Non è giusto

Film 2002 | Commedia sentimentale +13 90 min.

Anno2002
GenereCommedia sentimentale
ProduzioneItalia
Durata90 minuti
Regia diAntonietta De Lillo
AttoriMaddalena Polistina, Daniel Prodomo, Antonio Manzini, Valerio Binasco, Lucia Ragni Nadia Carlomagno, Monica Nappo, Maddalena Polistini, Daniel Prodorno.
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +13
MYmonetro 3,00 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Antonietta De Lillo. Un film con Maddalena Polistina, Daniel Prodomo, Antonio Manzini, Valerio Binasco, Lucia Ragni. Cast completo Genere Commedia sentimentale - Italia, 2002, durata 90 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 - MYmonetro 3,00 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 14 marzo 2014

Due ragazzini si sentono minacciati dall'instabilità e dalla confusione delle loro famiglie. "Non è giusto" si dicono l'un l'altro.

Consigliato sì!
3,00/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO SÌ
Un film dalla sensibilità truffautiana che ci trasporta in una luminosità a tratti abbacinante con uno stile personale che ci ricorda che i bambini ci guardano.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

Estate. Valerio e Sofia sono due preadolescenti che hanno in comune due ex famiglie borghesi. La separazione dei genitori gli ha creato qualche problema anche se apparentemente i reciproci padre e madre tengono tanto al loro benessere. Di fatto, per problematiche varie, debbono trascorrere le vacanze con i padri che talvolta sembrano più 'piccoli' di loro.
Antonietta De Lillo giunge a questo suo primo lungometraggio diretto da sola dopo aver fatto alcune interessanti esperienze nell'ambito documentaristico. Candidata ai Nastri d'Argento per il miglior soggetto, la regista mostra una particolare sensibilità nei confronti della psicologia di chi si trova in quella fase della vita in cui ci sarebbe più che mai bisogno di modelli adulti con cui confrontarsi e non ne ha a disposizione. Sofia e Valerio vorrebbero avere dei genitori adulti. Si ritrovano invece fianco a fianco con due padri dai telefoni cellulari sempre in funzione, quasi impauriti dall'essere, forse per la prima volta, davanti a due esseri umani che chiedono loro di assumersi un ruolo genitoriale. De Lillo però sfugge dal dualismo madri sagge-padri infantili perché in questa vicenda le madri sono quasi ingessate da segni caratteriali e/o dallo stress quotidiano. I padri, seppur mostrati nella loro inadeguatezza, vengono invece guardati con un minimo di indulgenza.
La Napoli che ci viene proposta come luogo in cui i due giovanissimi protagonisti iniziano un rapporto fatto di iniziali ritrosie ma destinato ad evolversi in una serena relazione, non è, anche in questo caso, quella che siamo abituati a ritrovare sul grande schermo. Sofia e Valerio non hanno genitori con problemi economici. Non c'è un degrado socioculturale nelle loro vite. C'è invece la necessità di crescere in fretta per sostenere il peso più o meno lieve di quegli adulti che dovrebbero occuparsi di loro e che invece necessitano in prima persona di assistenza. Si potrebbe parlare di sensibilità truffautiana per questo film ma sarebbe quasi negare l'originalità di una regista che conosce bene i Maestri del cinema ma sa poi farne propria la lezione. La sua camera a mano digitale, ad esempio, ci trasporta in una luminosità a tratti abbacinante con uno stile personale che ci ricorda ancora una volta (e senza retorica) che i bambini ci guardano. Faremmo bene a tenerne conto.

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L'alleanza di due ragazzini contro il mondo degli adulti.

Sofia e Valerio, 11 e 12 anni, s'incontrano casualmente, in una Napoli estiva, afosa e semideserta. Entrambi sono affidati ai loro padri, due quarantenni afflitti da ogni genere di problema, sentimentale ed esistenziale, mentre le loro madri sono assenti e lontane, all'infuori di brevi incursioni telefoniche. I due ragazzini si sentono continuamente minacciati dall'instabilità e la confusione delle loro famiglie. "Non è giusto..." si dicono, alleandosi per affrontare insieme il mondo degli adulti, con distacco e ironia. E a non averne più paura.

Giancarlo Zappoli

Antonietta De Lillo nel suo nuovo film ci chiede di avere una maggiore attenzione (che non vuole dire comprare giocattoli o indumenti firmati) verso i nostri figli. Che ci guardano e chiedono da noi un po' più di coerenza. Napoli, mese di agosto. Sofia (11 anni) e Valerio (12) si incontrano casualmente. Lei è figlia di un secondo matrimonio mentre lui vive diviso tra Italia e Svezia. Entrambi sono affidati ai reciproci padri, quarantenni in crisi incapaci di svolgere il loro ruolo. Le madri vivono lontane e fanno sentire la loro presenza con incursioni aggressive e con telefonate. I due bambini avvertono come un pericolo l'instabilità delle famiglie e cercano di trovare un antidoto nei confronti degli adulti. Questa è, in sintesi, la vicenda narrata da Antonietta De Lillo in Non è giusto. Dopo due lungometraggi pluripremiati ha sperimentato diversi tipi di linguaggio visivo. Ora torna al cinema con un soggetto che interpella direttamente il mondo degli adulti.
Qual è stata la molla che l'ha spinta a trattare questi temi?
«L'ho trovata nel partire dall'oggi, dal mondo di noi adulti e dal nostro smarrimento. E mi sembra che sia un film che arriva al momento giusto nella mia carriera. Mescolando fantasia e quotidianità ho dato vita a dei personaggi che non sembrano scritti e ho trovato in ciò la collaborazione degli attori».
L'«attrice» Napoli, che è importante nel film, come si è comportata?
«Direi bene. Napoli è la mia città, la città della mia infanzia. Non è stato difficile trovare una Napoli atipica e un po' borghese di cui mostrare non il folklore ma la bellezza».
Vedendo Non è giusto viene da pensare a I bambini ci guardano di De Sica. Secondo lei oggi qual è la mancanza più grave che i genitori compiono nei confronti dei bambini?
«Secondo me è la mancanza di rispetto verso se stessi. A proposito di De Sica, che amo moltissimo, il suo film trattava temi molto forti. Il mio film ne assume lo sguardo ma descrive una quotidianità forse anche più pericolosa perché i nostri bambini sono spesso inconsapevoli di crescere senza un modello e questo è pericoloso».
Uno dei bambini del film passa moltissime ore davanti al televisore. Cosa pensa del mezzo televisivo?
«Penso che contribuisca alla solitudine dei più piccoli e anche alla nostra, intesa come mancanza di comunicazione».
Lei ha due figlie piccole. Le dicono mai: «Non è giusto»?
«Le dirò che per il film ho attinto più dalla mia memoria che non dalle esperienze delle mie figlie. In particolare per quanto riguarda l'attenzione a quelle piccole o grandi distrazioni, a quel 'niente' che però ha un riflesso sul mondo dei più piccoli».

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Alessandra Levantesi
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