Titolo originale | Jhilli |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico |
Produzione | India |
Durata | 92 minuti |
Regia di | Ishaan Ghose |
Attori | Aranya Gupta, Bitan Biswas, Sombhunath de Sayandeep Guha, Sourav Nayak . |
MYmonetro |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 1 dicembre 2021
Un gruppo di ragazzi vive la loro vita attorno a una discarica di ossa di animali nella periferia di Calcutta.
CONSIGLIATO NÌ
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In India, nella zona a est di Kolkata, la discarica di Dhapa è così enorme da trascendere i suoi stessi confini. All'interno, tra le montagne grigie di rifiuti che si estendono a perdita d'occhio, prolifera un intero sistema sociale e lavorativo, tra fabbriche e sistemi di smaltimento. Qui attorno gravitano Bokul e i suoi amici, pronti a tutto per vendere e smerciare qualunque cosa, nel sogno di fare abbastanza soldi da poter sfuggire all'unica vita che abbiano mai conosciuto. "La vita è progresso" dice il protagonista di Discards ai suoi amici, ben sapendo che a livello personale di progresso non se ne vede, e che a livello globale il "progresso" è solo quell'insieme di forze economiche che sta per togliergli la discarica di Dhapa per riqualificarla in un parco.
La ricerca - o meglio, il desiderio - di un futuro economico migliore è l'afflato alla base del film di Ishaan Ghose, che trasforma l'osservazione di uno spaccato sociale in un ambizioso affresco in movimento.
Ghose, che ha lavorato come direttore della fotografia prima di passare dietro la macchina da presa, scrive, monta, fotografa e dirige in un'encomiabile esempio di autonomia artistica. Legando i paesaggi monocromatici della discarica alle incursioni tra le luci notturne della città, il suo sguardo in camera ricorda Carlos Reygadas, e insegue un simile effetto di dilatazione dei tempi, con uno stile immaginifico e poetico e una colonna sonora molto presente. Il risultato è un'opera a tratti straniante, in grado di cogliere la carica esaltante delle piccole gioie del quotidiano condivise tra "fratelli" della strada, ma anche ambivalente per come inquadra le esistenze dei suoi protagonisti, prestando il fianco alla piaga del cosiddetto "poverty porn". Estetizzare la sofferenza è un equilibrio delicato, e sebbene la grandiosità formale di Ghose (attraverso l'uso del grandangolo, dell movimento della macchina a mano e della scelta della musica) restituisca diverse sequenze memorabili, finisce anche per allontanarsi emotivamente da quella stessa umanità che cerca di ritrarre.