Anno | 2021 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Regia di | Cecilia Fasciani |
Uscita | mercoledì 1 dicembre 2021 |
Distribuzione | OpenDDB |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 2 dicembre 2021
Tutti gli aspetti sociali di HIV, dallo stigma alla paura, dalla solitudine alla consapevolezza. In Italia al Box Office I'm Still Here ha incassato 1,9 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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A dieci anni dalla nascita dell'associazione Plus Persone LGBT+ Sieropositive di Bologna e a quaranta dalla prima diagnosi di Hiv/Aids, il film ricorda i due anniversari seguendo le vicende personali di alcune persone sieropositive che grazie all'associazione hanno trovato il coraggio di rivelarsi e rivendicare i propri diritti di malato e di omosessuale e ripercorrendo le tappe del movimento LGBT in Italia, con Bologna come epicentro del racconto: dai primi circoli a inizio anni '80 alla creazione dell'Arcigay nell'85, dallo scoppiò dell'epidemia di Hiv alla normalizzazione del movimento, ma anche alla sua presenza nel tessuto urbano e nella società italiana.
Un documentario celebrativo che è anche un viaggio nel passato di una vicenda iniziata nell'ombra, nel segno della negazione della malattia, e diventata col tempo parte della cultura e dell'orgoglio di un gruppo sempre più ampio di persone.
La storia della lotta contro l'Aids è anche (e forse soprattutto) la storia di come il movimento omosessuale ha saputo uscire dall'ombra - o meglio ancora dall'invisibilità - per affermare i propri diritti e conquistare i propri spazi di aggregazione e rappresentazione. Nel caso particolare di Bologna, poi, si tratta di una conquista nel senso letterale del termine, fin da quando nel 1982 venne fondato il Circolo XXVIII Giugno e fu occupato il Cassero in Porta Saragozza, per poi arrivare nell'85 alla creazione dell'Arcigay.
Non c'è lotta senza memoria, e non c'è memoria senza consapevolezza: i protagonisti di I'm Still Here lo fanno capire chiaramente, e uno di loro in particolare, Sandro Mattioli, tra i fondatori di Plus Persone LGBT+ Sieropositive di Bologna, lo dice quando spiega come la logica dell'associazione sia la medesima dei primi movimenti gay: «dal nascondimento alla rivendicazione». Non più, dunque, trovarsi, riunirsi, muoversi, esibirsi per mostrarsi in quanto omosessuali, ma riunirsi e rivendicare diritti in quanto omosessuali sieropositivi: #HIVISIBLE, come si legge sulle mascherine anti-COVID che indossano gli intervistati.
Il film si apre su un giovane ragazzo che si trucca, si veste ed esce per andare a un incontro di Plus, e guida lo spettatore all'incontro con altre sieropositivi e altre testimonianze: ad esempio quella di Stefano Pieralli, militante gay della prima ora, che racconta di come nei primi anni dell'epidemia di Aids nemmeno esistesse un test per la sieropositività; o quella dell'attore Paolo Gorgoni, che oggi si esibisce orgoglioso del proprio corpo e della propria storia, rivendicando, come dice, tutto ciò che è sempre stato rinfacciato a quelli come lui («l'essere queer, l'essere froci, tossici, puttane...»); o quella, ancora, dello stesso Mattioli, che a proposito della necessità di rivelare la propria sieropositività parla di un «secondo coming out», e di Michele Degli Esposti, un altro fondatore di Plus, e di Giulio Maria Corbelli, entrambi orgogliosi di aver imparato a «metterci la faccia», a superare la paura della solitudine in quanto sieropositivi.
Il documentario di Cecilia Fasciani lavora sull'esperienza dei suoi protagonisti e sulla loro rivelazione: per alcuni a contare è la propria storia, per altri l'esibizione di sé (il racconto è accompagnato dalle riprese di uno spettacolo dello stesso Gorgoni o dal suo sdoppiamento fra la figura sulla scena e la figura nello spazio della città, sotto gli stessi portici di Bologna dove Guadagnino ha girato le scene finale di We Are Who We Are), per altri ancora è il riconoscimento di un movimento collettivo, come testimoniato dalla performance con un nastro rosso nel centro della città.
A contare ovviamente non è la fattura (I'm Still Here aderisce perfettamente alla forma del documentario, diciamo, di servizio, con teste parlanti, riprese in slow motion, materiale d'archivio animato digitalmente, momenti d'intimità e di vita pubblica...), ma la presenza di chi chiama a occupare l'inquadratura: la voce di chi ribadisce la propria condizione; il coraggio di chi a lungo ha pensato di nascondersi; il coraggio di chi può dire che «il peccato è una menzogna».
Ricorrono, nel 2021, i 40 anni dall'identificazione dell'AIDS (5 giugno 1981, nel Centre for Disease Control di Atlanta) e i dieci anni dalla fondazione di PLUS, primo network italiano di persone LGBT+ sieropositive, nato a Bologna. Città che è il cuore del piccolo doc di Fasciani, dove i ricordi della presa del Cassero si intrecciano con le testimonianze di chi lotta per sensibilizzare l'opinione [...] Vai alla recensione »