Anno | 2022 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Colombia, Francia |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Andrés Ramírez Pulido |
Attori | Jhojan Estiven Jimenez, Maicol Andrés Jimenez, Diego Rincon, Carlos Steven Blanco Ricardo Alberto Parra, Marleyda Soto, Jhoani Barreto. |
Tag | Da vedere 2022 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 marzo 2023
Un ragazzo viene rinchiuso in un duro centro riabilitativo tra la foresta. Arriva anche un suo amico e con lui un passato che avrebbe voluto dimenticare. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Goya,
CONSIGLIATO SÌ
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Eliù è un adolescente colpevole di omicidio, per questo motivo è detenuto in una struttura sperimentale in cui i carcerati (tutti adolescenti) alternano faticosi lavori manuali di ristrutturazione della stessa struttura, a sessioni di una strana terapia di gruppo. Un giorno El Mono, ex complice di Eliù, viene trasferito nel suo stesso centro, sancendo di fatto l'impossibilità di redenzione o di rieducazione del protagonista. Di colpo il doloroso passato di Eliù, lastricato di errori ai quali non è possibile porre rimedio, torna a bussare alla porta del ragazzo che non potrà che rimboccare nuovamente la strada della violenza.
Un'opera visivamente potentissima che inabissa lo spettatore in un fetido carcere nei meandri della giungla colombiana.
Nelle oscure profondità della giungla colombiana, in un'atmosfera in cui aleggia un realismo magico che sembra distillato dalle migliori pagine di "Cent'anni di solitudine" di Gabriel Garcia Marquez, Andres Ramirez Pulido ambienta La jaurìa. Senza alcun dubbio il punto forte di questa pellicola è l'atmosfera, impalpabilmente rarefatta ma allo stesso tempo crudelmente realistica. Ogni inquadratura sembra attraversata dall'annosa dicotomia natura-cultura: ciascun personaggio sembra aver sigillata in sé una belva e la legge della giungla, che impera incontrastata su questo umido microcosmo, segna il labile confine tra humanitas e feritas. Notevole poi la capacità della regia e della fotografia di esprimere tutto ciò quasi soltanto attraverso le immagini: basta un'occhiata per restare agghiacciati dinanzi alla pericolosità di questo habitat, come se percepissimo lo sguardo minaccioso di un feroce predatore che ci punta nel buio della giungla sudamericana. La costruzione delle immagini, illuminate da una fotografia squassante, riassume un senso di pericolo e di sacralità allo stesso tempo; insomma, La jaurìa riesce a cristallizzare visivamente un modus vivendi altrimenti impossibile da esprimere. A una forma sublime corrisponde però un contenuto sfuggevole, che di certo ha intuizioni geniali, ma che non riesce ad essere incisivo ed eloquente quanto l'immagine. I dialoghi, forse troppo lapidari, assieme allo scioglimento ieratico dell'intreccio, rendono la narrazione scattosa e macchinosa: talvolta si ha la sensazione di perdere il contatto con i personaggi, con i loro sentimenti: non riusciamo a comprendere le ragioni seminali del loro agire. Forse si potrebbe addirittura azzardare a dire che La jaurìa manca di empatia, perché l'accesso al cuore dei personaggi ci è in un certo qual modo negato. Anche lo stesso senso di pericolo e di imprevedibilità, magistralmente veicolato dalle immagini, non è restituito appieno da una sceneggiatura che sembra mancare di complessità.
Una piccola pecca da imputare invece alla regia è la scelta di insistere sempre costantemente sulla fissità. Per quanto le immagini mostrate siano di indubbia bellezza, è innegabile il fatto che esse danneggino inesorabilmente la dimensione dinamica del film, insomma, il senso di pericolo, a cui si faceva riferimento sopra, tende a perdersi a causa del poco ritmo e dell'esagerata fissità della macchina da presa. La jaurìa resta però un'opera di pregevolissima fattura, che indaga un universo del tutto inedito e animato da una forza immaginifica sbalorditiva. Il fatto che si tratti di un'opera prima fa sperare eccezionalmente per i futuri lavori di Andrés Ramírez Pulido. Se a una messa in scena e a una costruzione dell'immagine di questo tipo saprà affiancare una sceneggiatura meno epigrammatica e più empatica i risultati saranno di certo invidiabili. Promettente.
Eliù è un adolescente colpevole di omicidio, per questo motivo è detenuto in una struttura sperimentale in cui i carcerati (tutti adolescenti) alternano faticosi lavori manuali di ristrutturazione della stessa struttura, a sessioni di una strana terapia di gruppo. Un giorno El Mono, ex complice di Eliù, viene trasferito nel suo stesso centro, sancendo di fatto l’impossibilità di redenzione o di rieducazione del protagonista.
Un’opera visivamente potentissima che inabissa lo spettatore in un fetido carcere nei meandri della giungla colombiana. Un film che indaga un universo del tutto inedito e animato da una forza immaginifica sbalorditiva. Il fatto che si tratti di un’opera prima fa sperare eccezionalmente per i futuri lavori di Andrés Ramírez Pulido. Promettente.
Eliú e Mono sono due giovani criminali, ragazzi perduti colombiani de- stinati a una vita di detenzione: la loro pena alterna i lavori forzati nel- la foresta alle peculiari sedute condotte da Alvaro, figura a metà tra terapeuta e sciamano, che spinge i detenuti verso una possibile redenzione. Per evitare tanto i cliché del racconto di gioventù criminale suda- mericana che quelli legati al confronto [...] Vai alla recensione »