Titolo originale | Shaheed |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Libano |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Mazen Khaled |
Attori | Carole Abboud, Hamza Mekdad, Rabih Zaher, Mostafa Fahes, Hadi Bou Ayash Rachad Nasredine, Raneem Mourad, Selim Mourad. |
MYmonetro | 2,54 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 1 settembre 2017
CONSIGLIATO NÌ
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Beirut. Hassane è un giovane disoccupato, perennemente in contrasto con il padre e tentato dagli ideali di alcuni conoscenti estremisti. I suoi amici cercano di dissuaderlo da queste tentazioni autolesioniste, ma Hassane sembra convinto.
Di fronte a lavori come Martyr è opportuno precisare da subito che si tratta dell'opera di un debuttante. Per evitare che si corra il rischio di dimostrare un'eccessiva severità di giudizio e per concentrarsi su quelle che appaiono come indicazioni di un talento da esprimere più compiutamente, anziché sulle comprensibili ingenuità di un esordio.
Che Mazen Khaled abbia studiato il mestiere e sviluppato già una tecnica ragguardevole è evidente sin dall'incipit, oltre che dalla sequenza, girata con camera a mano, del tentativo di salvataggio di Hassene. Non è solo "bravura", si intravede un'idea di cinema, benché questa ancora si areni nell'utilizzo di simbologie vetuste. Il parallelo tra simboli religiosi di martirio e di pietà e l'immaginario omoerotico più convenzionale lascia perplessi, almeno quanto una sequenza iniziale che cerca di esternare il pensiero di Khaled attraverso delle metafore ma finisce per "gridare" queste ultime.
Dalla prima inquadratura, infatti, osserviamo un corpo offeso nella sua bellezza giovanile. Non abbiamo ancora assistito alla sua sorte, ma tutto lascia presumere quale possa essere. E tanto più l'obiettivo indugia sul corpo di Hassane, tanto più si fa palese l'intento di farci riflettere sullo spreco della gioventù insito nel concetto di martirio. Il titolo è un grande MacGuffin, che gioca fino in fondo sull'associazione che possiamo semplicisticamente trarre dall'accostamento di "martirio" e Medio Oriente.
Colui che muore per annegamento corrisponde a un martire per la religione e per chi, come gli integralisti a cui Hassan in vita dava sempre più credito, vede nel suicidio un'onta e nel martirio la massima gloria. Le contraddizioni in seno alla società libanese emergono compiutamente, esemplificate dalla convivenza forzata al funerale di Hassam dei suoi amici personali (in costume da bagno, inadeguati alla circostanza) e degli estremisti (totalmente a loro agio con il rituale e con il credo). Temi di stringente attualità, avvolti e talora celati dalla volontà di strafare.
Un film intriso di immagini forti e messaggi moderni. Drammatico e originale. Non scontato e apprezzabile da occhi sensibili al particolare e alle inquadrature lente che combinano emozione e empatia in una comunicazione diretta e semplice dove la tecnica non serve ma si usa un linguaggio "giovane" e realistico.