framingham, ha una moglie, Terri, e due figli gemelli, ma non ha un lavoro, anche se è laureato ed è abilissimo nei lavori manuali. Si diletta nel frequentare il museo locale e a sottrarre da lì qualche artefatto, finché non decide di rubare quattro quadri del pittore astrattista Arthur Dove e dare così una svolta alla sua vita, cosa che probabilmente stupirebbe suo padre e renderebbe orgogliosa sua moglie, l'unica a portare a casa il pane. J.B. dunque mette insieme un trio di malcapitati e il furto al museo apparentemente riesce, ma le cose cominciano a mettersi male fin da subito, costringendo J.B. ad una latitanza in giro per gli Stati Uniti. Intorno a lui si muovono i movimenti contro la guerra nel Vietnam, e il Paese sembra anch'esso allo sbando.
The Mastermind comincia come un "film del colpo grosso", con tanto di titoli di testa che scorrono in verticale e di un accompagnamento musicale jazz (di Rob Mazurek) che sembra un omaggio alla colonna sonora di Audace colpo dei soliti ignoti firmata da Piero Umiliani, featuring la tromba malinconica di Chet Baker.
Ma dopo le prime scene il film racconta la peregrinazione solitaria di un uomo che ha perso scopo e direzione, e girovaga per gli Stati Uniti come un vagabondo all'epoca della Grande Depressione. In realtà J,B. può essere interpretato come il simbolo della generazione hippie, quella che ha disertato la guerra nel Vietnam (o ci ha lasciato le penne) e si è persa nelle droghe facili alla ricerca di un altro mondo possibile. In J.B. si respira lo smarrimento post sessantottino, e il contrasto fra lui e il padre "giudice supremo" è anche quello fra i figli ribelli e i padri autorevoli che ha caratterizzato quegli anni.
Josh O'Connor presta la sua tenerezza e la sua simpatia naturale a un personaggio ambiguo e sfuggente, laconico e goffamente disperato, cui non riesce bene niente, anche se avrebbe il talento e le doti intellettuali per fare bene tutto. Il suo J.B. ha perso a strada in partenza: il suo rapporto con i figli è distaccato, quello con la moglie diventa sempre più improntato alla sfiducia (di lei), quello con i genitori alla sudditanza. L'incontro con due amici che hanno lasciato le proteste di piazza per rifugiarsi in campagna, come fecero molti contestatori delusi dalla lotta in prima linea, e l'ipotesi di fuggire in Canada, come facevano i renitenti alla leva, non fanno che sottolineare quanto J.B. sia in realtà estraneo a qualunque contesto. Il suo è un impaccio esistenziale privo di cattiveria, ma non privo di conseguenze catastrofiche, anche per le persone che gli stanno vicino e che dovranno imparare a tenerlo a distanza.
Kelly Reichardt è la regista, sceneggiatrice e montatrice di The Mastermind (titolo ironico che indica una "mente organizzativa" quando invece qui la mente di J.B. è un disastro annunciato), un film di una luminosità accecante quando inquadra l'America della palizzata bianca, via via sempre più buio quando racconta l'implosione progressiva del suo protagonista (la direzione della fotografia è di Christopher Blauvert, che ha accompagnato Reichardt in tutti i suoi film da Meek's Cutoff in poi).
La scena più esemplificativa di The Mastermind è quella in cui J.B. tenta di nascondere in un porcile i quadri rubati in tempo reale: una scena lentissima, faticosa e involontariamente comica, come lo è la vita del protagonista. La lentezza, caratteristica del cinema di Reichardt (e qui talvolta eccessiva), e il minimalismo espressivo sono funzioni dell'irrisolutezza esistenziale di James Blaine Moody, la cui parabola cinematografica è aritmica come la sua vita, ma non priva di un lunare incantamento.
Accanto a Josh O'Connor fanno brevi apparizioni la cantante Alana Haim (la moglie Terri, vista in Licorice Pizza), Hope Davis (la madre), John Magaro (già coprotagonista del western sui generis della Reichardt First Cow) e Gaby Hoffman (figlia di Viva, musa di Andy Warhol) nei ruoli degli amici del protagonista trasferiti in campagna. Dietro di loro c'è un'America sparita lungo la linea di confine fra un passato tradizionalista e ottimista e un futuro progressista foriero di cocenti delusioni: quell'America cantata nel 1968 da Simon & Garfunkel nel brano omonimo, di cui un giovane uomo (e la nazione tutta) va in cerca a bordo di un Greyhound sentendosi perduto, "svuotato e dolorante, senza sapere il perché".
Il valore cinematografico di The Mastermind risiede proprio nel modo in cui Kelly Reichardt distorce e sabota i codici del genere poliziesco per consegnarci una tragica e lucidissima riflessione sul fallimento esistenziale dell'uomo medio americano negli Anni Settanta. 1. La Satira del Radicalismo Inconcludente Il film è una critica al mito romantico degli [...] Vai alla recensione »
l nuovo lavoro di Kelly Reichardt non è un heist movie tradizionale; è la de-glorificazione sublime e malinconica del crimine come atto di ribellione. The Mastermind ci trascina in un Massachusetts degli Anni Settanta ricostruito in modo stupefacente per ambientazioni e atmosfere, dove la quiete borghese nasconde un silenzioso disastro esistenziale.
Un film riuscito sulla disillusione americana, con un Josh O'Connor molto convincente. La fotografia e la regia sono precise e pulite, ma forse la storia sarebbe potuta essere pi? avvincente. L' inizio ? divertente e rocambolesco, poi le vicende di James Mooney diventano pian piano pi? realistiche e amare, ma meno coinvolgenti. Si esce dalla sala con la sensazione di aver visto un film intelligente [...] Vai alla recensione »
La patina anni '70 contribuisce a stemperare i toni, non solo perché svapora un vago senso vintage sull'operazione, ma anche perché crea una distanza temporale che rende tutto più immateriale, se vogliamo persino mentale: siamo in The Mastermind, il nuovo film di Kelly Reichardt, visto a Cannes in Concorso senza che lasciasse granché, forse più interessante da ripensare ora a distanza, non foss'altro [...] Vai alla recensione »
The Mastermind, l'ultima opera di un'autrice come Kelley Reichardt che sta portando avanti un suo racconto della società americana nel corso del tempo dal punto di vista di individui fuori dalla legalità e dalla norma, ci introduce fin dalle prime, osservative inquadrature in un'atmosfera da cinema degli anni '70: lo scenario è quello del museo d'arte moderna di una cittadina del Massachusetts, le [...] Vai alla recensione »
Massachusetts, primi anni Settanta. James Blaine Mooney, falegname rimasto senza lavoro e senza direzione, decide di improvvisarsi ladro d'arte. Il suo piano, fragile come lui, crolla subito e lo trascina con la sua famiglia in un vortice senza fine. La regista indipendente statunitense Kelly Reichardt torna a raccontare l'America dei margini, ma questa volta la sua lentezza non è più sguardo, è stanchezza. [...] Vai alla recensione »
Anni Settanta. I furti di opere artistiche non vanno quasi mai veloci come a Parigi. Un padre di famiglia disoccupato tenta di far qualche soldo rubando in un museo. Ha in mente il quadro, e assieme ai suoi complici progetta un piano infallibile (secondo lui). Ruberà un dipinto di Arthur Dove, per accompagnamento la regista sceglie la musica jazz di Rob Mazurek.
Kelly Reichardt ha un'avversione per l'ovvio. I suoi film (First cow, Certain women) sfidano con sottigliezza le nostre aspettative. A volte sembra interessata agli spazi e ai personaggi almeno quanto ai temi che affronta. Con leggerezza e ironia sembrano quasi contraddire la complessità delle storie che racconta. E i suoi film sono sempre molto più di quello che appaiono inizialmente.
America 1970. Le proteste contro la guerra del Vietnam sono all'ordine del giorno. J.B. laureato nullafacente con moglie e gemelli al seguito mette in atto un piano ardito: rubare quattro quadri al museo con dei complici inaffidabili. In fuga dopo aver lasciato la famiglia finirà in un corteo di protesta per la pace, disperso con la forza dalla polizia.
Caduto nella trappola della truffa, JB Mooney (Josh (YConnor) è un padre disoccupato che si scopre capace di ideare un piano per una rapina al museo. O'Connor sprofonda in un gorgo intricato e minaccioso che lo risucchia. Kelly Reichardt, con voce rigorosamente sincera, mette in scena il tracollo di un essere umano vittima della sua follia, in una black comedy ambientata negli anni che incede a ritmo [...] Vai alla recensione »
Poeta di personaggi che, come dice lei, «stanno al perimetro», Kelly Reichardt posa lo sguardo sul furto d'arte compiuto da un gruppo di studenti in questo film più narrativamente articolato del solito. Scritto dalla regista di First Cow Meek's Cutoff senza il suo abituale collaboratore, il romanziere Jon Raymond, The Mastermind, è un'avventura di quadri e rapina, ambientata sullo sfondo dell'America [...] Vai alla recensione »
In principio Kelly Reichardt "decostruisce", come è di moda dire. Nel senso che nei suoi film la cultura acquisita che portiamo in sala, sia essa legata al genere cinematografico o sessuale, ai preconcetti su luoghi geografici e ambienti sociali, è frustrata: è come se la regista girasse contro il ritmo e il senso già dato, estendendo la durata delle scene, smussando gli stereotipi con alterna intensità, [...] Vai alla recensione »
Alla maniera di tutto il postmoderno americano, anche il cinema di Kelly Reichardt, nel suo minimalismo esibito, è come la controparte alla luce del giorno di una favola oscura che in passato era raccontata coi toni contrastati del genere: noir, horror, mélo, anche heist movie. Nei toni sfumati della fotografia di Christopher Blauvelt, da anni collaboratore della regista, di contrasti invece non ce [...] Vai alla recensione »
Nell'America del 1970, mentre le protesta contro la guerra del Vietnam, sono all'ordine del giorno, J.B. laureato ma in pratica nullafacente, con moglie e coppia di gemelli al seguito, mette in atto un piano ardito: rubare quattro quadri al museo con dei complici che sarebbe stato meglio evitare. In fuga attraverso l'America, dopo aver lasciato moglie e figli, finirà in un corteo di protesta per la [...] Vai alla recensione »
Attraverso una progressiva depurazione del proprio sguardo, Kelly Reichardt realizza un omaggio attonito a un ladro d'oggetti d'arte (Josh O'Connor) che - contrariamente alla nomea di essere la mente della sua banda e compiendo una serie di errori - fa deragliare completamente la propria vita. La regista crea spazi vuoti attraverso inquadrature di depurata geometria che gradualmente rivelano il tempo [...] Vai alla recensione »
Poeta di personaggi che, come dice lei, «stanno al perimetro» Kelly Reichardt torna a Cannes in concorso con il suo primo film «d'epoca» e quello narrativamente più articolato. Scritto da Reichardt senza il suo abituale collaboratore, il romanziere Jon Raymond, The Mastermind, è un'avventura di arte e rapina, ambientata sullo sfondo dell'America nixoniana e delle prime contestazioni contro la guerra [...] Vai alla recensione »
Josh O'Connor è il protagonista di "The Mastermind" di Kelly Reichardt, presentato in Concorso a Cannes 2025 The Mastermind portava con sé le ultime possibilità di riscatto per Cannes 2025, per il Concorso, uno dei più mediocri dell'ultimo decennio. Niente da fare, Kelly Reichardt inciampa in un film dai troppi sottintesi, dallo sviluppo incerto, una sorta di metafora generazionale di scarso respiro [...] Vai alla recensione »
Anni Settanta, «in un tranquillo angolo del Massachusetts». Quattro quadri di Arthur Dove, una rapina sgangherata, una commedia nera, una riflessione sempre più amara sugli Stati Uniti, sulla media borghesia. I prodromi di quello che decenni dopo diventerà lo scivolo del trumpismo, una resa morale già in atto da anni. Con un film che sembra quasi stanziale come il precedente Showing Up, per poi mutare [...] Vai alla recensione »
Non si può dire che JB, il protagonista di The Mastermind interpretato da un magnifico Josh O'Connor, sia una grande mente criminale. D'altronde, se il colpo al museo per aver successo debba sperare nella sonnolenza della guardia, che non passi nessuno nella mostra di quadri astratti, che l'altra guardia all'ingresso si scansi, diciamo che non sei sicuramente Lupin.
Nel cinema di Kelly Reichardt il gesto minimo ha sempre avuto un peso specifico enorme. Una carezza non data, una passeggiata fuori campo, un cane che attende: ogni elemento racconta un mondo. The Mastermind, in concorso a Cannes, conferma questa poetica della sottrazione con esiti insieme affascinanti e parzialmente irrisolti. Ambientato negli Stati Uniti degli anni Settanta, sullo sfondo della guerra [...] Vai alla recensione »