Anno | 2016 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Francia |
Durata | 107 minuti |
Regia di | Thierry Demaizière, Alban Teurlai |
Attori | Rocco Siffredi, James Deen, John Stagliano, Abella Danger, Kelly Stafford Mark Spiegler, Anikka Albrite, Veronica Avluv, Eva Berger, Casey Calvert, Rosa Caracciolo, Gabriele Galetta, Kirstin Halborg, Veruca James, Maddy O'Reilly, Bonnie Rotten, Dahlia Sky, Jenny Smart, Leonardo Tano, Lorenzo Tano. |
Uscita | lunedì 31 ottobre 2016 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 18 |
MYmonetro | 2,74 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 2 novembre 2016
Rocco Siffredi si racconta alle telecamere svelando se stesso e la sua ambizione di diventare una leggenda del porno.
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CONSIGLIATO SÌ
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La pornostar più famosa al mondo, Rocco Siffredi, si presta totalmente all’obiettivo per una confessione fiume: da Ortona, il paese natale abruzzese, fino a Budapest, sede della sua società di produzione, i casting a Los Angeles e le riprese dell’ultimo film a San Francisco, sempre accompagnato dal cugino Gabriele, caotico ma onnipresente foto-operatore, assistente alla regia, autista.
Un diavolo tra le gambe. Va dritto alla questione il film della coppia di documentaristi Demaizière e Teurlai: il frame d’apertura dettaglia infatti il fallo più osannato al mondo. Da sotto una doccia, Rocco Tano in arte Siffredi comincia a raccontarsi con generosità: si parte dalla sua infanzia, il rapporto viscerale con la madre e la morte di un fratello, ma al centro ci sono gli ultimi tre anni di attività, quelli in cui si convince a lasciare la carriera che gli ha dato tantissimo ma lo ha anche visto cadere in una dipendenza dal sesso (dichiarata, non nel film ma alla stampa, la sua identificazione con il Michael Fassbender in Shame).
Fuori misura e cucito su misura, il documentario individua in Gabriele, factotum di Rocco, un vero coprotagonista (Siffredi cercò anche di introdurlo al mestiere), una pietra di paragone, funzionale a segnare la distanza non solo fisica ma soprattutto psicologica tra l’uomo comune e la pornostar. I loro bisticci sdrammatizzano a tratti l’imbarazzo dei set porno e dei casting, in cui Rocco si mostra sempre molto premuroso e seduttivo nei confronti delle attrici.
Auto-testamento spudorato, Rocco oscilla tra contrasti manichei: l’educazione cattolica e la scelta trasgressiva, il sesso estremo e il senso di colpa, l’ossessione erotica e il desiderio di stabilità, realizzata grazie alla moglie Rosza, ex collega e unica a comprendere il suo bisogno di libertà. Da Stallone italiano Siffredi finisce per autoridursi così a uomo medio italiano: certamente libero, al punto di diventare l’icona di un genere, ma contemporaneamente perseguitato dall’amore materno, dalla brama di successo e dalla famiglia. Solo in un paio di momenti la percepibile costruzione della messinscena si apre a un’inaspettata vulnerabilità: quando Rocco ricorda la morte della madre, da cui è sempre dipeso per sentirsi “autorizzato” al porno, e quando cerca l’approvazione dei figli, oggi maggiorenni, ripresi in campo insieme a lui.
Diversi i momenti hard, qualche risata, ma troppa programmatica autocelebrazione attraverso la condanna, che vorrebbe essere catartica, di se stesso: nel suo addio alle scene si assimila a Cristo, “finalmente” dominato dalla ex collega di set Kelly Stafford. Un diario che premeva senz'altro più al divo che al suo pubblico, a cui dichiara di averlo dedicato. Evento speciale alle Giornate degli Autori di Venezia 73.
ROCCO disponibile in DVD o BluRay |
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Rispetto alla prima mondiale veneziana la tensione è calata e oggi, giorno dell'uscita nelle sale del documentario a lui dedicato, Rocco Siffredi appare più sereno. "L'uscita di un film è impegnativa, ma nulla in confronto allo stress che ho patito al Lido, ero nervosissimo", spiega alla tappa romana del tour promozionale. Dal 31 ottobre al 3 novembre Bim distribuirà Rocco nelle sale italiane.
Oggi le donne vogliono essere sorprese più che corteggiate e la tipologia del "maschio italiano" è passata di moda.
I registi Demaizière e Teurlai che l'hanno diretta nel documentario sulla sua vita l'hanno paragonato a un "Re Lear affaticato". Si sente così?
Sono lusingato che vedano in me un personaggio shakespeariano, ma capisco cosa intendono. Quando ho deciso di accettare un film che parlasse della mia vita ero completamente svuotato, stanco. Era necessario fermarsi un attimo e guardarsi dietro e dentro. Probabilmente Thierry e Alban hanno visto le mie cicatrici, il dolore che mi sono a lungo portato, le battaglie, i sensi di colpa ma anche tutta la gioia che ho profuso nella mia professione.
Come ne è uscito?
Rigenerato.