Un altro giorno d'amore

La regista esordiente Giulia D'Amato intreccia i propri ricordi di adolescente (con il padre da sempre militante e il fidanzato ultrà del Perugia) ai tragici fatti del G8 di Genova 2001. La memoria privata si mescola a quella collettiva, attraverso le testimonianze dell'autrice, dell'ultrà teramano Davide Rosci, condannato a sei anni e sei mesi di carcere per "concorso morale" in "devastazione e saccheggio" durante la manifestazione tenutasi a Roma nell'ottobre 2011, e di Mariapia Merzagora Parodi, madre di Edoardo, morto pochi mesi dopo l'amico Carlo Giuliani, ucciso da un proiettile sparato da un agente in piazza Alimonda a Genova, il 20 luglio 2001.

I ricordi personali diventano il racconto di un'epoca, attraverso uno sguardo d'insieme che a volte rischia di perdersi ma è sostenuto da una colonna sonora trascinante.

Un altro giorno d'amore è quello che Giulia D'Amato vuole ancora concedere a sé e al mondo: un giorno fatto di speranza, passione, libertà, nonostante le ferite e le cicatrici.

Giulia aveva quindici anni nel 2001 e aveva già partecipato a manifestazioni di piazza assieme al padre Raffaele. Ma non c'era al G8 di Genova, non fisicamente almeno, e allora questo documentario è un modo per tornare a quei giorni di metà estate di oltre vent'anni fa, a un tempo che pare ora lontanissimo.

Alternando found footage e interviste a persone il cui destino si è legato indissolubilmente a quegli avvenimenti, D'Amato vuole rievocare l'atmosfera che si respirava in quel periodo. All'alba del nuovo millennio, il G8 di Genova diventa il simbolo del tramonto di un'epoca in cui l'utopia di una rappresentazione collettiva sembrava ancora possibile. Rivedere oggi, nell'era 'social' dell'autorappresentazione e dell'isolamento, quei momenti di aggregazione sociale e di lotta comune, suscita un certo straniamento.

Tra movimenti di protesta, vita nelle carceri, emarginazione delle tifoserie organizzate del calcio, la carne al fuoco è tanta, probabilmente troppa, e il discorso complessivo non sempre coerente e coeso. Non mancano neppure punte di retorica in eccesso sui sogni di rivoluzione o sul senso di appartenenza degli ultras delle curve. Ma tutto è compensato da una generosità sincera, che spinge ad accogliere le immagini e le parole, sospendendo il giudizio.

Particolarmente azzeccata ed originale la scelta musicale, che accompagna i filmati d'archivio con famosi brani del genere pop ("I migliori anni della nostra vita"), pop rock ("Total Eclipse of the Heart") e soprattutto dance: da "L'amour toujours", vero e proprio inno generazionale, romantico e disperato, di fine anni Novanta, alla hit dei primi Duemila "Dragostea Din Tei", fino a "Disco Samba", che con amara ironia risuona come sottofondo alle violenti scene di Genova 2001, una tremenda repressione avvenuta alla luce del sole estivo, come se tutti non stessero guardando e fossero impegnati a ballare il trenino al ritmo 'brasileiro'.

In un dialogo con il padre, la regista si chiede se la sua generazione fosse stata sconfitta definitivamente in quei giorni a Genova. Difficile dare una risposta. Riprendendo il gergo calcistico, però, è confortante sapere che dopo ogni sconfitta c'è sempre un'altra stagione. C'è sempre un altro arcobaleno. 