Titolo originale | Gangbyun Hotel |
Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 96 minuti |
Regia di | Hong Sang-soo |
Attori | Ju-bong Gi, Kim Min-hee, Kwon Hae-Hyo, Song Seon-mi, Joon-sang Yoo . |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento martedì 29 gennaio 2019
Un poeta in attesa di morire e una donna in crisi d'amore pernottano in un hotel insieme ad altre persone. Al Box Office Usa Hotel By the River ha incassato 5,9 mila dollari .
CONSIGLIATO SÌ
|
Un anziano poeta alloggia gratuitamente in un albergo lungo il fiume e invita lì i due figli, che non vede da tempo. Nel frattempo due donne condividono le rispettive pene d'amore nello stesso hotel, situato in riva al fiume Han e circondato dalla neve.
Quel che ci si attende da un film di Hong Sang-soo, giunto al secondo film dell'anno e al ventitreesimo in totale, è noto a chiunque abbia familiarità con il regista sudcoreano.
Rapporti umani incompiuti e interrotti, infedeltà e rivelazioni, dialoghi agevolati dalla condivisione di fiumi di soju, mentre la macchina da presa predilige le inquadrature fisse e fa un uso anarchico di zoom e controzoom. Ma se queste peculiarità rappresentano ormai un microcosmo autosufficiente, sono le variazioni a dimostrarsi sempre più stimolanti sullo sviluppo della poetica dell'autore, che dal Pardo d'oro di Right Now, Wrong Then in avanti ha ulteriormente innalzato il proprio linguaggio.
In questo senso Gangbyun Hotel, ovvero "Hotel sul fiume", rappresenta uno scarto netto rispetto al passato dell'autore: se a livello di plot e situazioni ricorrenti può apparire per circa un'ora consuetudine honghiana, il secondo atto sconvolge ogni preconcetto. Agevolato da un bianco e nero di nitore accecante e dalla neve che circonda copiosa l'albergo sul fiume Han, il regista si confronta come mai prima d'ora con la morte, quasi guidato da un'indagine bergmaniana sul suo mistero. Per farlo ci racconta dell'incomunicabilità di un padre e due figli - ancora una volta il maschio vive una sorta di perenne adolescenza emozionale - e della condivisione di sentimenti di due donne. I primi mentono, si nascondono nelle loro facezie, si irrigidiscono; le seconde diventano un tutt'uno, nella gioia come nel dolore, e provano a trarre una lezione dalle proprie peripezie.
In passato accusato di misoginia, Hong pare sempre più soggiogato dal femminino, arrivando a elevare la coppia femminile (una delle due è la musa e compagna del regista Kim Min-hee) a ideale piscopompo, che accompagna spiritualmente il poeta verso quello che lui avverte come un imminente ultimo atto. Gangbyun Hotel vive di presagi sparsi, di continui richiami e discrasie tra testo e immagini. Sogni premonitori o dejà vu intrecciati tra loro, come un gatto che cammina nel cortile dell'hotel o un uomo che appare e scompare in continuazione, che conferiscono una natura onirica a quella che parrebbe una vicenda di assoluta quotidianità. Fino all'accelerazione conclusiva, caratterizzata da un montaggio quasi frenetico per gli standard di Hong e preceduta da un componimento poetico che custodisce, sotto forma di metafora, il segreto di una vita che accetta di spegnersi.
Come in "The Dead - Gente di Dublino", di James Joyce e poi di John Huston, la morte si può raccontare solo in versi, per non banalizzarla e conservare l'alone di mistero che accompagna la sua inesorabile verità.