L'avvocato Guerrieri: testimone inconsapevole

Film 2007 | Drammatico

Regia di Alberto Sironi. Un film con Emilio Solfrizzi, Chiara Muti, Alex Van Damme. Genere Drammatico - Italia, 2007, - MYmonetro 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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2,50/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
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Recensione di Pierpaolo Simone
Recensione di Pierpaolo Simone

Un avvocato cinico e disincantato, una ex moglie che ritorna spesso nei suoi pensieri e una clientela così vasta da farlo pentire, talvolta, di aver intrapreso una carriera così aspra. Lui è l'avvocato Guido Guerrieri, partorito dall'immaginazione di Gianrico Carofiglio, magistrato di Bari e autore di uno dei più eclatanti "casi" letterari degli ultimi anni.
Da qui alla fiction, il passo è breve, ma non certo indolore e privo di insidie. Testimone inconsapevole - primo dei due film per la tv diretti da Alberto Sironi (già regista di alcuni casi del commissario Montalbano) - sbarca in televisione dopo le polemiche legate a pressioni non meglio specificate (e di cui lo spettatore non ha certo di cui stupirsene) lasciando abbastanza freddi e insoddisfatti. A nulla possono i nomi altisonanti di sceneggiatori come Domenico Starnone e Francesco Piccolo, nonché dello stesso Carofiglio, traghettatore di un genere poco diffuso in patria come il legal thriller (leggasi gialli legali).
A parte un buon Emilio Solfrizzi, che esce indenne nelle parti legate al dibattimento giudiziario (dando forza e credibilità al suo personaggio), per il resto non c'è traccia di quello che il libro aveva sapientemente seminato. Niente autoironia, uno dei maggiori punti di forza del Guerrieri di carta, niente crisi di coscienza e dubbi etico morali, ma solo una banale favoletta trasposta per un pubblico di bocca buona e senza pretese. Un intreccio piuttosto banale non rende merito agli sforzi compiuti nel libro, riducendo la storia a una mera equazione di buonismo/razzismo per educare (sic) i poveri spettatori. Spettatori che, dopo aver visto la saga del Guerrieri, non saranno di certo spinti a leggerne la "copia" cartacea, cosa che invece farebbe bene per fugare ogni dubbio sull'effettiva qualità dei testi.
E così, in mezzo a una Chiara Muti preda di risate isteriche e sincopate piuttosto che dell'alcool (personaggio totalmente stravolto rispetto al romanzo), si assiste a un film tv di bassissima lega, a metà fra una soap argentina e distretto di polizia.
Cosa c'è di peggio? Le dichiarazioni di un regista che, mesi fa, dichiarava alla stampa l'ostracismo televisivo nei confronti della fiction, colpevole di essere troppo qualitativamente alta per coinvolgere un pubblico televisivo come il nostro. A sbagliarsi, ancora una volta, sono gli autori.

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