Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Austria |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Sudabeh Mortezai |
Attori | Ramasan Minkailov, Aslan Elbiev, Kheda Gazieva, Rosa Minkailova, Iman Nasuhanowa Askhab Umaev, Hamsat Nasuhanow, Champascha Sadulajev, Denise Teipel. |
MYmonetro | 2,83 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 17 febbraio 2014
Un semi-documentario che vede protagonisti attori non professionisti.
CONSIGLIATO SÌ
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Macondo è una zona di Vienna in cui sono stipate circa 3.000 persone che hanno richiesto asilo, provenienti da più o meno 22 paesi differenti. Tra tutti seguiamo la famiglia cecena di Ramasan, composta da lui (11 anni), le due sorelle più piccole e la madre sola (il padre pare morto in guerra). Nonostante l'età Ramasan è a tutti gli effetti l'uomo di casa e un uomo alla maniera musulmana, si occupa di tutto e in un certo senso anche della madre che pare ben disposta a farsi gestire dall'unico maschio a portata.
Essendo un bambino Ramasan è anche maldestro nelle piccole attività illegali e viene più volte beccato rischiando di far sfumare la possibilità di rimanere in Austria per sè e per la sua famiglia. Inoltre da quando è arrivato Isa, un vecchio amico del padre che gira intorno a casa sua, ha sviluppato un istinto difensivo e ha cominciato a far muro intorno alle proprie donne.
E' un dettaglio non da poco quello del senso del titolo, cioè la conoscenza del fatto che Macondo è una zona di soli rifugiati, che purtroppo il film da sè non fornisce di fatto precludendo quel livello di lettura al di fuori dell'Austria. Ma anche considerato questo nella vita di Ramasan, per come la racconta l'esordiente Sudabeh Mortezai sembra mancare una vera chiave di lettura, un punto di vista che elevi la storia da esposizione dei fatti a racconto vero e proprio.
E' evidente che la parte più impressionante sia il profilo di questo bambino, infantile per moltissimi versi ma poi abituato a prendere decisioni al posto della madre e determinato a impedire qualsiasi intrusione nel suo nucleo familiare, sia di altri uomini sia di assistenti. Tuttavia non sembra sufficiente questa peculiarietà a reggere il peso di un film molto dilatato nei tempi, che indugia sul protagonista e il suo continuo errare, oscillando tra azioni da bambino e tentativi di essere grande con una partecipazione che non si traduce mai in coinvolgimento. Il cinema dei bambini è una questione di sguardo e di adesione a un mondo lontano per qualsiasi spettatore, e nei casi migliori si raggiunge la compassione dei sentimenti non attraverso l'abbassamento del pubblico al loro livello (quello lo fa il cinema peggiore) quanto attraverso la nobilitazione e l'elevazione del loro mondo nell'empireo dei sentimenti più maturi.
E' qui che Macondo indugia, non osa e alla fine non riesce a colpire. Privo della capacità di portare le esigenze e i contrasti di Ramasan al livello del pubblico adulto lo abbandona nel reame dei bambini, da guardare dall'alto verso il basso, al massimo con tenerezza.