Git/Feathers in the Wind

Git / Feathers in the Wind del trentaquattrenne coreano Song Il-gon c'inoltra indietro, alla società italiana reduce dalla seconda guerra, quando Rossellini scavava tra le macerie con la sua macchina da presa. La storia di Hyun-sung, giovane sceneggiatore che torna su un'isola dopo che dieci anni prima aveva promesso all'amante di trovarsi lì quel giorno, assume connotati sensibili e intimisti. L'ascesi privata si materializza grazie all'incontro con So-yeon, giovane albergatrice dell'isola rimasta completamente deserta - conclusa la stagione turistica. Nonostante la desolazione che si potrebbe provare in un luogo disabitato, So-yeon è solare addirittura più di Hyun-sung. Dalle loro chiacchierate segrete non sgorga l'amore (nemmeno amplessi di passioni, educati ai plot hollywoodiani) perché lo sceneggiatore è troppo timido per esporsi, lei inesperta per avanzare proposte. Si daranno appuntamento un anno dopo a Pechino, vicino la metropolitana... Hyun-sung, trascorsi alcuni mesi riceve una lettera: So-yeon malata di tumore si è asportata una mammella in Germania ed è spostata col chirurgo. Verrà all'appuntamento? Lui dispera ma si presenta al luogo deputato... nessuno arriva, lui attende, se ne va finché dei passi si alzano dal selciato. Al di là dei toni privati spesso protesi verso l'elegia stucchevole, un certo esibizionismo formale dilettantesco (come la scena del tango sul molo), tempi dilatatati all'eccesso (la storia era stata scritta per un cortometraggio) il sapore che emerge a fine film è purificato, una bevuta fresca dopo l'arsura. Assuefatti agli effetti americani non siamo avvezzi a storie così dettagliate, quasi l'esplorazione di un sentimento: Git non è un film da cui trarre dei gadget (e che neanche verrà distribuito in Italia), ma resta il piacere di assistere a un dialogo sincero.