Blitz

Londra, 1940. Mentre sui cieli della città è iniziata l'offensiva della Germania nazista con una campagna di bombardamenti chiamata "Blitz", molti cittadini cercano di mettersi in salvo. Quando gli attacchi diventano più frequenti e pericolosi, molti bambini vengono mandati dalle loro famiglie in campagna per tenerli al riparo dalla guerra, attraverso un servizio garantito dal governo britannico. Tra questi c'è George, un ragazzino di 9 anni che vive con la madre Rita e il nonno. Lui però non ha nessuna intenzione di partire. Sale sul treno ma nel corso del viaggio decide di scappare per tornare verso casa. Non sarà però così semplice e dovrà affrontare numerose difficoltà. Durante il suo cammino trova persone disposte ad aiutarlo ma anche chi vuole approfittarsi di lui. Intanto Rita, che lavora in una fabbrica di munizioni, si mette disperatamente alla sua ricerca dopo essere venuta a conoscenza della sua scomparsa.

Il tono favolistico può ingannare. Blitz è infatti prima di tutto un war-movie così come lo era L'impero del sole. Certo, poi entrambi sono accomunati dallo sguardo dei loro protagonisti.

Nel film diretto da Steven Spielberg c'era un giovanissimo Christian Bale, figlio di un diplomatico inglese, costretto a separarsi dai genitori durante l'invasione giapponese a Shanghai nel 1941. In Blitz un ragazzino di nove anni lotta per la sopravvivenza nelle strade londinesi, tra il soldato che lo vuole aiutare e la banda di sciacalli che lo minaccia.

L'affresco è imponente, sia a livello visivo che sonoro. Sono presenti i rumori fortissimi dei bombardamenti e delle esplosioni che accompagnano le immagini della città in fiamme, dei feriti negli improvvisati ospedali da campo e degli aerei che invadono i cieli. La ricostruzione realistica è meticolosa ma lontana da ogni tentazione documentaristica. Immerge nella tragedia e nell'orrore della guerra con la stessa potenza di Michael Bay in Pearl Harbor senza però le tentazioni da videoclip. Certo, fa effetto accomunare due cineasti così diversi, forse agli antipodi. Ma tutti e due condividono la smisurata ambizione di un cinema che pensa in grande, proprio come il cinema bellico della Hollywood classica.

In più, nel caso di McQueen, c'è anche l'identità dell'artista che stavolta si mette prima di tutto al servizio della storia (la sceneggiatura è scritta dallo stesso regista), ma che sottolinea spesso il taglio pittorico delle inquadrature nei contrasti di luce. Ci sono inoltre anche i piani dei volti che hanno lo stesso impatto di quello dei dipinti, a cominciare da quelli di Saoirse Ronan, in una prova di grande spessore che rende coinvolgente l'intensità drammatica di Rita, e di Elliott Heffernan che colpisce per la sua sorprendente naturalezza e sembra sospeso tra Oliver Twist di Charles Dickens (con echi anche dell'adattamento cinematografico di David Lean del 1948) e "Pinocchio" di Carlo Collodi. Londra per George è una città piena di insidie, trappole ma anche inaspettate sorprese. Forse è qui che lo sguardo sulla Storia del regista prende altre direzioni. Non c'è la voice over di Occupied City ma gli scorci su Londra sono sovrapponibili, da un punto di vista architettonico, a quelli di Amsterdam di quel documentario.

In più, Blitz è un altro spaccato del regista sulla metropoli britannica che ne arricchisce ulteriormente la visione attraverso i decenni dopo quello della sua miniserie Small Axe, saga antologica dedicata alle lotte per i diritti civili della comunità afro-americana ambientata tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli Ottanta.

Blitz non rinnega l'opera precedente di McQueen ma mai come stavolta punta a una dimensione spettacolare puramente cinematografica che rappresenta quasi una contraddizione rispetto i formati Apple Tv+. Ma c'era lo stesso sospetto al centro di Killers of the Flower Moon. Per questo trova quello scatto decisivo nell'incrocio tra il cinema di guerra e la componente visionaria come nella camminata al buio di George tra le rotaie della metropolitana, un momento di cinema altissimo dove il tono epico cede momentaneamente il passo a quello più onirico e intimo dove frammenti del passato possono riprendere forma; il nonno (interpretato da Paul Weller, il cantante britannico che è stato anche il leader dei Jam e degli Style Council, qui al debutto cinematografico) che suona il piano mentre parla al nipote è uno degli intensi frammenti di una vita passata che ora ha ormai i contorni sfocati di un sogno. 