Titolo originale | Nong Hak |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, Horror |
Produzione | Laos |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Mattie Do |
Attori | Tambet Tuisk, Amphaiphun Phommapanya, Amphaiphun Phommapunya, Vilouna Phetmany Manivanh Boulom, Yannawoutthi Chanthalungsy, Maluly Chanthalangsy, Brandon Hashimoto, Naliphone Siviengxay, Douangmany Soliphanh, Maneevone Chanthalungsy, Danouphonh Chanthakoummane, Oudomphone Pholsena, Namsoke Xayluesa, Latsamy Inoudome, Sivin Simala, Chanthamone Inoudome, Soukphansa Chittaphet, Nancy Kim, Lee Williams (II), Daniel Garlick, Choy Monekalay, Matthew Warren, Cristiano Cannata, Jeney Pinthip, Suphaphone Pongnukrohsiri, Soupaporn Techabutra, Vangnakhone Dittaphong, Oudalone Mounpalath, Vilaisack Douangkeomanyvong, Vilaysack Sookchaleun, Toun Khammely. |
Tag | Da vedere 2016 |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 26 aprile 2017
Una ragazza viaggia verso la capitale vietnamita per assistere la ricca cugina che ha misteriosamente perso la vista ed ha in qualche modo ottenuto l'abilità di parlare con i morti.
CONSIGLIATO SÌ
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Nok si trasferisce dalla campagna a Ventiane, per lavorare come assistente della cugina Ana, che sta perdendo la vista. Superata l'iniziale diffidenza, tra le due nasce un'amicizia che pare sincera, almeno finché Nok scopre che Ana ha crisi ricorrenti, in cui comunica con gli spiriti.
Sembra impossibile pensare che esistano nazioni che stanno cominciando nel terzo millennio, con un gap di oltre un secolo, a conoscere il cinema, eppure Dearest Sister, con i suoi 200 mila euro di budget, è la produzione più costosa di una nazione, il Laos, in cui la prima casa di produzione cinematografica è nata nel 2007.
Mattie Do, la regista, è anche l'unica donna a svolgere questo mestiere in Laos: ha scelto l'horror - come per il suo debutto Chantaly - per meglio raccontare il punto di vista delle donne laotiane, immerse fin dalla nascita in un contesto di superstizione e sogni impossibili. La paura degli spettri procede infatti di pari passo con l'aspirazione di sposare un principe azzurro dalla pelle bianca, in una società che concepisce questa come unica via per l'emancipazione femminile. Ana possiede entrambe le "virtù": ha sposato un facoltoso imprenditore e, mano a mano che la sua vista peggiora, comunica con i morti, che l'avvicinano per lasciarle messaggi misteriosi. Evidente il richiamo a The Eye dei fratelli Pang nella trama, ma l'intento di Mattie Do è un altro: in Dearest Sister intende approfondire il rapporto tra due giovani donne laotiane, l'una di città e privilegiata e l'altra povera e ignorante, per trasformarle in archetipi della femminilità nel proprio Paese. Nonostante tutte le possibili sovrastrutture comportamentali e caratteriali, infatti, la sostanza di invidia ed egoismo esasperato finisce per prevalere e accecare - fuor di metafora - tanto Nok che Ana, prigioniere di uno schema rigido, che non prevede altre soluzioni.
Il coraggio di sfidare la censura e di tracciare un percorso senza punti di riferimento precedenti nazionali si aggiunge all'originalità e alla freschezza di un horror psicologico, che sceglie il linguaggio di genere per raccontare la natura profonda di un Paese ancorato a valori oppressivi, culturalmente e sessualmente. Il successo conseguito nei festival internazionali si spera rappresenti il viatico per la crescita del movimento cinematografico laotiano, con Mattie Do come chiaro capofila.