I.D.

Film 2012 | Drammatico 87 min.

Titolo originaleI.D.
Anno2012
GenereDrammatico
ProduzioneIndia
Durata87 minuti
Regia diKamal K.M.
AttoriMurari Kumar, Geetanjali Thapa .
TagDa vedere 2012
MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Kamal K.M.. Un film Da vedere 2012 con Murari Kumar, Geetanjali Thapa. Titolo originale: I.D.. Genere Drammatico - India, 2012, durata 87 minuti. - MYmonetro 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 3 dicembre 2012

Viaggio affannoso nella megalopoli indiana e riflessione morale sull'immigrazione clandestina e sul dramma dei lavoratori invisibili.

Consigliato sì!
3,25/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
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Cinema
Trailer
Un film 'in movimento' verso la coscienza delle cose del mondo del paese indiano.
Recensione di Marzia Gandolfi
lunedì 3 dicembre 2012
Recensione di Marzia Gandolfi
lunedì 3 dicembre 2012

Charu è una giovane e brillante laureata in attesa della prima automobile e del colloquio della vita. Presa dal suo quotidiano, scandito da impegni e realizzazioni, Charu condivide un appartamento a Mumbai con due amiche. Una mattina riceve scortesemente un imbianchino, assunto dalla coinquilina per ridipingere una parete del salotto. Interrotta la sua corsa all’affermazione dall’arrivo dell’operaio, Charu è visibilmente irritata. Allontanatasi qualche minuto per corrispondere una telefonata, al suo ritorno troverà il lavoro interrotto e l’uomo svenuto. In preda all’ansia e agli impegni da svolgere nella giornata, chiede aiuto a vicina e a portiere, provando a liberarsi da quell’impiccio. Ma si accorgerà molto presto che il povero imbianchino, senza documenti e identità, dipende solo dal suo buon cuore. Condotto in ospedale, paga esami e cure invano, perché l’uomo morirà il giorno successivo al ricovero. Colpita oltremodo da quel volto senza vita, gli scatterà una fotografia. Con determinazione e un iPhone attraverserà la città alla ricerca di un familiare o di un amico che possa dargli un nome e una sepoltura.
È indubbio che il cinema indiano si stia trasformando con lo stesso ritmo di crescita economica dell’India contemporanea e che diventi perciò impensabile per i suoi produttori continuare instancabilmente a proporre melodrammi pieni di musica e di star. Il giovane cinema di Kamal K.M segue allora l’onda delle trasformazioni politiche e sociali del Paese, confrontandolo con una realtà mutevole e stratificata e indirizzandolo verso nuove strade. Al centro di I.D. il regista indiano precipita una giovane donna della classe medio alta urbana, ansiosa di mordere la vita ma costretta a fare i conti con la sua imprevedibilità, incarnata da uno sconosciuto che muore davanti alla parete bianca del suo salotto. Quell’incidente, prima cinico intralcio e poi sincero dispiacere, diventa il motore di un film ‘in movimento’ verso la coscienza delle cose del mondo e del proprio Paese, travolto dai prodotti culturali stranieri e mediato dalla materiale oggettistica occidentale. I.D. apre su una lunga telefonata e dal piano alto di un edificio da cui Charu guarda il mondo e dialoga col mondo, che le busserà alla porta costringendola a scendere e a frequentarlo. Finalmente sulla strada, l’ambiziosa e aspirante consulente marketing, scoprirà che la cultura globalizzata dell’India non ha attecchito in maniera uniforme, producendo fenomeni in aperto contrasto tra loro. Progresso, secolarizzazione, tradizione, superstizione, fanatismi convivono dentro la sequenza più bella e rivelatrice, che accompagna Charu nella miseria e nella povertà degli slum di Mumbai, rimossi dalla realtà edulcorata del cinema masala di intrattenimento, saldamente legato alla struttura narrativa dell’epica e della mitologia, esibito nella forma del melodramma e declamato da una recitazione innaturale. Slegato da qualsiasi formula classica, I.D. compone fino a fondere la fiction col documentario, dove il costume urbano incontra nelle baracche quello lacero degli emarginati, che i ‘caporali’ conducono in cantieri edili quasi sempre abusivi. L’imbianchino di Kamal K.M appartiene a questa massa anonima arruolata, sfruttata e infilata nei salotti borghesi a ‘morire’ una morte altrettanto anonima. Se non fosse per Charu, che restando ancorata al tessuto urbano e alle sue meraviglie (quell’iPhone che fotografa il volto spento dell’imbianchino passando di mano in mano e di baracca in baracca, o quella conversazione di marketing avanzato intorno a una scarpa griffata e dentro una montagna di spazzatura) sperimenta la pietas e la misericordia. Quell’amore doveroso e quel dovere morale di (ri)dare un nome a un uomo e di permettere le pratiche legate alla morte: il rito funebre, la sepoltura, l’elaborazione del lutto. Un viaggio anonimo che si farà ‘personale’.

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