Anno | 2023 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Ungheria |
Durata | 103 minuti |
Regia di | Dorka Vermes |
Attori | Miklós B. Székely, Benjamin Dino, Rozi Székely, Andrea Spolarics, Zoltan Koppany Zoltán Gyöngyösi, Ferenc Katkó, Balogh Orsolya, Szilvia Krizsán, Erik Olle, Lili Raubinek, Pompónia Pálya, Kovács Botond, David Yengibarian, Péter Turi, Veronika Szabó, Dorottya Gellért, Zsigmond Németh, Renáta Rédei. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento domenica 3 settembre 2023
Un ragazzo lavora come tuttofare in un circo. Un giorno i proprietari acquistano un pitone e lui decide di addomesticarlo. Questo gli cambierà la vita.
CONSIGLIATO NÌ
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Árni è un giovane che lavora in un piccolo circo dalla struttura familiare. Lui è l'unico a non farne parte. I suoi compiti sono innumerevoli e vanno dal dare da mangiare agli animali a collaborare nella installazione della struttura nelle varie piazze in cui i circensi si esibiscono. Tutto scorre nella quasi immota quotidianità fino a quando un giorno viene acquistato un grosso pitone che attrae l'attenzione e le cure del ragazzo.
Il ritratto di una solitudine profonda realizzato grazie ad un attore che la regista conosce bene.
Dorka Vermes ha chiesto all'attore Péter Turi di interpretare un ruolo che si avvicinasse alla sua reale personalità che così definisce:"È un giovane molto sensibile e intelligente, che si distingue da tutto ciò che lo circonda, ma al contempo è attratto da cose un po' sordide e vicine alla morte". Sarà forse per questa conoscenza così ravvicinata che Vermes finisce con il farsi quasi ipnotizzare dal suo protagonista seguendolo nella lentezza e nella totale solitudine di un'esistenza in cui ad un'attività ne segue un'altra senza che ci sia mai una scossa o accada qualcosa di rilievo. I suoi sentimenti emergono solo nei confronti degli animali per i quali ha un'attenzione particolare. Altrettanto non si può dire per lo zoo umano che lo circonda in cui domina uno squallore che ogni sera si muta in uno spettacolo povero di mezzi e di originalità per un pubblico facile da accontentare. Siamo di fronte all'ennesimo circo cinematografico e va detto che questa narrazione non apporta particolari novità in materia, sottolineando semmai una profonda amarezza che già in altri film sul microcosmo che vive sotto lo chapiteau è stato dato modo di vedere. Il serpente, che ha dimensioni diverse da quelle attese al momento dell'accordo di acquisto, entra nella vicenda in una fase avanzata della narrazione. Vermes non ha alcuna intenzione di sfruttarne le possibili valenze sul piano psicoanalitico. Lo mostra piuttosto come un rettile che affascina una personalità che sembra refrattaria al coinvolgimento. Non a caso ci viene presentata una mutazione di pelle dell'animale quasi che, in questo caso con valore simbolico, preludesse a quella di A'rni.
La regia tenta di tradurre in immagini il desiderio del protagonista di superare quella sorta di barriera invisibile che lo distanzia dagli altri, quel bisogno di contatto che vada al di là dello squallore di un rapporto sessuale intriso di passività. Occorreva forse una maturità maggiore per affrontare questo tipo di tematica. Va comunque riconosciuta al film una ricerca, consapevole o meno, in linea con quegli autori della storia del cinema che hanno cercato in un attore feticcio lo scavo silenzioso di un'anima che si cela agli sguardi superficiali.
Árni è un giovane che lavora in un piccolo circo dalla struttura familiare. Lui è l’unico a non farne parte. I suoi compiti sono innumerevoli e vanno dal dare da mangiare agli animali a collaborare nella installazione della struttura nelle varie piazze in cui i circensi si esibiscono. Tutto scorre nella quasi immota quotidianità fino a quando un giorno viene acquistato un grosso pitone che attrae l’attenzione e le cure del ragazzo.
Il ritratto di una solitudine profonda realizzato grazie ad un attore che la regista conosce bene.
La regia tenta di tradurre in immagini il desiderio del protagonista di superare quella sorta di barriera invisibile che lo distanzia dagli altri, quel bisogno di contatto che vada al di là dello squallore di un rapporto sessuale intriso di passività. Va riconosciuta al film una ricerca, consapevole o meno, in linea con quegli autori della storia del cinema che hanno cercato in un attore feticcio lo scavo silenzioso di un’anima che si cela agli sguardi superficiali.