Anno | 2014 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Bryan Reisberg |
Attori | Harry Lloyd, Krista Kosonen, Sylvia Grace Crim, James Ricker II, Peter Cameron Elisabeth Gray (II), William Foreman, Samuel Foreman, Kaitlynn Alford, Bess Baria, Glenn Hollis, Travis Koop, Kevin Broughton, Shane Cook-Harris, Corey D. Dargan, Elise Fyke, Rick Henry, Thomas Herod Jr., Cadence L., Art McElroy, Susan McMillin, Ashley McPhail, Johnny McPhail, Susan McPhail, Mike S. Murphy, Dunlap Peeples IV, Lee Perkins, Burton Ritchie, Cathy Sanford, Craig C. Stewart, Ben Swilley, Ash Taylor, Kelly Tippens, Mario Tolliver, Cat Wilkinson. |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 22 novembre 2014
Il 26enne Craig mente alla fidanzata e, prima di andare da lei,intraprende un viaggio di una settimana da solo sulle tappe delle attrazioni turistiche americane di maggiori dimensioni.
CONSIGLIATO SÌ
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Craig ha ventisei anni e sta per trasferirsi a San Francisco con la ragazza che ama e che ha scelto. Ma c’è ancora il tempo per una piccola bugia. Dopo averle detto che è impossibilitato a raggiungerla prima di una settimana per motivi di lavoro, Craig inforca l’automobile e decide di spendere quei giorni in viaggio, per un’ultima traversata degli States in solitaria, diretto verso Sud.
Craig sta diventando grande, ma non sa veramente cosa voglia dire. Per questo, scambia l’essere adulto con l’apparire di grandi dimensioni. È questa la semplice ma efficace metafora che sta dietro le buffe tappe del viaggio del protagonista: il secchio più grande del mondo, la sedia a dondolo più grande del mondo, la più grande padella o stella al neon. Più delle attrazioni per turisti, ciò che si rivelerà davvero enorme è l’individualismo delle persone che incontra sulla sua strada, che andrà a fare il pari con la sua solitudine, altrettanto sconfinata.
Il film di debutto di Bryan Reisberg (ma non la sua prima esperienza), pur nella sua linearità narrativa e nell’estrema nudità della messa in scena, è un film che va controcorrente in maniera intelligente e in più di un modo. Il protagonista non è un bello e dannato, non è alla ricerca di se stesso o di un’alternativa alla sua vita sentimentale pre-inquadrata. Non è nemmeno timido o imbranato o incompreso. È un ragazzo tutto sommato sicuro di sé, preoccupato di salvare le apparenze fino all’ultimo, assolutamente in grado di resistere alle tentazioni, con un solo punto debole: una voglia di comunicare che gli esce da ogni poro e che non trova ascolto alcuno. Gli va bene se qualcuno gli risponde a monosillabi. Man mano che la sua auto macina kilometri, il paesaggio riflette sempre più crudelmente questo silenzioso prendere le distanze delle persone tra di loro, al punto che a divenire significative sono le piccole cose, i piccoli contatti, nonostante la resistenza di Craig.
Se questo punto di arrivo è quello che ci si poteva facilmente aspettare, va reso merito a Reisberg di averlo raggiunto in modo poco scontato e, persino una volta conquistatolo, di averlo gestito totalmente senza enfasi, quasi per il protagonista fosse più un problema che altro.
In questo strano approccio al road movie e al racconto di formazione, coesistono sia la peculiarità di Big significant things che il suo lasciare a tratti perplessi, come di fronte ad una padella gigante. Chi è in cerca del colpo di scena è sicuramente fuori strada; per tutti gli altri, l’emozione alla fine arriva, travolgente e amara, ma bisogna attendere il finalissimo.