Titolo originale | LOMO: The Language of Many Others |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Julia Langhof |
Attori | Jonas Dassler, Lucie Hollmann, Eva Nürnberg, Karl Alexander Seidel, Marie-Lou Sellem Peter Jordan, Julika Jenkins, Rainer Sellien, Barbara Philipp, Christopher Nell. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 24 novembre 2021
Il dramma di un giovane che si ribella ai privilegi della sua esistenza.
CONSIGLIATO SÌ
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La vita dell'adolescente Karl sembra avere in dote tutte le migliori premesse. Il ragazzo vive in una ricca periferia di Berlino assieme ai genitori e alla sorella Anna, la quale ha già deciso che dopo la scuola andrà a studiare in Canada. Karl però non mostra particolari ambizioni accademiche o lavorative, cosa che irrita il padre e la madre. Tutta la sua attenzione è per il blog dove pubblica video registrati di nascosto per una comunità di lettori che lo riempie di commenti. Dopo aver iniziato a frequentare Doro, una nuova compagna di scuola, ed essersi ritrovato con i sentimenti feriti, Karl pubblica un video privato che metterà in pericolo i destini intrecciati di due famiglie.
Molti sono i film che nell'ultimo decennio hanno trattato il tema della dipendenza dai social network e più in generale dal mondo digitale, tipicamente legandolo a storie di adolescenti in difficoltà. Lomo, the language of many others si inserisce pienamente nel filone, ma sorprende per come mette in scena una storia familiare e per come sa integrare visivamente la dimensione digitale con quella della vita vera.
La riuscita del film è ancor più notevole dato che si tratta di un'opera prima per la regista tedesca Julia Langhof, molto abile a tenere lo spettatore nel pathos narrativo e a dosare i momenti di emotività assieme a quelli dal sapore nichilista e provocatorio, troppo spesso il tratto dominante in storie del genere. Invece la figura di Karl è complessa e offre un ricco ritratto della "generazione Z", lasciando molto di inespresso riguardo al ragazzo e alla catatonica disconnessione dal mondo che lo circonda.
Una marcia in più la dà al film lo stile di regia, che a un'interessante fotografia e uso della luce aggiunge una convincente rappresentazione delle comunicazioni digitali. Non semplici schermi nell'inquadratura o layer testuali applicati, ma proiezioni sghembe e soffuse che stritolano gentilmente il livello del reale; un insieme di elementi testuali, audio e video che è una perfetta e insistita metafora dell'attenzione divisa del protagonista.