Niente da nascondere

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Un film di Michael Haneke. Con Juliette Binoche, Daniel Auteuil, Annie Girardot, Maurice Bénichou, Bernard Le Coq.
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Titolo originale Caché. Drammatico, durata 117 min. - Francia, Germania, Austria, Italia 2005. - Bim Distribuzione uscita venerdì 14 ottobre 2005. MYMONETRO Niente da nascondere * * * 1/2 - valutazione media: 3,57 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Analisi “Caché”: Il meta-giustizialismo Valutazione 0 stelle su cinque

di Tunaboy


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martedì 29 giugno 2021

Una videocassetta, abbandonata all’entrata di una casa di una benestante famiglia parigina. La videocassetta mostra una ripresa di quell’entrata. Per quanto inquietante, i componenti della famiglia non gli prestano particolare attenzione.
Una seconda videocassetta, contenente lo stesso filmato. Questa volta, però, è avvolta da un disegno infantile, raffigurante quello che sembrerebbe essere un bambino che sputa sangue. Ora la famiglia comincia a preoccuparsi.
Alcune cartoline raffiguranti lo stesso disegno cominciano ad essere recapitate ai componenti della famiglia. Ora basta! Questo scherzo non fa più ridere.
Una terza videocassetta compare sull’uscio della casa. Però qualcosa è cambiato: il filmato non ci mostra più la solita entrata, ma la fattoria dove è cresciuto Georges, padre e marito della famiglia. È più determinato che mai a trovare il colpevole.
Una quarta videocassetta, molto diversa dalle precedenti: oltre ad essere avvolta da un nuovo disegno, ora raffigurante una gallina sgozzata, contiene un filmato enigmatico, la ripresa di quello che sembrerebbe essere un tragitto per tornare a casa, ma ad una casa sconosciuta a tutti. Dopo alcune ricerche, Georges decide di recarvicisi.
Qui incontrerà una sua vecchia conoscenza, protagonista di un momento della sua infanzia particolarmente buio: infatti, l’inquilino del civico è Majid, uomo di origino algerine che era stato adottato dalla famiglia di Georges quando era bambino. Majid, però, non era mai piaciuto al piccolo Georges, il quale, per obbligarlo ad andarsene, inventò una serie di calunnie su di lui. In particolare disse di averlo visto sputare sangue e uccidere una gallina. È evidente il parallelismo con i disegni che ha ricevuto insieme alle videocassette. Per questo motivo Georges si convince che il colpevole sia proprio Majid, il quale starebbe cercando una sorta di vendetta per ciò che ha subito da piccolo. Quando i due si incontreranno, però, ci apparirà evidente come l’algerino sia innocente, ancora vittima di qualche scherzo del destino. Georges, però, non si convincerà della sua innocenza.
E così ci avviamo verso il tragico epilogo, del quale, ovviamente, non parlerò.

Nel suo “Caché”, Haneke riesce a creare un thriller “a lenta cottura” che obbliga ad interrogarci sulle nostre concezioni di colpevole e vittima, e verità e menzogna: infatti, il misterioso mittente delle videocassette sembra quasi essere un “paladino della verità”, passando, almeno secondo le intenzioni del regista, da criminale a eroe, riuscendo a trasformare la vittima in colpevole. Rimanendo ignoto, infatti, il mittente assume la forma di entità ideale, addirittura metanarrativa, foriera di giustizia e verità. Il tema della menzogna, infatti, è presente sotto diverse forme all’interno della pellicola: partendo dall’ovvio, ovvero dalla menzogna che compone il motore della trama stessa, passando per riferimenti alla manipolazione dei programmi televisivi, fino ad arrivare alla citazione di eventi storici divenuti emblema dell’insabbiamento attuato dallo stato (si veda il Massacro di Parigi del 1961, dove, secondo la storia, sarebbero morti i genitori di Majid).

All'interno dell’esaltazione di questa sorta di meta-giustizialismo, però, sembra di intravederne una critica: sembrerebbe, infatti, impossibile una pacifica convivenza tra questa giustizia di divina memoria e la natura peccaminosa e menzognera dell’uomo. Infatti, queste menzogne creerebbero una muraglia, un castello dove l’uomo possa ripararsi dalla crudele realtà delle cose, e, quando questa muraglia viene abbattuta dalla verità assoluta, l’uomo viene investito da una realtà con la quale non è abituato a fare i conti, generando in lui sgomento e inquietudine.

Ma quindi, è meglio vivere in una realtà di menzogne o convivere con la verità, dovendo, però, affrontarne le conseguenze?

Il film potrebbe offrirci una risposta: nella sequenza finale, vediamo i figli di Georges e Majid conversare pacificamente, nonostante ciò che è accaduto poche scene prima. Per quanto possa essere un dettaglio poco significante, a mio parere credo che questo dialogo, del quale purtroppo non potremo udire i contenuti, possa simboleggiare la nascita ni un nuovo futuro, ripudiante del modo di fare dei padri in quanto consapevole delle conseguenze che esso può avere e fondato sull’accettazione della verità.

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